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di ENZO ARCURI
Non so quanti l’altra sera hanno seguito, su La 7, durante L’Infedele di Gad Lerner, l’intervento del sindaco di Adro, balzato agli onori della cronaca per avere tappezzato il nuovo edificio del polo scolastico con il sole delle Alpi che è il simbolo della Lega Nord, il suo partito. Probabilmente non sono stati molti a giudicare dai dati dell’Auditel che hanno premiato con quasi il 30 per cento degli ascolti la monotona passerella di Miss Italia. Peccato perché si è persa una ghiotta occasione per tentare di capire quello che si agita nell’universo leghista, questo arcipelago padano delle camicie verdi e delle ampolle con l’acqua del Po in larga parte sconosciuto a noi terroni del Sud. Io l’ho seguito e devo confessare il mio sconcerto unito a un senso di rabbia e di indignazione per la spavalderia e la rozzezza con cui gli uomini della Lega offendono il senso dello Stato e dell’unità nazionale, si mettono sotto i piedi i più elementari principi del vivere civile, mortificano i fondamenti della moderna pedagogia, violentano brutalmente la formazione dell’infanzia. Il sole delle Alpi è stato inciso, per scelta del sindaco e della sua maggioranza, sui banchi delle aule, è stato disegnato all’ingresso, è stato collocato addirittura sul tetto dell’edificio. Il sindaco lo ha fatto, ha spiegato in tv, per recuperare un simbolo storico di questo paese di duemila anime in una valle del Bresciano, scolpito nella pietra arenaria dei suoi palazzi del ‘600. E’ soltanto una coincidenza, ha tentato di giustificarsi il primo cittadino leghista di Adro, che la stella delle Alpi sia anche il simbolo della Lega, come se la svastica, simbolo nazista ma prima ancora simbolo nordeuropeo, gli ha fatto osservare Lerner, tappezzasse banchi e aule di una scuola tedesca. Nessun imbarazzo per il sindaco leghista che non si è neppure pentito per avere dato ordine di non esporre il tricolore durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo edificio. Lo ha fatto, ha chiarito, perché il suo paese è stato ignorato dallo Stato. Sarà pure un caso estremo questo di Adro, ma non è il solo e neppure l’ultimo, segno che la predicazione del senatur e dei suoi colonnelli, la centralità della Lega all’interno della maggioranza di centrodestra, l’appiattimento del Pdl sulle posizioni oltranziste delle camicie verdi, le strizzatine d’occhio che anche settori dell’opposizione di centrosinistra rivolgono agli uomini di Bossi rischiano di scavare pericolosi fossati in un momento sociale e politico estremamente delicato, in presenza di equilibri molto fragili. Mentre si accentua il divario fra regioni ricche e regioni in difficoltà e la stessa crisi economica estende l’area del disagio, acuisce gli egoismi, rende più complicato il processo di riequilibrio del tessuto produttivo attraverso il recupero delle potenzialità presenti nelle diverse aree per uno sviluppo omogeneo dell’intero territorio nazionale. Le picconate della Lega non portano da nessuna parte, così come non aiutano certe supponenti, frettolose e superficiali affermazioni di esponenti anche del Governo, come quelle recentemente fatte dal ministro Brunetta che ha attribuito a Calabria e Campania la colpa di impedire la ripresa economica dell’Italia. Quasi che il dramma di queste due regioni, che alla crisi stanno pagando il prezzo più alto, sia problema che non riguarda il Governo nazionale, quasi che la questione del Mezzogiorno, con le luci (poche) e le sue ombre (molte) non sia questione nazionale. In Calabria c’è, mi pare, la consapevolezza diffusa delle proprie responsabilità, sanno, i calabresi, che è anche colpa loro se in oltre mezzo secolo di storia repubblicana la regione non ha vinto la scommessa dello sviluppo, sanno, i calabresi, che molte opportunità sono state banalmente e irresponsabilmente sciupate. Ma sanno anche che spesso non hanno avuto una mano d’aiuto anche, per esempio, nell’azione di contrasto della criminalità organizzata, della ’ndrangheta, che ha potuto prosperare e diventare fra le più potenti e agguerrite del mondo, opprimendo aree sempre più vaste della regione, ostacolo, si sostiene a ragione, per qualsiasi programma di sviluppo. Sanno, i calabresi, che contingenze varie mai favorevoli hanno vanificato ogni tentativo di riscatto e di avanzamento e hanno soltanto agevolato l’emorragia costante delle migliori energie della più importante risorsa della regione che è quella umana. E dunque affermazioni come quelle di Brunetta (e non è il solo) sono non solo superficiali ma soprattutto ingiuste e ingenerose, contro le quali si sarebbe dovuta levare forte la protesta innanzitutto degli esponenti calabresi del suo partito, protesta che finora non c’è stata, non hanno balbettato neppure il governo regionale e il suo presidente. Adesso bussa alle porte il federalismo e con il clima che si respira, ad Adro e dintorni, non c’è da farsi troppe illusioni. Anzi, ad ascoltare certi discorsi, c’è di che preoccuparsi alzando il livello di guardia. Purtroppo non c’è da fare grande affidamento sul ceto politico, appiattito sulle posizioni dei leader grandi e piccoli, preoccupato soltanto di non uscire di scena. E allora non resta che affidarsi alla coscienza civica della gente che quando è sollecitata risponde con grande partecipazione. Come testimoniano significativamente le molte adesioni alla manifestazione No ’ndrangheta promossa dal Quotidiano.

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