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Non c’erano i boss della ‘ndrangheta alla festa della Madonna della Montagna, conclusasi stamattina nel santuario di Polsi. Secondo i rilevamenti fatti dagli investigatori, gli esponenti delle cosche che erano presenti erano inferiori come numero rispetto agli scorsi anni e, in più, si è trattato di esponenti di secondo piano dell’organizzazione criminale.
Un fatto che gli investigatori spiegano con gli arresti di affiliati alla ‘ndrangheta fatti negli ultimi tempi, e in particolare con l’operazione Crimine eseguita il 13 luglio scorso, e con una prudenza dei mafiosi legata alla massiccia presenza di forze dell’ordine, che hanno effettuato servizi di controllo molto accurati. La festa ha registrato, comunque, la tradizionale, massiccia partecipazione popolare, con tanto di musiche, balli e bivacchi che, dopo la prima giornata della festa celebratasi ieri, sono andati avanti per tutta la notte. La messa conclusiva e la processione sono state presiedute dal vescovo di Locri, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, con a fianco il rettore del Santuario di Polsi, don Pino Strangio. Alle celebrazioni hanno partecipato anche il prefetto e il questore di Reggio Calabria, Luigi Varratta e Carmelo Casabona. Con loro il sindaco di San Luca, Sebastiano Giorgi, che ha definito la festa «un grande momento di partecipazione popolare sincera e vera».
Secondo quanto hanno riferito polizia e carabinieri, tutto si è svolto senza che si sia registrato alcun episodio di turbativa dell’ordine pubblico. È stata rilevata una maggiore presenza di giovani rispetto agli anni passati, provenienti da vari centri della provincia. Molti i fedeli che hanno percorso lunghi tratti a piedi per raggiungere il Santuario. Tra questi un gruppo di Bagaladi (Reggio Calabria), che ha impiegato tutta la notte per raggiungere Polsi percorrendo a piedi circa 50 chilometri.

Il VESCOVO MOROSINI: “Stanno infangando la nostra terra”

“Non c’è nulla che possa legare il sentimento religioso alla ‘ndrangheta; un luogo sacro alla ritualità mafiosa”. Così monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Locri-Gerace durante l’omelia nella celebrazione dedicata alla Madonna a cui è intitolato il santuario, reso tristemente celebre dalle riunioni dei boss della ‘ndrangheta documentate dalle immagini delle forse dell’ordine, è uno dei luoghi simbolo della Calabria.
«Polsi – aggiunge Morosini – è uno di quei santuari da dove giustamente si guarda alla realtà della nostra terra, che non riesce a risolvere i suoi problemi, che non riesce a decollare socialmente ed economicamente, che soffre ancora della piaga dell’emigrazione dei suoi figli migliori, che non riesce a togliersi di dosso l’immagine di terra del male, dell’illegalità, della violenza, della sopraffazione. Questa nostra terra, che i suoi stessi figli stanno infangando con il crimine, stanno umiliando con l’illegalità, – dice – stanno frenando nel desiderio di crescita con la violenza e i soprusi; questa nostra terra violata e profanata anche su ciò che di più sacro essa aveva e custodiva, come preziosa eredità del passato: la fede e la devozione tramandate dai padri, i suoi luoghi sacri, le sue devozioni».
Per mons. Morosini «la storia di Polsi la fanno ogni anno coloro che affrontano di notte il viaggio a piedi o sui camion e giungono qui tra canti e suoni, per esprimere la gioia di incontrare ancora la Madonna e riporre in lei la speranza che nutrono nell’animo di poter superare o almeno sopportare le difficoltà della vita. Se altri vengono qui con l’illusione di poter dare un significato religioso alle loro attività illegali, – ammonisce – che nulla hanno da condividere con la nostra fede cristiana, o a trasmettere poteri che sono espressione non dell’amore di Dio, è un problema loro e non nostro: questo sia chiaro una volta per sempre. La Chiesa ha parlato con estrema chiarezza e lo afferma nuovamente in questo momento in forma solenne: non c’è alcuna cosa che ci lega, cari fratelli che avete scelto la strada dell’illegalità per costruirvi la vita, le vostre ricchezze, il vostro potere, il vostro onore». Mons. Morosini è perentorio: «I nostri cammini non si congiungono a Polsi, se mai si dividono ancora di più, si distanziano maggiormente, anche se in noi credenti rimane la nostalgia di avere anche voi come fratelli di fede, che dinanzi all’immagine della Vergine possano sentire l’invito di Gesù alla conversione. La Chiesa, come madre amorosa, vi allarga le braccia e vi invita alla conversione, dichiarandovi che anche per voi c’è la misericordia benevola di Gesù Cristo, che è morto per tutti sulla croce. La Chiesa è forse l’unica istituzione che crede nella vostra conversione. Nella società generalmente c’è solo la speranza di vedervi in carcere; la Chiesa va oltre, vuole il cambiamento della vostra vita. A noi in questo momento rimane il rammarico e la nostalgia di non poter stare uniti a voi dinanzi all’immagine della Madonna e poter pregare assieme. Noi speriamo sempre che un giorno ciò potrà accadere, se voi lo vorrete e deciderete di cambiare indirizzo della vostra vita. Festeggeremo assieme la Madonna della montagna come la Madonna della conversione. A Polsi l’unico potere che si trasmette è la forza della fede che passa di padre in figlio».

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