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di FRANCO CIMINO
Cosa dice di più e di diverso la vicenda Fini e la conseguente rottura del rapporto con Berlusconi? Dice che il bipolarismo è fallito. Che la riforma del sistema politico invigore dal 1994 sta per raggiungere il capolinea. Anzi, che sta per finire anticipatamente la corsa per colpa di un tram troppo vecchio e sgangherato costituito da partiti falsamente nuovi e falsamente leaderistici. C’è chi, come chi scrive, lo afferma da quando Berlusconi & company della sinistra hanno preteso di imporre a un Paese pienamente avvolto dalla crisi morale, un modello politico-elettorale innaturale e del tutto contrastante con la storia e la cultura dell’Italia. Per quindici anni questo modello ha vissuto sull’insincera contrapposizione di due debolezze, impiantate su due culture politiche condannate dalla storia. Sono la destra e la sinistra, genericamente intese, che per legittimarsi sul terreno della Democrazia vicendevolmente si sono “legittimate”, chiedendo ciascuna a un Centro politico l’aiuto necessario. Tra l’altro pretendendo la sua progressiva auto-dissoluzione. Insomma, Berlusconi c’è perché dall’altra parte c’è un qualcosa che lo giustifica. E, l’altra parte, chiamiamola sinistra, sopravvive a se stessa perché Berlusconi c’è. Politicamente è ancora in vita. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: il Paese è bloccato, sebbene si sia salvato dalla più grave crisi economica mondiale dal’29 in poi. La Democrazia si è fortemente ridotta e le stesse tematiche, care ai principi di libertà e al liberalismo autentico, in quanto mosse dall’una o dal’altra parte, appaiono strumentali e, quando applicate, riduttive dello spessore e della qualità della democrazia italiana. Qualcuno, dentro ai due vecchi poli contrapposti, ha capito tutto questo e si è staccato dando vita a una nuova stagione politica. I motivi che spingono i protagonisti apparentemente sono diversi. Diversi sembrano i punti di partenza e gli obiettivi. Tuttavia, essi hanno prodotto lo stesso risultato. Decisamente le loro azioni muovono verso la stessa direzione. Francesco Rutelli, con la costituzione di Alleanza per L’Italia e Gianfranco Fini, con la nascita di Futuro e Libertà, hanno liberato il centro, quale area culturale radicata nella storia italiana, dal ghetto in cui si trovava. È auspicabile che essi ne siano consapevoli, anche se la storia insegna che le grandi trasformazioni nascono da impulsi individuali e da follie collettive. Prima di loro, la lotta di “resistenza” l’ha fatta, inizialmente non voluta ma impostagli, molto coraggiosamente Pierferdinando Casini. È stata, la sua, resistenza vera, quando ha respinto il diktat di fondere l’Udc nelle liste di Forza Italia; quando ha retto all’assalto del “voto utile o inutile” della propaganda berlusconiana; quando ha superato il difficile quorum per la rappresentanza parlamentare; quando ha respinto le pressioni di tanti suoi interessati colonnelli a non abbandonare il carro del vincitore; quando ha rifiutato le lusinghe, prima e le avances, poi, di ministeri, fatte dal premier. Inizialmente, per intimorire Fini e, successivamente, per sostituirlo nella compagine governativa. Gli eventi e i “venti d’estate” portano i tre “gemelli” nello stesso luogo. Potrebbe a primo acchito far parte di quella classica scena nella quale, prima o poi nella vita, tutti ci troviamo quando dopo molti anni incontriamo un nostro compagno di scuola. “Toh, anche tu qui?” È lo scambievole dire. Se Casini, Fini e Rutelli sapranno fare di quel luogo non un imprevista occasione, ma il punto preciso di un appuntamento con la “storia” politica italiana; non una semplice casualità, bensì una sfida della ragione, la politica italiana potrebbe imboccare la strada giusta, per quanto difficile e tortuosa. Se i tre sapranno uscire dal tatticismo, utile per condizionare e logorare il leader del Pdl, per elaborare una grande strategia al servizio dell’Italia; se sapranno trasformare quell’anonimo luogo nella’area in cui potranno convogliare i delusi dell’uno e dell’altro schieramento e tutti coloro i quali, dentro il Pdl e dentro il Pd, così come fuori da questi due partiti, non sono né di destra né di sinistra; se , insomma, sapranno dare forma partito a quel vasto mondo sociale e culturale che comunemente chiamiamo Centro , avranno davvero sconfitto il bipolarismo ipocrita e ingannevole. Perché agli italiani quando si dice che vi è una cosa da buttare, va detto anche con quale cosa la si intenda sostituire. Altrimenti, come è già accaduto più volte, continueranno a tenersi quella vecchia. Così tanto per sentirsi più sicuri.

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