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COME affrontare il fenomeno del bullismo? Quanto è presente nelle scuole del Potentino? E che consapevolezza ne hanno i ragazzi? Se ne è discusso ieri in una conferenza stampa con cui l’associazione Adoc per il sociale ha presentato i risultati di una ricerca condotta sul tema. E’ stata la psicologa Rocchina Romaniello a commentare e dettagliare le ricerche effettuate da parte dell’associazione di consumatori in alcune scuole nei mesi di maggio e giugno appena trascorsi e i risultati pervenuti.
Gli obiettivi di tale ricerca, informare i ragazzi, valutare l’autopercezione che hanno del bullismo, verificarne l’entità, offrire un sostegno alle persone che ne sono vittime e stimolare l’attenzione della gente sul fenomeno.
Sono stati distribuiti 3.000 questionari, rigorosamente anonimi, in vari istituti di Potenza e provincia, da cui si è riscontrato che il fenomeno è ancora piuttosto radicato.
Tra i ragazzi che hanno risposto al questionario, alla domanda “ti senti a tuo agio quando sei in compagnia dei tuoi amici e coetanei?”, il 68 per cento ha risposto “sempre”, solo il 3 per cento ha indicato “mai”. proprio quest’ultima percentuale, è stato spiegato, appartiene a quella fetta di ragazzi più a rischio, in quanto identifica coloro che non si sentono ancora “parte di un gruppo”. Leggermente diverse le risposte alla richiesta su quanto ci si sentisse liberi di esprimere la propria opinione in gruppo: se il 63 per cento degli studenti interpellati ritiene di poterlo fare sempre, c’è un 2 per certo di ragazzi che invece risponde “mai”. Ed ecco, poi, qualche dato su cui riflettere. Perchè solo il 52 per cento spiega di non percepire mai disagio; ma ben il 7 per cento del campione intervistato quel disagio ammette di percepirlo spesso. E quando tocca parlare di bullismo, dice di essere a conoscenza del fenomeno nella propria scuola il 27 per cento dei ragazzi. C’è poi un dato che “ribalta” un po’ lo scenario: solo l’8 per cento degli studenti ha affermato che tra i coetanei ci sia pieno rispetto delle regole civili e delle norme sociali. Questo dato dimostra che i ragazzi se ne accorgono quando c’è qualcosa non va.
«La prima cosa che bisogna fare quando si è vittima di un bullo è quella di confidarsi con il proprio amico fidato e di chiedere aiuto – ha spiegato la dottoressa – Se poi il bullo è insistente, a quel punto bisogna denunciarlo». Questo perchè i “bulli” spesso sono ragazzi con una bassa stima di sé, che contano molto sulla vergogna e sul silenzio della vittima. Spesso vivono forme di disagio in famiglia, per via di genitori che stanno poco tempo con loro e verso cui esprimono un senso di disprezzo. Capita persino – è stato spiegato – che, appena i genitori scoprono che i propri figli sono dei “bulli”, tendano a sottovalutare il problema o, addirittura, a difenderli. «Ma così non fanno altro che esporre il ragazzo ad ulteriori rischi».
«Ciò che dovrebbero fare, invece, è cercare di stare più tempo con loro, incoraggiarli e motivarli ad essere migliori – ha detto poi la Romaniello – I genitori delle vittime invece, devono stare attenti a certi loro comportamenti un po’ inusuali. Ad esempio, tra i comportamenti più frequenti che devono diventare un “campanello di allarme”, quello per cui si trovano scuse per non andare a scuola, si chiedono spesso dei soldi. Analoga attenzione se i ragazzi sono sempre tesi e tristi quando tornano da scuola».
Le vittime del bullismo spesso si vergognano nel chiedere aiuto, poichè vogliono sentirsi indipendenti dai genitori o credono di poter riuscire da soli a risolvere il problema. Cò che non percepiscono è che, così, non fanno altro che peggiorare la situazione.
«Anche gli insegnanti non devono sottovalutare tale fenomeno nelle scuole perchè, tollerandolo, non fanno altro che legittimare dei comportamenti sbagliati. Per questo – ha poi concluso la dottoressa – devono sempre cercare di invogliare i ragazzi al confronto, stimolandoli alla tolleranza e all’accettazione della diversità».
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