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NEL giorno che segue alla nascita ufficiale di Fabbrica Italia Pomigliano, la newco che consentirà di superare l’empasse del no della Fiom all’accordo separato per lo stabilimento campano, e a poche ore dall’atteso tavolo per Mirafiori, a preoccupare è soprattutto quella voce che si rincorre da giorni sulle reali intenzioni di Marchionne. L’amministratore delegato di Fiat avrebbe in mente una strategia sulle future relazioni industriali del gruppo, che andrebbe delineandosi sempre più chiaramente: uscire da Federmeccanica, la federazione che raccoglie le aziende del settore metalmeccanico, e quindi disdire il contratto nazionale di lavoro che regola il rapporto con i dipendenti. Il che significherebbe in pratica poter introdurre un “nuovo sistema di regole”, sui cui contenuti al momento ci sono solo indiscrezioni, ma che – è facile immaginare – riprenderanno molti dei punti già previsti dall’accordo separato per Pomigliano. A partire da nuovi modelli di flessibilità, limitazioni alle possibilità di sciopero e norme anti assenteismo.
L’impero Fiat avrebbe così un suo “statuto” autonomo e indipendente. Rispetto a una possibilità di questo tipo, oltre alla posizione scontata della Fiom, è già arrivata la bocciatura di Fim e Uilm. Ma nel frattempo il top manager del gruppo sembra aver già fatto i propri calcoli. Tanto che, secondo alcune autorevoli indiscrezioni, la comunicazione potrebbe arrivare già nell’incontro di oggi a Torino.
Ma quali sarebbero le conseguenze di una possibile fuoriuscita di Fiat dall’associazione degli industriali lucani? Va detto, prima di tutto, che l’iscrizione alla Confindustria di Basilicata è a nome di Sata. Nel ‘93, infatti, il Lingotto – come sta accadendo oggi a Pomigliano con la newco – scelse di creare una nuova società per imporre ai dipendenti di Melfi un trattamento diverso rispetto ai colleghi degli altri stabilimenti del gruppo. Questo significa che un’eventuale fuoriuscita di Fiat non comporterebbe in maniera automatica la stesso destino anche per Sata, che è comunque tenuta a rispettare l’attuale contratto fino al 2012.
Ma il sistema associativo delle imprese lucane non può non guardare con apprensione a una possibilità di questo tipo. La quota partecipativa di Sata per far parte di Confindustria di Basilicata equivale al 10 per cento del budget totale, al netto delle aziende dell’indotto. Su quest’ultime è difficile fare previsioni. Anche nel caso in cui anche Sata fosse coinvolta in un’ipotesi di questo genere, le aziende satellite non sarebbero tenute ad adeguarsi, neanche per quello che riguarda la formula contrattuale.
La nuova “uscita” di Marchionne – che più che semplice amministratore delegato del gruppo si va configurando come l’uomo destinato a cambiare il futuro delle relazioni industriali in Italia – è destinata a destabilizzare fortemente il confronto con i sindacati.
«L’amministratore delegato della Fiat ha gettato la maschera», commenta la Fiom lucana. «Marchionne investira’ in Serbia invece che a Mirafiori. Perché lì la paga degli operai è di 300 euro al mese con contratti a termine ed il Governo finanzia per centinaia di milioni di euro l’investimento della Fiat. La nuova Chrysler-Fiat, la multinazionale americana che nasce dallo scorporo del Gruppo, sarà un’azienda low cost. Un’azienda che insegue i bassi salari ed i finanziamenti pubblici ovunque siano e che quindi non puo’ certo investire davvero in Italia o nell’ Europa piu’ avanzata. Cosi’ si annunciano decisioni che aprono la via alla chiusura di Mirafiori dopo Termini Imerese mentre Pomigliano rimane appesa al filo del supersfruttamento, in futuro non si sa cosa succederà a Melfi e Cassino». Anche il segretario della Fim lucana, Antonio Zenga, ha contestato ieri «l’atteggiamento schizofrenico della Fiat», che prima annuncia un sostanzioso incremento della produzione negli stabilimenti nazionali e poi fa gli accordi con il governo serbo per delocalizzare un pezzo importante di questa futura produzione.
Alla vigilia del vertice convocato per domani a Torino dal ministro Sacconi, il segretario lucano della Fim chiede alla Fiat di «scogliere gli equivoci sul mantenimento degli obiettivi produttivi e occupazionali tracciati nel nuovo piano industriale, specie per quanto riguarda il capitolo di Melfi».
Mariateresa Labanca
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