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di PINO MICHIENZI
Le difficoltà di operare in questa nostra strana terra sono molteplici, soprattutto per lo specifico settore teatrale, dove l’associazionismo, nato da esigenze di promozione della cultura, trova sentieri irti e invalicabili. Parlo certamente di associazioni che hanno come scopo precipuo la diffusione della cultura delle radici, da intendersi come conoscenza etnica attraverso il recupero della propria identità. Il panorama è frastagliato e differenziato, perché in seno alle attività di ciascuna compagnia operante, vi sono differenze nate da esigenze e scopi finali diversi. Proprio perché l’urgenza di ogni autore, attore e regista, è quella di condurre la sua creatività secondo la propria storia, lungo una differente architettura verbale e scenica. D’altra parte questo modo di procedere è proprio del teatro stesso rappresentato dalle tre figure essenziali citate. Dunque, il carro teatrale può partire felicemente per la sua avventura. Ma le difficoltà sono in agguato. Alla prima curva la strada è interrotta. Motivo dell’interruzione: una montagna di pratiche e scartoffie che ne bloccano il passaggio e dalle quali, pare, non si possa prescindere. Soltanto gente con infinita pazienza e di sana e robusta costituzione, riesce a evadere la scellerata “Strada della Burocrazia!” I guai non sono finiti. Un secondo impedimento blocca nuovamente i comici che, partiti fiduciosi per una “piazza” dove sistemare carro e carrettieri, devono prendere atto che non bastava un autore, un regista e dei comici qualunque per rappresentare Baciami baciami dopo le tre!, ma che occorrevano nomi famosi (non solo italiani!) per liberare la strada da questo assurdo inconcepibile e vergognoso segnale di “divieto di transito”! – Come fare?… “La burocrazia è stata assolta, il testo era buono, i comici accuratamente preparati da un bravo regista. Certo non è famoso, ma questo che significa. Lo spettacolo può piacere a prescindere. D’altro canto spettacoli del famoso Fracazzo da Velletri non sono piaciuti né alla critica né al pubblico. E allora? Noi dobbiamo farlo… ma come? Da soli con le nostre forze non possiamo permetterci di chiamare quello famoso… Chi?… Beh, con quello dentro supereremmo ogni difficoltà… bla bla bla…”. Intanto il carro è bloccato e i comici sono disperati. Ma ecco che, all’improvviso, con trombette e cappellini carnevaleschi, il carro è sorpassato dalle nuove stelline televisive che strombazzano su caravanserragli miliardari e che salutano con bracciate irridenti e urlano “Sfigatelli”! agli astanti in attesa. Subito dopo ne seguono altri e altri ancora. Il carro è sempre fermo lì ad aspettare che qualcosa succeda. Ecco, finalmente qualcuno arriva che preso da compassione chiede se siamo legati a qualche carro. “Legatissimi, il Carro è nostro!” “No, non questa carretta. Il vero grosso Carro, quello potente!… Solo così avrà senso e significato il vostro Teatro…”. Tant’è. Certa politica frivola ha strumentalizzato anche le arti, ha precluso la strada a gente che ha creduto in questo straordinario mestiere d’artigianato, nato da esigenze culturali precise come nutrimento della mente e come segno di grande civiltà. Certa politica vuota ha alienato gente che ha fatto scuole specialistiche e severe per raggiungere risultati concreti e validi e che ha sacrificato se stessa in nome di una pura idea che non poteva e non doveva essere contaminata da un esemplificativo strapotere, arrivato a non avere più il minimo riguardo verso quello che è stato il glorioso teatro italiano. La politica dei tagli, i nuovi responsabili della Cultura, devono prendere coscienza e valutarne le esigenze che da più parti sono sollecitate, sapendo selezionare i promotori di avvenimenti teatrali, da coloro che dell’effimero hanno fatto il loro banale punto di forza. Bisognerà che essi valutino seriamente gli operatori affidabili dai vergognosi fenomeni da baraccone che allignano sempre più numerosi, per una reale, sana e concreta crescita culturale. L’arte in genere e quella del teatro in particolare, è minacciata da un invadente pressappochismo politico, perché si sa quanto essa possa determinare l’orientamento della pubblica opinione. Orientamento morale e quindi di opinione, che impronta il gusto generale e il costume. Non si può spiegare la Storia senza tenere conto dei valori introdotti dalla cultura, la quale ha acquisito una propria autonomia appunto perché, di per sé, è una attività che ha tra i suoi fondamenti, la totale assenza dell’interesse speculativo. Una classe dirigente attiva, dovrebbe accettare anche iniziative ardimentose, i cui risultati – nel bene o nel male – la spingeranno a rinnovarsi. Questa speranza di rinnovamento ci stimola, quindi, a dichiarare la nostra insoddisfazione, senza temere di osare troppo e senza paura di prevaricazioni, di ritorsioni che tenterebbero di tacitare le coscienze. “Il teatro – scriveva Alvaro – è il comizio della vita quotidiana”. È dunque, la voce attiva delle coscienze, proprio quella voce che molti vorrebbero escludere. Il teatro in una città, in una regione, è il motore della stessa città e della stessa regione che avvia, inoltre, meccanismi collaterali necessari a un serio processo di rinnovamento. Laddove si raggiungeranno questi risultati non allignerà la diffidenza, l’invidia, l’ostracismo, il compromesso, essendo garantite moralità e dignità per tutti indistintamente, senza simpatie o antipatie personali. La promozione del teatro e quindi “teatro di produzione” deve servire a proiettare la Calabria in una dimensione più ampia, non localistica e da conventicola, magari riappropriandosi della cultura della radice, dei propri autori vecchi e nuovi, dei propri artisti vecchi e nuovi, ed estenderne i significati oltre i confini geografici. Il teatro calabrese in lingua o in dialetto deve essere considerato e compreso anche oltre i suoi limiti di appartenenza. Questa è la finalità di una promozione seria che si concretizza solo con la produzione e che deve nascere dalla collaborazione con tutte le realtà concrete esistenti nella regione. L’interscambio di progetti teatrali, le nuove proposte drammaturgiche, l’attività scolastica, le consolidate e serie scuole teatrali per giovani che vogliono intraprendere questi mestieri, i convegni, le rassegne, le scelte selettive operate da competenti super partes del settore, contribuiranno all’etica e alla elevazione culturale della Calabria, che ha bisogno ancora di essere accreditata.

*regista e Direttore Artistico Teatro del Carro

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