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di Antonella Giacummo
ERA lo zio. Normale quindi che passasse del tempo con suo nipote di nove anni. Era lo zio. Normale, quindi che il piccolo si fidasse di lui, che i suoi genitori si fidassero del congiunto. E, invece, approfittando del suo ruolo, quello zio ha segnato quel nipotino. Lo ha segnato mostrandogli il lato peggiore del sesso: quello che si approfitta dei bambini. La squadra mobile di Potenza ha per questo arrestato un uomo di 43 anni. Le accuse risalgono ad alcuni periodi del 2003 e del 2005, quando la vittima aveva 9 e poi 11 anni. Lo zio (marito della sorella della madre) ospitava in casa sua il bambino dopo la scuola. Non accadeva tutti i giorni, fortunatamente. Ma poteva accadere che la madre del piccolo, impegnata per il lavoro, lo lasciasse in casa dello zio, fidandosi nel fatto che fosse una persona di famiglia. Ma invece che il gioco del Monopoli, quell’uomo proponeva al bambino altro tipo di “svaghi”: accendeva il videoregistratore e gli faceva vedere film pornografici, per esempio. Oppure tentava veri e propri approcci sessuali. «Non è necessario che si sia arrivati alla violenza sessuale propriamente intesa – spiega Barbara Strappato, dirigente della squadra mobile di Potenza – il fatto in sè resta gravissimo, perché quello che è accaduto a quel bambino non verrà mai dimenticato. Con il passare degli anni la vittima potrà forse elaborare quanto gli è successo, ma certamente non dimenticare».
Che gli stia accadendo qualcosa di brutto il bambino lo sa. Comincia a essere strano, ha delle reazioni particolari con la madre. Lei si insospettisce. Capisce che c’è qualcosa che tormenta il figlio, che lo fa star male. E lo interroga, venendo a conoscenza della terribile verità.
«Questa storia – continua Strappato – è particolarmente importante proprio per il ruolo importantissimo della madre. Lei non ha nascosto tutto, come spesso si fa per evitare scandali o problemi. Non ha esitato e ha denunciato, che è poi l’unica cosa da fare in questi casi proprio per tutelare i minori. Vorrei, per questo, che questa storia fosse di esempio. Lei ha subito denunciato, tutelando così suo figlio. E’ stata poi la giustizia che ci ha messo un po’ di più». Sì, perchè anche se i fatti risalgono al 2003 e 2005 e c’era già stata una prima condanna a sei anni, lo zio aveva presentato ricorso. Ha atteso da persona libera, quindi, la conferma della condanna a sei anni anche da parte della Cassazione.
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