7 minuti per la lettura
di DOMENICO CERSOSIMO e SALVATORE ORLANDO
Tremonti, che non sarà un economista, derubricati dal nostro ministro a niente di più che a “maghi e stregoni”, è tuttavia un famoso e ricco tributarista, una persona cioè che per professione deve destreggiarsi. Tremonti, che non sarà un economista, derubricati dal nostro ministro a niente di più che a “maghi e quotidianamente con numeri e dati. A prendere sul serio le invettive contro le regioni meridionali a proposito della loro capacità di spesa, sembrerebbe però che Tremonti non abbia mai letto una tabella, stante la sciatteria analitica e la palese disinformazione con le quali ha sostenuto la sua tesi all’Assemblea della Coldiretti. La nostra idea è che Tremonti, ovviamente, conosca bene i dati ma che sia un “bugiardo” intenzionale: usa i numeri come una clava politica ritorsiva contro le regioni che contestano la “sua” manovra di contenimento della spesa pubblica e, nel contempo, per delegittimare regioni ed enti locali con l’intento di ri-centralizzare risorse finanziarie nelle mani del governo. Proviamo a ragionare con i dati di Tremonti, forniti cioè dal suo dicastero (Ragioneria Generale dello Stato – IGRUE), per smascherare le “bugie” e le omesse verità del nostro risoluto ministro. Prima “bugia” – Tremonti afferma che le risorse stanziate per il Mezzogiorno per i POR ammontano a 44 miliardi per il periodo 2007-2013. Nient’affatto: l’importo esatto è pari a 46,9 miliardi di euro, di cui poco più di 31 (66%) di competenza esclusiva delle Regioni. Le rimanenti risorse sono attribuite per 13 miliardi di euro circa (28%) ai ministeri o congiuntamente alle regioni e ai ministeri per 2,6 miliardi di euro (5,5%). Dunque, le disponibilità finanziarie delle regioni meridionali ammontano a 31 miliardi e non a 44 come ha affermato il ministro. Seconda “bugia” – Le risorse effettivamente spendibili dalle regioni meridionali per i POR al 31 dicembre 2009 erano quelle relative al triennio 2007-2009, che ammontano al 41% del totale. Pertanto, entro la fine dello scorso anno le regioni del Sud avrebbero potuto spendere al più 12,9 miliardi di euro e non 44 miliardi come sostenuto strumentalmente da Tremonti. D’altro canto, il ministro dell’economia sa benissimo, anche si guarda bene dal dirlo, che la performance finanziaria delle regioni al 31 dicembre 2009 è stata largamente influenzata dal rispetto dei vincoli imposti dal tremontiano Patto di Stabilità Interno. Come è noto al nostro ministro, nel primo semestre 2009 si è cumulata la spesa per la chiusura dei POR 2000-2006 con la quella dei nuovi POR 2007-2013, con l’ovvia conseguenza che le regioni hanno dato priorità alla chiusura dei vecchi Programmi per non incorrere nel rischio di restituire risorse a Bruxelles, rinunciando dunque ad accelerare la spesa del nuovo Programma 2007-2013 in modo da non incappare nella tagliola delle sanzioni previste dal Patto di Stabilità. Questo aspetto ha inciso in maniera rilevante per quelle regioni, come la Calabria, che hanno dovuto certificare importi finanziari rilevanti a causa della spesa non riconosciuta ammissibile a seguito dei controlli di 1° e 2° livello (ad esempio, sulle misure del Fondo sociale del POR Calabria 2000-2006: ricorda presidente Scopelliti?). Inoltre, il ministro sa che i POR sono stati approvati, nella maggioranza dei casi, nell’ultimo quadrimestre 2007 a causa del ritardo con il quale sono state definite le Prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013 dall’Unione Europea. A motivo di questo ritardo, di cui non sono certamente responsabili le regioni, non è stato materialmente possibile utilizzare l’annualità finanziaria 2007. Tremonti sa pure che per avviare un’opera pubblica sono necessari tempi tecnici sia per la progettazione che per l’espletamento delle procedure di gara e degli appalti, che tendono a dilatarsi con l’importanza e la complessità dell’opera da realizzare. L’evidenza empirica mostra che questi tempi variano di norma da 12 a 24 mesi. Analoga considerazione può essere effettuata per l’erogazione degli aiuti alle imprese a seguito di Avvisi pubblici; in questo caso, l’esperienza suggerisce che le procedure di selezione non sono mai inferiori ai 6 mesi. In considerazione di ciò, sembrano fisiologiche le basse percentuali di avanzamento della spesa FERS di tutte le regioni europee nel 2009 (tra il 4 e il 16% dell’importo totale dei PO, con la media intorno al 7%, in funzione della dimensione finanziaria del POR e della tipologia di spesa realizzata (opere pubbliche, aiuti alle imprese, acquisizione di beni e servizi). Il ministro non dice che la bassa performance di spesa delle regioni fa il paio con quella altrettanto modesta delle amministrazioni centrali e dei ministeri: per il FESR la capacità di pagamento è pressoché identica (6,45% quella delle regioni contro 7,61 dei ministeri), mentre più marcata è la differenza di capacità per il FSE (5,67% regioni e 17,97 ministeri). Occorre tuttavia evidenziare che i Programmi gestiti dai ministeri sono monosettoriali e pertanto di più semplice attuazione e che per il FSE la migliore prestazione è da attribuire esclusivamente al PON “Competenze per lo Sviluppo”, in tutte le programmazioni il Programma più performante. Il ministro, infine, accecato dall’idea di mettere le mani sul “tesoretto” più corposo, le risorse comunitarie assegnate alle più “povere” regioni meridionali, tralascia volutamente di dire che il livello di spesa alla fine del 2009 è basso in tutte le regioni italiane ed europee, del Sud e del Nord. Come si è visto, le risorse complessive assegnate ai POR-FESR di tutte le regioni italiane ammontano a 30,5 miliardi di euro, di cui 5,9 miliardi alle regioni del Centro-Nord e 24,6 a quelle del Sud, di cui ben 21,6 alle cosiddette regioni-Convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Nella graduatoria delle regioni per percentuale di spesa realizzata sul totale disponibile, la Sardegna (16,23%) è seconda dopo la Lombardia (16,81), la Basilicata (14,66) è quarta mentre Calabria (6,62) e Molise (6,88) superano Lazio e Liguria e sono prossime alle prestazioni dell’Emilia Romagna (7,02) e del Friuli Venezia Giulia (6,88). Nel segmento dei POR confrontabili per dimensioni finanziarie, le regioni del Sud (Sardegna, Basilicata e Molise) conseguono prestazioni rilevanti e mediamente migliori delle regioni del Centro-Nord. Nel gruppo dei POR di più grandi dimensioni, corrispondenti a quelli delle quattro regioni-Convergenza, solo la Campania presenta un livello di spesa critica (3,81%), anche se va sottolineato che l’ammontare finanziario del POR campano supera di circa un miliardo di euro l’insieme dei Programmi delle regioni del Centro-Nord. La situazione non cambia se anziché i pagamenti si considerano gli impegni di spesa, cioè gli impegni giuridicamente vincolanti assunti dai beneficiari per la realizzazione dei progetti finanziati. Anche in questo caso, le prestazioni delle regioni meridionali non sono dissimili da quelle delle regioni del Centro-Nord: la Calabria (30,68%) è terza, dopo la Provincia autonoma di Bolzano (34,22) e le Marche (33,17), la Basilicata (22,95) è nona e la Sardegna (18,51) è tredicesima. Divaricazioni territoriali sostanziali non si notano neppure con riferimento alla spesa FSE. Nella graduatoria delle regioni per performance di spesa la Sardegna (16,4%) è terza, preceduta dalla Provincia autonoma di Trento (19,07) e dall’Emilia Romagna (18,61), il Molise occupa la quarta posizione e la Basilicata la settima. La Calabria (6,29) è quindicesima, prima tra le regioni-Convergenza, in un gruppo di regioni che comprende la Lombardia, l’Umbria, il Lazio, la Toscana e la Puglia. Diversamente, un’asimmetria abbastanza marcata a favore delle regioni centrosettentrionali si registra in riferimento agli impegni di spesa, spiegabile però soprattutto con il più pressante utilizzo dei fondi FSE da parte delle regioni del Centro-Nord per interventi di contrasto alla crisi occupazionale attraverso interventi coordinati di ammortizzatori sociali e politiche attive per il lavoro. La Calabria occupa la quindicesima posizione (6,29%), con un livello di impegni sulle disponibilità totali simile a quello della Toscana e del Lazio, ed è la prima tra le regioni dell’Obiettivo Convergenza. Un uso pieno e non strumentale dei dati avrebbe consigliato a Tremonti più cautela interpretativa. Ma il ministro deve condurre la sua crociata contro le regioni e, in modo particolare, contro le regioni del Sud e dunque usa e inventa i dati a suo piacimento. D’altro canto, il terreno è fertile: dir male del Mezzogiorno è un ritornello che piace “a prescindere” a moltissimi. Perché il Sud è per molti aspetti è veramente un disastro; perché così si occultano i problemi del Paese, che non mancano e non sono significativamente diversi al Nord, al Centro e al Sud.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA