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di LUIGI M. LOMBARDI SATRIANI
“E’ infinitamente difficile mantenere una propria personale opinione sulle cose quando tutto il mondo sembra averne una diversa e radicalmente opposta, e ti martella in ogni momento e da ogni dove, finché anche la persona più indipendente non comincia a cedere”, così Edoardo Nesi nel suo bel libro “Storia della mia gente – La rabbia e l’amore della mia vita da industriale di provincia” (Bompiani, 2010), appassionato libro, a metà tra il romanzo e la riflessione economica, l’autobiografia e il saggio. Queste parole possono, a mio avviso, motivare perché valga la pena continuare a parlare di Berlusconi e del berlusconismo, superando l’obiezione che così facendo si fa il gioco dell’avversario, quando in realtà si tratta di aiutare chi da indipendente non si fa travolgere dai valori proposti-imposti dal premier e intende orientarsi secondo altri punti di riferimento. Ancora una volta dunque in questa rubrica rifletteremo sul berlusconismo, sulla sua ultima mutazione genetica: “il Bertoldo di Stato, lo stralunato compare, il finto tonto perfetto, il furbissimo sciocco che si nasconde dietro una disperante inadeguatezza e una imbranataggine comica, insomma il falso scemo che ci prende per scemi veri” (Francesco Merlo, in “la Repubblica”, 28 giugno 2010). Il caso Brancher, questa miscela esplosiva di arroganza e utilizzazione dei ruoli istituzionali per coprire temute conseguenze dei propri reati, hanno dominato il dibattito in questi giorni e presumibilmente continueranno a farlo, perché segnalano che ogni volta che si pensa che si è giunti al limite dell’impudenza da parte del Potere che ci governa, c’è sempre qualcosa che mostra che si può andare al di là, che si può fare di peggio. Sullo stesso giornale, lo stesso giorno, Stefano Rodotà sottolinea: “i fatti di questo periodo obbligano a concludere che l’attuale fase politica e istituzionale deve essere pure definita come quella dell”eversione quotidiana’. [.] Si è nominato un ministro soltanto per provvederlo di uno ‘scudo istituzionale’ che potesse sottrarlo all’accertamento delle sue eventuali responsabilità penali. [.] Mentre i comportamenti del passato rimanevano comunque nell’area della illegalità, ora si costruisce una ‘legalità speciale’ che serve a far rientrare in un’area lecita quel che dovrebbe invece rimanerne fuori. Si distorce così il significato del ricorso alla legge, non più garanzia ma scappatoia. E all’ombra di questa legge distorta si pratica l’eversione quotidiana, uno stillicidio di comportamenti che stravolgono il funzionamento delle istituzioni e dell’intera vita pubblica”. In questa prospettiva comprendiamo la finalità complessiva e l’interna coerenza di una serie di azioni e di atteggiamenti del nostro ineffabile Premier-Padrone, tesi a scardinare di fatto il nostro ordine costituzionale e il nostro sistema di garanzie. Troppe volte – l’ho già sottolineato in questa rubrica – abbiamo attribuito al carattere del personaggio, indubbiamente mediocre, atteggiamenti e stravaganze, strettamente connessi nelle finalità ultime: l’inesorabile sostituzione della nostra democrazia rappresentativa con una democrazia autoritaria, a base carismatica, che consenta all’attuale nuova incarnazione di “Uomo della Provvidenza” di governare senza norme, vincoli e controlli, per il nostro benessere, per la nostra felicità. Soltanto gratitudine e affidamento di tipo religioso o sciamanico ci sono consentiti; tutto il resto è male e indica soltanto il nostro non essere mai contenti, la nostra volontà persecutoria nei confronti di questo ineffabile e impresentabile personaggio. Che tutto questo prefiguri la morte della democrazia, che è stata una delle più alte conquiste del pensiero politico e delle lotte sociali, sembra non costituire per i più una particolare preoccupazione. Penso che vi siano ancora margini di resistenza a tale tendenza suicida, ma lo dobbiamo volere con forza tutti noi, ognuno nel proprio ruolo, con gli strumenti dell’ambito in cui ognuno opera. Siamo ancora in tempo, ma è anche vero che non ne abbiamo molto a disposizione.
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