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di ENZO ARCURI
Era chiaramente una coppia in viaggio di piacere, lui in pantaloncini fino al ginocchio e maglietta di cotone, occhiali da sole e cappello di tela sulla testa, lei in pantaloni chiari di cotone, camicetta ampia, scarpette di ginnastica, lui qualche anno in più di lei, capelli biondi raccolti sulla nuca, qualche chilo di troppo. Sono saliti sull’Eurostar in partenza da Roma per Reggio Calabria qualche minuto prima che scattasse il disco verde, stracarichi di bagagli, due tre grandi valige, quelle con le rotelle che è facile trascinare ma è assai faticoso portare a bordo. Se le trascinano lungo lo stretto corridoio della vettura fino a quando non trovano i loro posti e le depositano alla fine dove trovano un po’ di spazio, in testa alla carrozza, fra i molti bagagli degli altri passeggeri. La fatica, almeno per ora, è finita, si sono sistemati ai loro posti, l’uno di fronte all’altro, accanto a due giovani asiatici, probabilmente una coppia di giapponesi in viaggio di nozze. Il possesso della stessa macchina fotografica digitale è il pretesto per tentare uno scambio di battute. La conversazione non è agevole, i due giovani giapponesi pasticciano con la nostra lingua, si tenta con un improbabile inglese, i loro interlocutori si esprimono in un buon italiano ma si capisce presto che sono spagnoli, esaltano la costa del sol, promuovono la loro regione, lì è tutto straordinariamente meraviglioso. C’è anche il tempo per una foto ricordo, alle loro digitali affidano il ricordo di questo incontro casuale. Il viaggio procede con impeccabile regolarità, il treno corre veloce attraverso la campagna laziale, Formia, Gaeta, ai lati della ferrovia i terreni coltivati della Campania e gli allevamenti di bufali. Napoli potrebbe essere la stazione di arrivo di queste due coppie di turisti. Invece no, i giapponesi scenderanno a Salerno, probabilmente diretti in costiera, una tappa d’obbligo per una coppia di giovani sposi in luna di miele in Italia, gli spagnoli sono diretti più a sud, la loro destinazione sarà Paola, la prima delle stazioni calabresi servita dall’Eurostar. E a Paola scendono dal treno con le loro pesanti valige. Si fermano sul marciapiede chiaramente disorientati, cercano un’indicazione per uscire dalla stazione, cercano anche soprattutto un carrello per trasportare i bagagli. L’uscita non è indicata e non ci sono carrelli per i bagagli, non servono visto che per andare da un binario all’altro o per uscire dalla stazione ci sono soltanto le scale che portano al sottopassaggio e poi all’ingresso dello scalo. Fino a qualche anno fa c’era un portabagagli che poteva dare una mano. Adesso le valige bisogna portarsele da soli e se sono grandi e pesanti è faticoso scendere e salire lungo le scale del sottopassaggio. Perché nei lavori di ristrutturazione della stazione non è stato previsto l’abbattimento delle barriere architettoniche. Sono stati rinnovati i locali dello scalo, è stato realizzato un grande terrazzo in cima alla stazione, non si sa per quale scopo, forse per farci un ristorante, ma le scale sono rimaste le stesse. All’ingresso è stato installato un ascensore che da mesi però è fermo (e non si capisce perché) che consente di arrivare soltanto nel sottopassaggio, ma per raggiungere i binari ci sono sempre queste maledette scale. Probabilmente è l’unica stazione importante (da Paola transitano ogni giorno migliaia di passeggeri) in cui le barriere architettoniche non sono state eliminate con disagi per molti passeggeri ed in pratica inibita ai disabili. Ho visto i due turisti spagnoli, non più giovani, trascinare con fatica lungo le scale le loro pesanti valige, ho provato rabbia e mi sono vergognato. Sì, mi sono vergognato di essere calabrese, di vivere in una regione incapace di fare valere i suoi diritti, che si lascia prendere a schiaffi da tutti, che non riesce neppure a pretendere da un’azienda pubblica, come quella ferroviaria, alla quale peraltro la regione per i collegamenti regionali versa ogni anno centinaia di milioni di euro, l’eliminazione di incivili e anacronistiche barriere architettoniche. Durante i lavori di ristrutturazione, era stato sollevato il problema dell’accesso ai binari, era stata chiesta l’eliminazione delle scale, se ne era occupato Il Quotidiano, c’era stata la denuncia di parlamentari e dall’azienda ferroviaria, attraverso il suo ufficio stampa, era stata assicurata l’eliminazione delle barriere architettoniche. Si era, purtroppo, trattato di una clamorosa bugia, i lavori sono terminati ma le scale sono sempre lì a testimoniare la scarsissima attenzione dell’azienda ferroviaria rispetto alle esigenze non solo dell’utenza calabrese. Mortificata anche dalla soppressione di diversi convogli a lunga percorrenza e adesso pure dall’inaffidabilità della FrecciaArgento, il treno superveloce che sta accusando gravi guasti tecnici con la soppressione delle corse in orario e i passeggeri abbandonati a se stessi, inevitabile conseguenza della vecchiezza delle macchine. E’ la ben nota discriminazione di cui la Calabria da tempo immemorabile è vittima ad opera dell’azienda ferroviaria che ha sempre dirottato sulle linee calabresi i vecchi arnesi del suo parco macchine. E’ uno scandalo, una situazione inaccettabile che non si riesce a modificare. E dire che quello ferroviario è un servizio pubblico. In teoria, perché in realtà l’azienda fa quello che vuole e non c’è modo di imporle il rispetto delle più elementari esigenze dell’utenza.

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