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di MARIATERESA LABANCA Svanita nel nulla. Al momento non ci sono tracce di Rosa Russo da quando, sabato sera, non ha fatto più ritorno nel carcere di Trani dove stava scontando la pena dell’ergastolo per omicidio, in regime di semilibertà. La donna di 43 anni, di origini rom, a Melfi è conosciuta da tutti. E’ proprio qui che l’hanno cercata, dopo l’allarme partito dal carcere di Trani. In paese nessuno dimentica quell’efferato delitto consumatosi 22 fa (era il 12 novembre del 1988), in quel luogo, il vecchio ospedale, dove vivevano al limite della decenza alcune famiglie nomadi. Il corpo della piccola Lucia Montagna, di 14 anni, giaceva in una pozza di sangue. Uccisa con dieci pugnalate. L’hanno lasciata morire lì, con due coltelli ancori infilzati nel collo. Per l’omicidio furono condannate Maria Altomare e le due sorelle Filomena e Rosa Russo. Quest’ultima, all’epoca dei fatti, aveva solo 21 anni. Dopo la condanna era stata trasferita nel carcere femminile di Trani. Da qualche tempo, un paio d’ anni almeno, il giudice di sorveglianza le aveva riconosciuto il regime di semilibertà. Qualche volta la donna era tornata anche a Melfi, in occasione di permessi premio. Qui l’hanno cercata anche domenica scorsa. Gli uomini del Commissariato hanno effettuato due perquisizioni a casa della sorella Filomena, che per lo stesso delitto è ancora ai domiciliari. Ma di Rosa nessuna traccia. Ora le indagini degli inquirenti sono concentrate soprattutto a Pozzuoli dove l’altra sorella ha un ristorante. Rosa Russo, che nel frattempo, aveva trovato impiego in una maglieria, solo due settimane fa, aveva avanzato la richiesta di poter lavorare presso l’attività della sorella in Campania. Permesso che le era stato negato. Forse è stato proprio questo il motivo che l’ha spinta ad allontanarsi dal carcere. Ma perché Rosa Russo, condannata all’ergastolo per un omicidio tanto efferato, aveva goduto del regime di semilibertà, che consiste nella concessione al condannato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto? La misura viene riconosciuta a chi abbia scontato almeno metà della pena, con buona condotta e deve essere finalizzata allo svolgimento di attività di reinserimento, lavorativo e sociale. E Rosa, la cui detenzione fino a questo momento sembra essere stata esemplare, oltre al lavoro in maglieria, dava anche una mano ai volontari della Caritas. In cambio, le veniva offerto aiuto per il vitto e l’alloggio, quando usufruiva dei permessi premio.
Tempo fa, durante il periodo pasquale, la semilibertà le era stata sospesa. In occasione di un permesso premio presso la Caritas delle suore del Sacro Cuore a Trani, fu denunciata perché assente al controllo. Ma la misura venne ripristinata dopo una ventina di giorni perché venne appurato che la donna, addormentatasi nei locali, non aveva risposto a chi era andata a cercarla: non ha sentito il suono del campanello, si concluse allora.
«Ho appreso la notizia – spiega l’avvocato della donna, Antonio Florio – solo questa mattina (ieri per chi legge ndr) e mi ha lasciato molto stupito. Rosa Russo è una donna intelligente, ecco perché mi sorprende il suo allontanamento. Inoltre la latitanza ha un costo e non mi sembra che lei sia nelle condizioni di sostenerlo».
E intanto i ricordi dei melfitani ritornano a 22 anni fa: l’omicidio della piccola Lucia Montagna era maturato in contesto di vendette trasversali tra famiglie di zingari. Le tre donne dissero di essere state mosse dal desiderio di fare giustizia per l’omicidio del fratello delle sorelle Russo, Santo. Quest’ultimo, pregiudicato, appena uscito dal carcere, era stato “giustiziato” qualche tempo prima dal cognato dell’uomo, e fratello di Lucia, Angelo Montagna, nella piazza centrale di Melfi. Subito dopo, Montagna, si recò al commissariato e confessò il delitto: disse di aver agito per le continue vessazioni a cui veniva sottoposto da parte di Russo. L’uomo venne condannato a soli 14 anni, proprio perché gli erano state riconosciute diverse attenuanti. Una pena ritenuta forse troppo leggera dalle sorelle Russo che scelsero di vendicare il delitto di quel fratello con nuovo sangue versato. Quello della piccola Lucia.
Ventidue anni dopo, mentre il Sappe, il sindacato di Polizia penitenziaria, lancia l’allarme sulla condizione del carcere di Trani, continuano le ricerche delle forze dell’ordine, sulle tracce di Rosa Russo.
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