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di ANTONIO CORRADO
IL Partito democratico materano ha bisogno di ridisegnare il proprio orizzonte politico, attraverso un percorso che riannodi il dialogo e i fili delle sue varie anime disarticolate. Senza questo passo preliminare, non ha senso neppure procedere all’elezione della nuova segreteria, o di un reggente che traghetti il partito al congresso d’autunno.
E’ questo il messaggio di fondo, emerso dalle voci discordanti che si sono espresse nel corso dell’assemblea provinciale di ieri, il primo vero momento di confronto interno dopo le dimissioni della segretaria Anna Rosa Ferrara, in polemica con le scelte del presidente De Filippo alla Regione.
Dunque, la proposta di una reggenza dell’avvocato policorese, Antonio Di Sanza, ufficialmente avanzata dalla mozione Franceschini e avallata dalla segretaria dimissionaria, si è tradotta in una fumata nera, proprio perchè non era frutto di una condivisione e dell’auspicata ripresa del dialogo.
Una proposta unilaterale, su cui ufficialmente ha posto il veto il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Vincenzo Viti. Una prima prova di dialogo, condita da tratti di confronto duro e puro e momenti di vuoto politichese.
Ha aperto i lavori la dimissionaria Ferrara, la quale tra citazioni di Calvino, Aldo Moro e Pierluigi Bersani, ha tracciato il percorso involutivo del partito materano, che pure ha riconosciuto «capace di empatia, seppur con qualche dissapore personale, in un momento storico di disaffezione dell’elettorato e diaspora degli alleati». Anna Ferrara ha incassato l’apprezzamento e il ringraziamento di tutti, ma anche la critica di qualcuno, che la accusa di aver formalizzato le dimissioni senza prima stimolare l’apertura di un dialogo interno. Di aver gettato la spugna, insomma. C’è stato anche chi, soprattutto dai circoli della provincia, l’ha invitata a tornare sui propri passi. «La fase congressuale -ha detto con il suo solito aplomb la Ferrara- è stata più un autunno che una primavera della democrazia; eppure Matera, dopo l’Emilia e l’Umbria è la prima provincia d’Italia».
Poi il passaggio inevitabile sulla Regione, «dove è stata fatta una scelta più radicata nelle corporazioni che nella società civile, per non parlare dei cambiamenti dell’ultim’ora. Un metodo che ha mortificato il partito materano».
Infine, l’affondo sul partito: «Non c’è una direzione politica a ogni livello -ha concluso caustica la Ferrara- c’è una fragilità nelle decisioni e nel collettivo; ecco perchè bisogna aprire un dialogo, in modo da capire se c’è la percezione di questo vulnus. Dobbiamo saperci guardare allo specchio, perchè oggi siamo afflitti da una malattia autoimmune di svilimento».
In conclusione, proprio la dimissionaria Ferrara ha fatto per prima l’indicazione di Antonio Di Sanza, come espressione della mozione Franceschini. Una proposta subito stroncata da Vincenzo Viti, che ha parlato di una discussione avviata tardivamente. «Il Pd nel Materano sta vivendo una fase di transizione», ha esordito Viti elogiando Anna Ferrara e il presidente Ziccardi, per poi difendere le scelte del presidente De Filippo. «Oggi il partito aspetta Godot -ha proseguito il consigliere regionale- ma Godot non arriverà; perciò dobbiamo superare la divisione psicologica ed emotiva fra di noi. Non funziona il metodo delle nomine a prescindere dalle persone -ha detto riferendosi all’indicazione di Di Sanza- ci deve essere una scelta largamente condivisa. Oggi fra di noi non parliamo e questo si sta ripercuotendo anche sulla situazione al comune di Matera, dove Adduce ha bisogno di aiuto in una fase di stallo.
Il segretario di transizione è una scelta volgare -ha concluso Viti- perchè lo si costringe a una limitazione nel tempo, svilendo anche lo spessore politico di Di Sanza». Maria Antezza ha ribadito la proposta dell’avvocato policorese, rimarcando la necessità di dare evidenza al partito, «che -ha detto- ha bisogno di una reggenza fino al congresso. Il risultato elettorale di Matera -ha proseguito Antezza- è stato raggiunto senza ricatti, ma oggi rispunta la nostra propensione a farci del male; tanto che il pluralismo invece che punto di forza, diventa una debolezza, un male da combattere e c’è il rischio di un rigurgito di vecchie arroganze. Continuo a sperare che prevalga l’equilibrio, il senso delle istituzioni e l’orgoglio di partito». Il consigliere comunale Angelo Cotugno ha posto la questione del metodo nella scelta unitaria del segretario: valore o interesse? si è chiesto, lanciando l’appello a ritrovare il dialogo anche per il governo della città di Matera.
Duro l’intervento del senatore Filippo Bubbico, che ha definito «complicata» la situazione del Pd materano, invitando tutti a «parlare chiaro. Il Pd delle due provincie non è stato appaltato a nessuno -ha precisato- allora non si può gestire il partito con una logica padronale; è necessario che la Mozione Franceschini non dia il senso di considerare il Pd materano come cosa propria, in quanto tutti devono dare il loro apporto». Ha concluso il “designato” Di Sanza, precisando di essersi messo a disposizione «senza essere stato contattato dalla Franceschini e senza fare istruttorie preliminari. Ringrazio Viti per il veto -ha detto ironico- perchè mi ha affrancato da una situazione difficile, anche se nel partito si sta in regime di buona e mala sorte».
Il segretario regionale, Roberto Speranza, ha lanciato un invito al dialogo e alla condivisione tra le mozioni nell’interesse generale, riconoscendo alla Franceschini il diritto di proporre un nome. L’assemblea si è, quindi, aggiornata a fine mese con un unico imperativo: arrivare uniti al prossimo incontro. Sarà un’impresa titanica.
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