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di ANTONIOO CORRADO
Perizie imperfette per impedimenti tecnici, organi inquirenti che sembrano non dialogare tra loro, vecchie perizie con risultati chiari come il sole, ma poi ignorati.
Sono questi gli elementi riproposti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Matera, Rosa Bia, dai difensori di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, i fidanzatini di Policoro trovati morti nel bagno di casa il 23 marzo del 1988.
Ieri mattina si è svolta l’udienza per la riapertura delle indagini, archiviate nelle scorse settimane con la motivazione della morte per avvelenamento da ossido di carbonio, sostenuta e motivata dal pubblico ministero Rosanna De Fraia.
Una conclusione che non rispetta la verità degli atti, secondo gli avvocati Francesco Auletta (Orioli) e Riccardo Laviola (Andreotta), che compongono l’intricata matassa delle indagini sul caso. I legali hanno chiesto con forza la riesumazione dei corpi, per effettuare l’indispensabile prelievo organico utile a verificare le cause scientifiche del decesso, compreso il riscontro di eventuali tracce di Dna estraneo alle due vittime, che potrebbe avvalorare la presenza e i contatti anche violenti con altre persone in quel bagno maledetto.
Secondo la difesa, insomma, si è trattato certamente di un omicidio, ma ormai solo la riesumazione potrà dare certezze, sempre che ci sia ancora materiale organico su cui poter lavorare. Si dovrà attendere ancora qualche giorno per conoscere la decisione del gip, che ha ascoltato per oltre un’ora le parti, compresa Olimpia Fuina, la combattiva madre di Luca.
In aula, durante la Camera di consiglio a porte chiuse, si è parlato nuovamente della perizia disposta dal pm ed effettuata il 26 ottobre del 1995, presso l’Istituto di Medicina legale dell’università di Roma “La Sapienza” dai professori Umani Ronchi e De Zorzi, che scrivono chiaramente: “I tracciati ottenuti hanno escluso la presenza di pigmenti ematici riferibili alla carbossiemoglobina”. In pratica, nell’emoglobina estratta dal sangue di milza e fegato sui due corpi, non c’era traccia del micidiale veleno contenuto nei fumi di scarico delle caldaie domestiche. Dunque, la perizia collegiale, disposta dallo stesso pm, escluderebbe categoricamente la morte per avvelenamento, ovvero la causa principe del decreto di archiviazione disposta a fine maggio dal pm De Fraia. Su questo fanno leva i legali delle vittime, evidenziando la palese discrepanza. «L’unica via d’uscita -spiega al Quotidiano l’avvocato Riccardo Laviola- resta la riesumazione dei corpi, quale evidenza scientifica essenziale per fare giustizia, non solo per restituire la pace a queste famiglie. Un provvedimento che sarebbe utile a escludere sospetti per morte causata da terzi; infatti, se, ad esempio, si trovassero sotto le unghia di una delle vittime, segni di Dna estraneo ai due ragazzi, le indagini potrebbero prendere altre strade, così come l’assenza potrebbe escludere certe ipotesi. Come difesa della famiglia Andreotta, abbiamo chiesto anche di individuare l’estetista con cui la ragazza aveva un appuntamento la sera della morte, perché questo ci farebbe porre altre domande: perché lavarsi profondamente in una piccola vasca, se poi si deve andare da un’estetista? E se, diversamente, si fosse trattato di una doccia veloce, forse il rubinetto dell’acqua non sarebbe stato aperto per così tanto tempo da giustificare l’eventuale presenza di monossido di carbonio in quantità letali».
«Non vogliamo altri collegi di superperiti – prosegue Laviola – basta con i processi mediatici e le illazioni giornalistiche. Il pm De Fraia ha certamente il merito di aver escluso definitivamente tutte le tesi dei festini e anche del presunto complotto mafioso per nasconderli; un segno chiaro di giustizia per la moralità della povera Marirosa».
Poi c’è la famigerata Fiat Panda, quella vista da alcuni testimoni allontanarsi da casa Andreotta quella sera, di cui si conosce il proprietario e sulla quale forse si dovrebbe indagare. All’uscita, Olimpia Fuina era visibilmente stanca, ma con l’aspetto di una persona che si è liberata di un grosso peso, con una certa fiducia nella coscienza del giudice.
«Non si può non aver letto l’esclusione categorica, per l’analisi tabulati, della presenza di monossido di carbonio nel sangue -dice- L’Uacv (Unità di analisi crimini violenti della Polizia ndr) ha preso un caso similare avvenuto a Milano per stabilire un’assurda analogia. Il pm, nelle motivazioni, parla di “singolari analogie”. Ma lì c’era gas nell’ambiente, tanto che chi è entrato si è poi sentito male, a Policoro no; a Milano c’era la porta chiusa, qui era aperta; lì hanno trovato la carbossiemoglobina nel sangue, per noi è stata esclusa già nel 1996; lì hanno fatto l’autopsia, qui è stata interrotta dalla rottura della macchina per la radiografia. Si dice anche che i corpi di Luca e Marirosa siano stati trovati come i ragazzi di Milano, ma se l’Uacv ha sostenuto che la posizione dei corpi è stata cambiata, come possono esserci analogie? Poi, come potevano i ragazzi farsi il bagno in una vasca di 60 centimetri, dove non entravano neppure in piedi. Ciò che dico non è frutto delle mie fantasie, non è “secondo me” -ci tiene a precisare Olimpia Fuina- ma “secondo gli atti”. Perché, quando la macchina radiografica si è rotta, e di questo malfunzionamento non c’è documentazione nelle lastre, nessuno ha disposto la sostituzione? Perché le operazioni dell’autopsia non sono state videoregistrate come prevede la legge? L’Uacv dice che non ci sono fratture e segni di lotta, ma come fa a dimostrarlo se la macchina radiografica era rotta?».
Insomma, solo la riesumazione potrebbe porre fine al balletto di perizie che si sono avvicendate in quasi vent’anni. La famiglia Orioli aveva presentato opposizione alla richiesta di archiviazione, allegando alla istanza anche un “parere pro veritate”, redatto dalla criminologa forense Roberta Bruzzone, esperta in criminalistica e analisi della scena del crimine presso l’Accademia internazionale di Scienza Forense di Roma. L’avvocato Auletta si è detto fiducioso nella coscienza del giudice Bia, annunciando che la famiglia Orioli starebbe valutando la possibilità di presentare querela nei confronti dell’Uacv per i contenuti e le contraddizioni negli atti prodotti.
«Ci sono tutti gli elementi obiettivi per escludere la morte a causa del monossido. -commenta Auletta- Attendiamo la decisione del Gip per far valutare alla dottoressa Bruzzone, la perizia dell’Uacv. Siamo ottimisti, perché ci sono tutti gli elementi, per disporre la riesumazione dei cadaveri».
Non resta che attendere la decisione della dottoressa Bia, che potrebbe chiedere al pm di disporre un incidente probatorio mediante autopsia sulle salme, o nominare un medico legale come consulente che valuti tutti gli atti, acquisendo un parere qualificato sulla fattibilità della riesumazione. «Noi abbiamo chiesto al giudice di decidere come magistrato di questa provincia e come mamma, per dare serenità a una famiglia», ha concluso Auletta.
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