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di MARIATERESA LABANCA
NELLA quinta elementare dell’istituto scolastico di un paese alle porte di Potenza è subito allarme. Quella ciocca di capelli tagliata, alla compagna di classe, da uno scolaro di dieci anni non è un atto di bullismo come tutti gli altri. Crea sconcerto e spavento. Ne sono stati subito consapevoli gli insegnati.
E lo stesso è stato anche per i genitori della bimba “vittima” dell’accaduto che hanno deciso di denunciare l’episodio. Proprio come avrebbero fatto tutti hanno immediatamente collegato al caso Claps.
I capelli “rubati” – come ci dicono oggi i criminologi che cercano di studiare la figura di Danilo Restivo, accusato degli omicidi di Elisa Claps e Heather Barnett – sono il segno evidente di una personalità disturbata. Ma una ciocca di capelli tagliata alla compagna di classe, tra i banchi di una scuola elementare, può essere anche la manifestazione eclatante degli effetti, soprattutto sui i più piccoli, della pressione mediatica, e non solo, a cui negli ultimi mesi siamo stati sottoposti per il caso Claps. L’allarme è scattato quando lo studente di quinta elementare, molto vivace ma che non ha mai mostrato particolari problemi o disagi, ha preso un paio di forbici, quelle stesse forbici generalmente utilizzate per i lavoretti di scuola, e, a sorpresa, ha colpito la chioma della compagna. Immediata la reazione di quest’ultima, ma anche del resto della classe e dell’insegnante che hanno riferito l’accaduto ai genitori della bimba. Sicuramente il comportamento del bambino non ha nulla a che vedere con quel “macabro rito”, che ora gli inquirenti considerano come la prima manifestazione dei problemi relazionali di Restivo e che oggi rappresenterebbe “la firma dell’assassino”. Quasi certamente il gesto del bambino altro non è che l’effetto emulativo generato dalla sovraesposizione alle notizie che riguardano il caso Claps. Di Elisa e Danilo parlano di continuo i notiziari locali ma anche quelli nazionali. Le trasmissioni di approfondimento se ne occupano in prima serata, ma anche nelle ore pomeridiane, mostrando le ciocche tagliate al cadavere della studentessa potentina, e riprendendo le testimonianze di giovani donne che oggi raccontano quella molestia subita anni fa. Ma soprattutto il caso Claps finisce inevitabilmente per essere l’argomento predominante in tutte le discussioni. Da mesi non si parla d’altro, soprattutto a tavola, magari commentando le notizie che arrivano dai giornali o dalla televisione. Spesso senza prestare troppa attenzione a chi non è in possesso di tutti i filtri per valutare la notizia, proprio come nel caso di un bambino.
Succede così che, agli occhi di un ragazzino, la figura dell’uomo, oggi trentottenne, descritto da tutti come quello che se ne andava in giro sugli autobus della città a tagliare le ciocche di capelli alle ragazze, finisce per essere il modello da imitare per richiamare l’attenzione su di sé. In pratica, lo stesso bisogno che solo un mese prima un compagno di scuola aveva appagato tirando fuori dallo zainetto, sullo scuolabus, un piccolo coltello da mostrare ai compagni. Fenomeni che preoccupano, soprattutto quando si verificano tra chi ancora non è neanche un adolescente. Come accaduto nella scuola in questione.
«Episodi di questo tipo – spiega la psicologa presso il Tribunale per i minorenni, Assunta Basentini – legati a un sovradosaggio di informazioni, non vanno comunque sottovalutati. Bisogna considerare – continua – che i bambini hanno un’emotività più permeabile; riescono così ad “assorbire” anche più degli adulti, facendo conseguire a questo precise reazioni». Alcuni bambini – spiega la psicologa – proprio perché esposti alle tante informazioni che riguardano il caso Claps, dormono poco e male, con molti incubi. «Normalmente gli adulti sottovalutano le conseguenze sui più piccoli di questa attenzione quasi morbosa per i fatti di cronaca nera. Anche quando sembrano distratti con altre attività, i bambini recepiscono tutto. Registrano, attuano una sorta di trasposizione fantastica, e poi reagiscono. A volte riproducendo quel comportamento visto in tv secondo le dinamiche del gioco. Gli episodi di bullismo, come è facilmente constatabile, a esempio vengono ripetuti spesso a catena». Quando questo accade, come è successo nel caso specifico, «ai genitori spetta non esasperare la situazione ma neanche fare finta di niente. La cosa migliore è parlarne e ascoltare. Farsi spiegare i motivi che hanno condotto a quel gesto per rimettere in ordine gli elementi, ma senza colpevolizzare». Soprattutto bisognerebbe evitare che certe notizie vengano ascoltate dei bambini, per fare così in modo che quanto accaduto in questa scuola di periferia non si ripeta.
Gli insegnanti hanno convocato subito un incontro per discutere del caso e riportare la tranquillità in aula. Con una consapevolezza assoluta: i bambini hanno bisogno di più attenzioni.
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