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di SALVATORE BARRESI*
Immaginare che al Sud lavorano solo quattro su dieci e che l’Istat ci dia i dati della Calabria con un trend positivo, insieme alla Sicilia, rispetto alle altre Regioni del Mezzogiorno, mi sembra che si tenti di coprire il male maggiore che attanaglia, da ormai più di un ventennio, la Calabria. La disoccupazione in Calabria tocca punte del 25%, seppur c’è stato un incremento occupazionale nel 2009 di 8.000 unità lavorative, rimane sempre una forte preoccupazione per la politica e le istituzioni che devono mettere, urgentemente, in campo nuove idee per favorire l’occupazione. In tema di diritto al lavoro poco si è fatto in Calabria. Non credo che sia un problema di reclamare allo Stato o alla Regione l’obbligo di “dare lavoro”, quanto di chiedere l’attuazione di interventi che favoriscono l’occupazione. La tanta insofferenza verso i Palazzi, sempre più lontani dalla gente e dai giovani, deriva da questa incapacità di creare occupazione, lavoro. In Calabria, nessuno vuole parlare dell’astensione al voto, anzi chi nel parla viene tacciato come disfattista. I dati, però, ci richiamano ad una attenta analisi ed un’altrettanto intervento risolutivo, ricordandoci che, in Calabria, non ha vinto il centrodestra, ha vinto l’onorevole Peppe Scopelliti, che è cosa ben diversa politicamente. Infatti, il segnale di disinteresse e di insofferenza era stato individuato, perciò si è dedicato ai giovani più spazio e più parole. Il popolo calabrese un po’ si è fatto influenzare, durante la campagna elettorale, dalle beghe nazionali e di tante altre cose che non avevano niente a che vedere né con la Regione né con il problema centrale: crisi economica, lavoro e risposte conseguenti. Ma, chi aveva percepito questo ha fatto valere la sua immagine giovane come valore aggiunto parlando sempre di lavoro, lavoro, lavoro. La mancata partecipazione dell’elettorato è stata la risposta a una mobilitazione dei partiti in forma convulsa e basata su cose che non c’entravano niente con le elezioni. Quelli che non hanno votato hanno manifestato disinteresse sentendo l’irrilevanza del proprio voto, oppure erano scontenti dei loro rispettivi partiti. Non sembra una cosa da poco. A livello nazionale il ridimensionamento delle due forze maggiori (tre milioni di voti in meno a Pd e Pdl rispetto al 2005), faciliterà uno spazio per riforme condivise. La distanza ideologica è abbastanza pronunciata tra i due schieramenti ed il nuovo governatore della Calabria lo sa bene, ecco perché ha giocato la carta personale dell’uomo forte accanto ai giovani con un linguaggio simbolico d’attrazione politica. Peppe Scopelliti si è fatto una campagna elettorale impostata sui temi a lui più congeniali, dimostrandosi molto bravo a compattare le sue file. Accanto all’indifferenza c’è stata anche l’insofferenza del popolo calabrese, che è un terzo aspetto del problema di queste votazioni. Una parte di questa insofferenza ha preso la strada della protesta più rumorosa nei confronti di chi aveva governato spostando il voto, ed i più indignati finiscono per essere i migliori alleati di coloro contro cui si indignano. Lavorare sul consenso non è una cosa semplice per il presidente e la nuova Giunta della Regione Calabria. I giovani della Calabria desiderano lavorare, e questo è il primo impegno per la nuova classe dirigente del governo regionale. I dati dell’Istat sul mercato del lavoro sono paurosi: a livello regionale, la maglia nera va alla Calabria, con un tasso di irregolarità pari al 27,3% contro la più virtuosa che risulta essere l’Emilia Romagna (8,1%). Complessivamente al Sud, sulla base degli ultimi dati riferiti al 2007 – la quota di lavoro irregolare risulta più che doppia rispetto alle due ripartizioni del Nord: 18,3% contro il 9,2% del Nord-Ovest e l’8,6% del Nord-Est. Anche se si avverte un po’ di ripresa, ma è troppo poco per sperare in un ritorno alla crescita dell’occupazione calabrese, Anche se rimane lo scetticismo sulle prospettive del nostro mercato del lavoro. Per vedere un aumento dell’occupazione occorrerebbe una ripresa molto più consistente e rapida. Ce la faremo? Riusciremo a breve a fermare almeno l’emorragia dei posti esistenti? Da qualche mese in Calabria si perdono “solo” 2-3 mila posti, uno 0,2% al mese. La disoccupazione non è più aumentata nelle ultime rilevazioni, rimanendo ferma al 1999. Entro giugno si toccherà il fondo, restando ampiamente al di sotto della media europea di disoccupazione. Chi pagherà di più saranno ancora i giovani; il calo in Calabria è netto e costante, le imprese chiudono, fuggono… Il Sud, la Calabria non solo non riesce ad essere competitivo, ma neppure minimamente attraente. In Calabria i fondi strutturali europei vengono spesi ma non sembrano lasciare traccia. Il lavoro che manca è una grande piaga. Ci vuole un progetto complessivo di ampio respiro che delinei la vocazione della Calabria, con le sue sfaccettature singolari dei possibili “distretti” che realizzano le varie vocazioni del territorio. Puntare, in maniera potenziale, su formazione, turismo e agroalimentare e non perdere tempo in mediazioni o campanilismi territoriali. I giovani calabresi hanno dato un segnale molto forte, sono delusi dalla politica che non pensa alla crisi. L’astensione giovanile al voto, in Calabria, è un forte campanello d’allarme per il Palazzo. Bisogna parlare della società che cambia, dei problemi della gente; bisogna mettere in campo progetti oltre le polemiche di giornata. Serve un cambiamento profondo, una svolta che non si può improvvisare da un momento all’altro. Il governo regionale deve reinventarsi, leggendo meglio i cambiamenti sociali, uscendo dai tatticismi, puntando a grandi interventi di interesse comune e alla concordia generale. Ci vorrà però coraggio, determinazione e pazienza. Altrimenti, questo trend non potrà che peggiorare.

*sociologo economista

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