X
<
>

Share
4 minuti per la lettura

di Fabio Amendolara

POTENZA – Gli investigatori sospettavano che avesse raccolto le confidenze di don Vagno Oliveira E Silva, il sacerdote brasiliano ordinato un anno fa che avrebbe trovato nel sottotetto della chiesa della Trinità i resti di Elisa Claps.
Non era una confessione. E così don Cesare Covino, parroco della chiesa di San Rocco, in Questura ha confermato che don Vagno gli aveva parlato di quella disavventura.
E ha confermato di essere stato vicino al collega in questo brutto momento.
Ma ha detto di aver saputo che quelli erano i resti di Elisa, come tutti, il 17 marzo, giorno del ritrovamento ufficiale. Lui quel giorno era lì per sostituire il parroco della Trinità don Ambroise Atakpa, detto Ambrogio, che era fuori Potenza.
Sembra che don Cesare non sapesse della scoperta di gennaio. Lui avrebbe raccolto le confidenze di don Vagno solo successivamente.
Le ipotesi al momento rimangono due. La prima è quella che vedrebbe le donne delle pulizie Maria Rita Santarsiero e Annalisa Lo Vito, sua figlia, impegnate nei servizi domestici nei locali della canonica in un giorno imprecisato di gennaio. Avrebbero visto loro un teschio nel sottotetto della chiesa e ne avrebbero parlato con il viceparroco, don Vagno. Insieme avrebbero deciso di non dire nulla alla polizia. La seconda ipotesi, invece, vede come protagonista don Vagno, che avrebbe trovato i resti di Elisa, toccato più di un particolare della scena del crimine, e per paura avrebbe deciso di scaricare le responsabilità sulle donne delle pulizie.
Ecco la ricostruzione del ritrovamento, stando a quello che avrebbero riferito i protagonisti.
Don Ambrogio dice di non essere mai salito nel sottotetto, di non aver raccolto confidenze dal viceparroco, di non conoscere le donne delle pulizie e di aver appreso del ritrovamento solo il 17 marzo. Ha però telefonato al titolare dell’impresa di costruzioni più volte. Ed era presente sul terrazzo della chiesa della Trinità durante il sopralluogo.
Don Vagno dichiara di essere entrato a gennaio nel sottotetto e di aver trovato un «cranio», di aver parlato in modo sommario con il vescovo a telefono e, dopo aver appreso che era Roma, di aver deciso di aspettare il suo ritorno per riprendere il discorso. Ammette anche di aver toccato gli occhiali di Elisa e di averli riposti al suo fianco. Ma dice anche di aver saputo dalle donne delle pulizie che c’erano dei resti nel sottotetto.
Il vescovo, vicepresidente della Cei, monsignor Agostino Superbo, sostiene di aver appreso del ritrovamento il 17 marzo. Inoltre, sostiene di non essere mai entrato nel sottotetto. Di aver sollecitato l’intervento dell’imprenditore. Di aver partecipato al sopralluogo in un giorno precedente al ritrovamento. E sostiene anche di aver suggerito alla polizia di sentire don Vagno perché dava l’impressione di aver qualcosa da dire.
L’imprenditore edile ha confermato di aver ricevuto le chiamate da don Ambrogio, di aver rinviato l’intervento causa maltempo, di aver poi comunicato il giorno per il sopralluogo e di aver effettuato i primi lavori sul terrazzo. Quel 5 marzo, infatti, il terrazzo era coperto di acqua e fango ed era impossibile accedere al sottotetto.
L’operaio rumeno che ha ritrovato ufficialmente i resti di Elisa sostiene di aver effettuato un primo sopralluogo senza entrare nel sottotetto. Di aver smontato la porta che chiudeva il solaio il 17 marzo. Di essere entrato nel sottotetto per riparare l’infiltrazione. Di essersi fatto luce con il telefono cellulare. Di essersi trovato di fronte uno scheletro sdraiato a terra alla destra della porta d’ingresso. Di essersi spaventato ed essere corso a chiedere aiuto.
Le due donne delle pulizie, infine, negano di aver trovato i resti. Confermano di essere state sul terrazzo e di non aver mai messo piede nel sottotetto. Sono loro che mentono? O è don Vagno che non dice la verità?
Ma chi ha deciso di inscenare il ritrovamento il 17 marzo? E perché? Gli investigatori hanno ancora dei sospetti. E’ per questo che hanno deciso di rivedere le deposizioni dei protagonisti del ritrovamento. C’è, poi, chi sostiene che la “soffiata” sarebbe arrivata in confessione. Forse durante un’estrema unzione. Qualcuno ha fatto il nome di don Salvatore Vigilante, l’anziano parroco di San Rocco, morto qualche giorno prima del ritrovamento di Elisa. Don Cesare era la persona a lui più vicina. Ma con lui di Elisa ha parlato solo don Vagno.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE