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Di ILARIO LAZZARO*
Il nostro sistema sanitario, com’è noto, ha una impostazione solidaristica ed è basato sulla fiscalità generale. In sanità si riconoscono almeno tre livelli di responsabilità: politico; manageriale; tecnico-operativo. La Regione, con compiti di indirizzo-programmazione e controllo, avrebbe dovuto attuare, soprattutto nella prima parte della legislatura, rigorose riforme strutturali finalizzate a garantire, nel tempo, la sostenibilità e l’equità del sistema nonché l’accesso universalistico alle prestazioni. Ciò, purtroppo, non si è verificato! A ciò si aggiunga il federalismo fiscale, che pretenderà dalla futura classe dirigente maggiore responsabilità nell’utilizzo delle risorse. Queste, infatti, dovranno essere reperite e trattenute a livello locale e, senza efficaci meccanismi di perequazione e controllo centralizzato, parecchie prestazioni (Lea) potrebbero non essere più erogate a carico del Servizio sanitario regionale. Lo scenario futuro, che noi cittadini ereditiamo sulle nostre spalle, in evidente carenza di risorse, potrebbe essere impietoso e cioè: cure di scarsa qualità per tutti oppure cure mirate a pazienti con patologie sicuramente guaribili, con il semplice obiettivo di contenere i costi. Pertanto, chi sarà chiamato a gestire la Regione dovrà porre in essere un’azione pubblica efficace, indirizzando le risorse verso programmi di prevenzione e promozione della salute, tenendo nella giusta considerazione che circa il 60% dei decessi è riconducibile a malattie cardiovascolari, cancro, diabete, disturbi respiratori cronici. Sarà fondamentale rivisitare la rete ospedaliera rendendola funzionale alla tutela della salute dei pazienti, nonché quella dell’urgenza-emergenza (cardio-vascolare, cerebro-vascolare, traumatologica) e il settore della riabilitazione. Attenzione a parte dovrà essere rivolta al settore socio-sanitario. Nonostante le attuali e potenziali criticità presenti nel nostro Servizio sanitario nazionale e regionale, da semplice cittadino e da medico, mi sento di esprimere alcune considerazioni in merito alla rivoluzione che tenta di compiere Barack Obama negli Stati Uniti, soprattutto per le potenziali ripercussioni in Europa. Il presidente americano pone all’attenzione essenzialmente due questioni: il controllo della spesa e l’assenza di copertura assicurativa per più di 40 milioni di persone. L’elevata spesa sanitaria degli Stati Uniti (15% del Pil) è attribuibile a elevati costi amministrativi e assicurativi, fattori produttivi costosi, alla malpractise, eccetera. Peraltro, a tutto ciò non corrisponde un guadagno di salute della popolazione. La maggioranza dei medici, assicuratori, aziende farmaceutiche e altri fornitori della sanità stanno facendo di tutto per ridurre la portata della riforma. A livello internazionale potremmo registrare due tipologie di effetti. Garantire ai cittadini americani una copertura universale (o quasi) della popolazione vorrebbe significare per l’Italia, l’Europa, ma anche per i Paesi in via di sviluppo, il rafforzamento dei sistemi sanitari a finanziamento pubblico e universalisti, tipo il nostro. Ciò è senza dubbio un segnale positivo! Un ricaduta globale negativa, invece, potrebbe riguardare i settori industriali collegati alla sanità, in particolare l’industria farmaceutica. Mi riferisco, in particolare, agli investimenti sulla ricerca nel settore bio-medicale, con contraccolpi sui prezzi dei mercati europei e forse sulla qualità stessa della ricerca. Restiamo in attesa, speranzosi, che i cambiamenti strutturali nel sistema americano possano condizionare in positivo anche la nostra sanità.

*dirigente medico presso il Policlinico
universitario di Catanzaro

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