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La pubblica accusa ha chiesto oggi una condanna all’ergastolo a carico di Vito Gallè, 44 anni, di Serra San Bruno (Vv), imputato per concorso nel duplice omicidio pluriaggravato di Angelo Cravè, di 42 anni, e suo cognato Giuseppe Campese, di 35, entrambi raggiunti da diversi colpi di fucile, carabina e pistola il 18 febbraio del 2008, sparati per problemi di vicinato.
La pena della reclusione a vita è stata chiesta oggi alla Corte d’assise di Catanzaro dal pubblico ministero di Vibo Valentia Fabrizio Garofalo al termine della requisitoria, cui ha fatto seguito l’intervento dell’avvocato Silvio Sorrentino, che rappresenta le famiglie delle due vittime, il quale ha depositato una propria memoria.
Poi i giudici (presidente Giuseppe Neri, a latere Antonio Giglio) hanno rinviato il processo all’udienza del 29 aprile, per le arringhe dei difensori di Gallè, gli avvocati Giancarlo Pittelli e Antonio Porcelli, e la sentenza. Vito Gallè è una delle tre persone accusate degli omicidi premeditati dei due cognati che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, erano finiti in un vero e proprio agguato dal quale Cravè non ebbe scampo e morì sul colpo, mentre Campese spirò dopo qualche ora in ospedale.
All’origine del duplice delitto, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, la servitù di passaggio su una strada che attraversa le proprietà di Gallè che aveva già provocato numerosi scontri. A imbracciare le tre armi utilizzate, secondo le iniziali accuse, furono Rocco Salvatore Gallè, di 69 anni, il quale si costituì spontaneamente ai carabinieri, ed i suoi figli, Bruno e Vito, rispettivamente di 42 e 44 anni, pure arrestati.
In seguito Bruno Gallè è stato assolto in sede di giudizio abbreviato dal giudice dell’udienza preliminare di Vibo, che ha invece condannato a 20 anni di reclusione il padre Rocco Salvatore. Ha scelto il giudizio ordinario, infine, il secondo figlio, Vito Gallè, per il quale la sentenza è attesa a fine aprile.

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