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di ANTONINO GATTO*
Presentando, in questi ultimi giorni, le nuove regole che intende imporre alle grandi banche americane, il presidente Barack Obama le ha definite una riforma “semplice e di buon senso”. Ma i banchieri non sembra la pensino allo stesso modo e tutto lascia credere che le grandi lobby della finanza siano già all’opera per impedire in Congresso l’approvazione delle innovazioni annunciate. Ne sarebbe un segnale lo stesso rinvio della conferma del capo della Federal Reserve, Ben Bernanke, che da “uomo dell’anno” è stato definito “uomo in bilico”. In sintesi, due sono gli obiettivi: limitare le dimensioni delle banche, perché non diventino troppo grandi da non poter fallire, e ridurre le loro attività rischiose e speculative. In particolare, la “regola Volcker”, dal nome dell’ex presidente della Fed che l’ha suggerita, prevede che le banche non possano divenire grandi al punto che lo Stato sia costretto a intervenire per evitarne il fallimento, in caso di necessità, pena il rischio di un collasso del sistema. Evitando, pertanto, che lo Stato e i contribuenti diventino loro ostaggi perché troppo grandi per farle fallire. Intende, inoltre, proibire alle banche “ordinarie” di svolgere attività speculative che possano fare correre il rischio di bancarotta e di conflitto di interessi, separando attività per la clientela e attività di investimento proprie, sulla scia dello spirito del Glass- Steagal Act, votato durante la crisi del 1929, che separava l’attività della banche di deposito da quella delle banche di investimento. Testo poi abrogato nel 1999 da Bill Clinton, nell’ambito della gran voga della deregulation dell’economia inaugurata Reagan. La meta è chiara: mettere dei paletti al processo di aggregazione e di consolidamento tra istituti bancari e porre un argine alle pratiche rischiose che hanno contribuito alla crisi finanziaria, impedendo che una stessa istituzione possa svolgere insieme attività di raccolta e prestito di risparmio a famiglie e imprese e attività propria dei fondi speculativi. La rabbiosa reazione del mondo finanziario e la stessa recente decisione dell’Alta Corte americana di eliminare ogni tetto ai finanziamenti elettorali (che di fatto premia i poteri forti nella loro capacità di condizionare l’attività legislativa), sono evidenti segnali delle difficoltà che incontrerà la nuova proposta del presidente Barack Obama. Si profila, pertanto, un difficile duello il cui esito, tuttavia, riguarda da vicino anche noi europei. Perché, nell’economia globale, le “regole” non possono restare locali.
*Università di Messina
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