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di DOMENICO GATTUSO*

C’È una parola che viene sempre più spesso usata per “non spiegare” questioni e fenomeni apparentemente complessi che hanno ricadute significative, tuttavia, su milioni di persone. Quando Marchionne afferma che lo stabilimento Fiat di Termini Imerese deve chiudere i battenti, giustifica la scelta del management, con una punta di antipatico sarcasmo, asserendo che purtroppo la Sicilia non si trova adiacente alla Lombardia e quindi è colpa della logistica.
Pazienza per gli operai che rischiano il posto di lavoro. Quando si assiste al salto di prezzo di un chilo di arance, dai 5 centesimi al contadino della Piana di Gioia Tauro ai 2 euro al supermercato di Milano, ancora una volta la colpa è della logistica. Pazienza per i contadini meridionali e per gli africani che lavorano in nero. Quando si rileva che uno dei prodotti più trasportati in Italia è l’acqua minerale, con i calabresi che comprano acqua minerale proveniente dalle Alpi e i piemontesi che comprano l’acqua della Sila, la colpa è della logistica. Pazienza se i camion che trasportano milioni di bottiglie provocano inquinamento e se si spreca plastica in quantità inimmaginabile. Quando si assiste al fatto che gli ortaggi di qualità prodotti nella Piana di Sibari vengono mandati sui mercati giapponesi, mentre sui nostri mercati giunge il pomodoro scadente prodotto in Cina o il mais transgenico americano, di mezzo c’è sempre lo zampino della logistica. Pazienza se i prodotti sulla nostra tavola non hanno più il gusto di una volta e gli abominevoli hamburger si diffondono a scapito della pregevole dieta mediterranea. Quando in mezzo al deserto arabo si costruisce il grattacielo più alto del mondo, in un ambiente ordinariamente invivibile, senza comprendere quale ne sia la ragionevole esigenza, c’entra ancora la logistica. Pazienza se in numerosi paesi del mondo si sopravvive in bidonville, slum o baraccopoli che dir si voglia. Quando si assiste alla predatoria politica di alcune multinazionali che si stanno impadronendo delle fonti d’acqua in tutto il mondo, compreso l’Italia, per togliere un diritto al bene pubblico e trasformarlo in un bisogno da trattare sul mercato, ancora una volta occorre fare i conti con la logistica. Pazienza se l’acqua del rubinetto costa sempre più cara o dallo stesso rubinetto esce acqua non potabile e corrosiva, e se quattromila bambini muoiono ogni giorno su questo pianeta per mancanza d’acqua. C’è da chiedersi: ma che cosa è questa logistica che giustificherebbe tutte queste assurdità? La colpa invero non è affatto della logistica, ma di un’anarchia nell’economia mondiale e di un potere capitalistico concentrato nelle mani di una minoranza, a scapito della stragrande maggioranza della popolazione. Il problema è che la maggioranza non riesce ad affermare alcune regole di convivenza civile o a praticarle diffusamente, non riesce ad affermare la ridistribuzione della ricchezza, il graduale riequilibrio fra aree di assoluta povertà e aree di dissoluto consumismo (i soli Stati Uniti consumano un quarto delle risorse della Terra). Allora occorre assumere consapevolezza che viviamo in un mondo sempre più globalizzato, in cui i rapporti fra offerta e domanda di beni sono fortemente condizionati dalla distribuzione disuniforme delle risorse e del know how tecnologico, dalla concentrazione dei poteri economici, dalla marginalizzazione di ampie fasce di popolazione da beni minimi di sussistenza e diritti umani. La logistica, in particolare la logistica territoriale, è semplicemente uno strumento di analisi che permette di fare valutazioni economiche e di ottimizzare il rapporto tra risorse, produzione industriale, trasporti e distribuzione dei beni sul territorio. È come parlare della matematica; ma chi si sognerebbe di dire che se qualcosa non va bene, la colpa è della matematica? La logistica è una scienza che potrebbe aiutare moltissimo a ridurre i contrasti esistenti, a ridurre i consumi inutili e lo spreco di risorse, a patto che a governarla non siano le grandi multinazionali e che i governi siano capaci di introdurre fattori di regolazione e di riequilibrio socio-economico con scelte che richiederebbero solo un po’ di sano coraggio. Per provocazione avanzo allora alcune idee di azioni di politica economica che potrebbero indurre effetti positivi per la comunità del Meridione d’Italia: – Perché non trasferire lo stabilimento di Termini Imerese a Gioia Tauro? Gli spazi ci sono e il porto calabrese è al centro del mondo; quindi dal punto di vista della logistica è situato meglio di Milano. D’altra parte gli incentivi statali di cui gode la grande impresa Fiat troverebbero forse una migliore giustificazione. – Perché non promuovere diffusamente il commercio locale, attivando catene logistiche dirette fra produttori e clienti? Perché non modificare la catena logistica degli scambi commerciali fra Nord e Sud, puntando sui porti, sulla ferrovia e sul container e tagliando le rendite parassitarie degli intermediari? – Perché non regolamentare la distribuzione dell’acqua minerale, mediante opportuni strumenti fiscali, al fine di evitare che il loro trasporto in camion non superi la distanza di 500 km? – Perché non modificare le norme nazionali affinché le operazioni di sdoganamento delle merci che entrano in Italia attraverso il porto di Gioia Tauro possano avvenire nello stesso porto, con rilevanti ricadute finanziarie positive sull’economia locale? – Perché non boicottare i prodotti transgenici o carichi di pesticidi che arrivano in Italia, a favore di prodotti sani provenienti dal commercio equo e solidale, attraverso una campagna di informazione e comunicazione mirata? – Perché non identificare e punire i grandi evasori fiscali che hanno portato illegalmente i loro “risparmi” all’estero, anziché premiarli con uno “scudo” fiscale? – Perché non imporre un atteggiamento diverso agli istituti di credito nei confronti dell’imprenditoria nel Mezzogiorno, considerato che a sanare la crisi determinata da incaute e devastanti strategie dei gruppi bancari ha contribuito ampiamente anche il risparmiatore meridionale? Si tratta pur sempre di azioni di logistica che mirano alla razionalizzazione dei flussi merci, informativi e finanziari sul territorio, con un occhio a un futuro della comunità più equo, ecologico e sostenibile. Ma tutto questo richiede forse una maturazione culturale della comunità, una visione più avanzata dell’economia che vada oltre il ciclo capitalistico del secolo scorso e verso un’etica della società fondata su nuovi e antichi valori positivi, direi “di vera sinistra”. La magia della logistica potrebbe essere allora di grande aiuto.

*docente Ingegneria dei trasporti Università Mediterranea

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