4 minuti per la lettura
di SARA LORUSSO
POTENZA – La lunga storia degli espropri e dei contenziosi finiti male in città sembra volgere al termine. Di cause aperte risalenti, per avvio delle procedure, all’epoca del post terremoto, ne sono rimaste in sospeso davvero poche. E quella che adesso è allo studio della seconda commissione consiliare (Bilancio, presieduta da Rocco Coviello, Pdl) richiama la tormentata storia dei 138 alloggi di Ondina Valla, nel rione di Macchia Romana. Quegli alloggi, per una parte, sono già stati venduti ai cittadini che ne avevano diritto a seguito di una transazione del comune con gli ex proprietari dei suoli (per i quali pure era stato aperto un contenzioso). Resta da “chiudere” l’acquisizione di altri alloggi della stessa zona, la cui costruzione è stata avviata con lo stesso “programma costruttivo di 138 alloggi di edilizia residenziale pubblica comunale in località Macchia Romana”, localizzato dal consiglio comunale nel lontano 1983.
Ma questo secondo gruppo di case insiste su una parte di terreno, per cui non si è riusciti a chiudere una transazione con i titolari originali dei suoli e per cui resta aperto un contenzioso dinnanzi al Tar di Basilicata.
Per questo caso, l’amministrazione ha deciso di adoperare uno strumento previsto dalla norma che si chiama “acquisizione appropriativa” indicato dal testo unico sulle espropriazioni, grazie a cui per l’ente sarà possibile depositare una somma (calcolata nella cifra massima che una qualunque sentenza possa stabilire come risarcimento del danno eventuale da occupazione illegittima, secondo sentenze analoghe) e, contemporaneamente, diventare proprietario dei suoli. Ma per la cifra necessaria, circa 890 mila euro, c’è da dichiarare la legittimità del debito fuori bilancio e chiedere, nel caso, l’accensione di un mutuo presso la Cassa depositi e prestiti (la somma necessaria, infatti, non è disponibile, nè è stata accantonata, dall’allora Organo straordinario di liquidazione, che aveva in carico il riequilibrio delle finanze pubbliche nel post dissesto, ma che non si occupò dei giudizi non ancora giunti a sentenza).
Sulle carte sono al lavoro i consiglieri della commissione che dovranno licenziare, tra valutazione di documentazione e audizioni, il provvedimento prima di girarlo all’aula.
La proposta di deliberazione ripercorre la storia di questo contenzioso, nato nei primi anni ‘80: alcuni dei terreni su cui sarebbero poi sorti gli alloggi di Ondina valla, erano oggetto di un accordo tra l’ente e i privati: cessione gratuita dei terreni, in cambio di un indice edificatorio vantaggioso in altra zona. Ma non avendo realizzato la volumetria, alcuni anni dopo, i privati chiedono l’annullamento dell’accordo precedente rivolgendosi al tribunale civile, con contestuale richiesta di risarcimento, per l’illegittima occupazione del suolo da parte del comune. Il contenzioso è proseguito davanti al Tar, dove è ancora pendente e per cui c’è stata una recente udienza. Fatto sta, che negli anni quei suoli erano diventati parte integrante del programma di edilizia popolare, ormai irreversibilmente trasformati, salvo per una parte consistente che è stata restituita. All’epoca, però – riconosce la stessa amministrazione nella proposta – non fu emesso in il decreto di esproprio entro i termini stabiliti, per cui l’occupazione divenne “illegittima”.
Oggi, l’amministrazione prova a chiudere la vicenda scegliendo una strada di «equità sociale e di continuità». L’assessore al Bilancio, Federico Pace, sarà presto ascoltato in commissione, ma, interpellato, spiega che il percorso individuato non fa che «dare ai cittadini finalmente il diritto alla proprietà di quella casa che inseguono da anni». Diritto “consacrato” solo per i cittadini i cui alloggi insistevano sui suoli per cui il contenzioso è stato chiuso.
Senza contare che sembra ci siano anche dei vantaggi per l’ente pubblico: «Solo una volta acquisiti i suoli, il comune potrà finalmente vendere le case ai cittadini, ricavandone risorse». Meglio che riscuotere l’affitto. E poi, secondo l’amministrazione, la cifra da depositare dovrebbe essere la spesa massima a cui un tribunale potrebbe condannare l’ente: in caso di sentenza minore, la differenza di fondi depositati, tornerebbe al comune. Ma l’acquisizione dei terreni è invece immediata dal momento del deposito, a cui il privato potrà accedere con la sentenza o se dovesse accettare una transazione, rinunciando, così, al giudizio.
Ecco allora che la stessa proposta di deliberazione, in premessa, è perentoria: quegli alloggi, gli ultimi rimasti a Ondina valla ancora sotto contenzioso, vanno acquisiti nel patrimonio dell’ente. Ai consiglieri il compito di valutare la legittimità del debito fuori bilancio e la strada individuata per acquisire i suoli e chiudere uno degli ultimi capitoli della tormentata storia dell’edilizia popolare in città.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA