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«In questi mesi il presidente del Consiglio Regionale On.le Bova in più dichiarazioni ha affermato che le modifiche alla statuto della Regione Calabria rappresenta la forma più alta della democrazia partecipativa, citando come esempio la Toscana. La differenza tra le due Regioni governate dal centro sinistra sono completamente differenti».
Lo afferma, in una nota, l’ex vice presidente del consiglio regionale, Quirino Ledda, ora esponente di «Sinistra Ecologia Libertà». «Mentre in Calabria – dice Ledda – il costo della politica non ha limiti, perchè prevederebbero l’aumento degli assessori esterni e la ridicola figura del consigliere supplente che aumenterebbe il numero dei rappresentanti nel Consiglio Regionale e nel contempo senza che si sappia da parte dei cittadini quanto si spenderà per questa straordinaria riforma. La Regione Toscana – continua Ledda – al contrario riduce i consiglieri regionali da 65 a 55 (53 più il presidente della Giunta e del Consiglio) si riduce il numero degli assessori che da 14 diventano appena 10. Il costo si ridurrà in un anno 2,5 milioni di euro, che nell’arco di una sola legislatura faranno risparmiare 12 milioni e mezzo di euro. Ciò – prosegue – avviene nonostante faccia correre il pericolo alle forze minori di non essere rappresentate nel Consiglio Regionale, pur nonostante non abbiano messo in discussione la coalizione. Sarebbe un segnale positivo all’opinione pubblica se il Consiglio regionale fosse composto da 40 consiglieri, senza le tante commissioni (con decine di collaboratori che sono assunti per ragioni clientelari) quanti erano nella fase Costituente che pur dinnanzi a mille difficoltà si riusciva a lavorare con serietà, con costi certamente ridicoli, se si fa riferimento alle spese odierne che superano persino quelle dell’Emilia Romagna».
«Trovo provocatorio tale decisione perchè tutti gli indicatori dell’Istat – Eurispes – Banca d’Italia confermano che le diseguaglianza tra le classi sociali sono aumentate. Dietro numeri aridi, decine di migliaia persone in carne ed ossa hanno gravissimi problemi irrisolti. In Calabria – continua – le forme di disagio, disgregazione, credibilità delle istituzioni che non sanno dare risposte concrete ai tanti problemi che vasti ceti sociali pongono, crea ogni giorno un ulteriore distacco tra la politica e i bisogni dei cittadini. Come è possibile pensare alla crescita di questa Regione se la politica viene intesa come familismo e tribù. Il pensare che la democrazia stia regredendo rapidamente non è più un’ipotesi lontana ma sta diventando l’unica prospettiva che i molti calabresi intravedono in maniera drammatica. Non saranno i proclami e le soluzioni burocratiche che si intraprendono a risolvere i gravi problemi presenti. Bisogna prevenire e fare pulizia nei partiti coinvolti e nelle istituzioni inquinate. Le grandi contraddizioni che investono i gruppi sociali: la disoccupazione intellettuale, l’emarginazione giovanile, l’incertezza sulle prospettive del proprio futuro il dominio mafioso in gran parte della Regione, i predatori di finanziamenti pubblici calabresi e non necessitano una aggregazione politica coesa e coerente che sappia creare una discontinuità necessaria per ridare fiducia alla calabria degli onesti sempre più emarginati. Oggi – conclude – attorno alle idee di democrazia, equità, progresso, si deve realizzare un fronte sociale e politico che rompa la cultura economica tra chi è nello sviluppo e di chi è fuori, perchè si stanno creando sempre più categorie di esclusi e discriminati dai circuiti sociali, riducendo così il diritto di cittadinanza per la maggiore parte dei calabresi».

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