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Confermare le due condanne, rispettivamente, a otto anni e due mesi di reclusione nei confronti di Giuseppe Spagnolo, e ad otto anni e quattro mesi per Gianluca Scigliano, imputati coinvolti nell’operazione «Bellerofonte», diretta contro presunti affiliati al cartello di ‘ndrangheta Marincola-Farao di Cirò, nel Crotonese. Sono queste le richieste fatte oggi dal sostituto procuratore generale Salvatore Dolce alla Corte d’appello di Catanzaro, dove si sta svolgendo il giudizio di secondo grado per i due imputati, che terminerà con le discussioni degli avvocati Ennio Cucio e Gianni Russano e la sentenza il 18 gennaio. Il giudizio di primo grado per i due imputati si concluse il 30 dicembre del 2008 davanti al gup distrettuale di Catanzaro, che celebrò i giudizi abbreviati per Spagnolo (accusato di associazione mafiosa finalizzata al traffico ed allo spaccio di droga), Scigliano (accusato anche di estorsione e reati in materia di armi), e Vincenzo Amantea (che, invece, rispondeva solo delle accuse in materia di droga). Quest’ultimo fu assolto, mentre i primi due condannati. Spagnolo, 39 anni, e Scigliano 29, entrambi di Cirò (Kr), finirono in manette insieme ad altre persone nell’ambito del blitz dell’Arma dei carabinieri di Crotone nome in codice «Bellerofonte» con cui, il 24 maggio del 2007, fu data esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip antimafia su richiesta del sostituto procuratore Dolce. L’operazione Bellerofonte, dissero all’epoca gli investigatori, costituì la prosecuzione dell’indagine «Galassia», con cui si delineò l’esistenza di una potente cosca operante nel Cirotano, al cui vertice gli investigatori collocano i fratelli Giuseppe e Silvio Farao e Cataldo Marincola. L’indagine – fu spiegato – confermò la grande capacità della cosca di penetrare la vita pubblica, di «condizionare la vita politica dei due comuni, Cirò e Cirò Marina». Sintomatico, poi, del forte potere del «locale» fu ritenuto il ruolo di risoluzione dei contrasti privati e delle controversie che l’organizzazione avrebbe svolto sul territorio. E ancora l’organizzazione si sarebbe occupata del sostentamento dei propri affiliati, adottando precise forme di assistenza nei confronti dei membri detenuti e di quelli costretti ad affrontare costose spese legali. I principali guadagni del «locale» sarebbero derivati dal traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti, dalle estorsioni a danno di commercianti, ristoratori e imprenditori, anche vincitori di appalti pubblici. A luglio 2008 il gup di Catanzaro, che ammise i giudizi abbreviati, rinviò a giudizio altre sette persone, per le quali il processo è in corso davanti al Tribunale collegiale di Crotone. Si tratta di Giuseppe Farao, 61 anni, sorvegliato speciale, ritenuto il vertice del sodalizio assieme al fratello; Francesco Amantea, 46 anni; Francesco Basta; Giuseppe Cariati; Giuseppe Nicastri; Cataldo Grisafi; e, infine, Mansueto Arcuri, chiamato a rispondere solo di falsa testimonianza. Oggi a Crotone si è conclusa per loro l’istruttoria dibattimentale, ed il processo è stato rinviato al 17 gennaio per le discussioni.

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