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Il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, ha indossato i panni del tifoso e dello sportivo e ha estratto dal cassetto dei ricordi una serie di immagini storiche della carriera di Massimo Palanca, tra cui i gol dalla bandierina contro la Roma. A quel tempo ne fece dei ritratti dal taglio letterario apparsi sul “Giornale di Calabria” diretto da Piero Ardenti, ma ieri sera ha scavato nella memoria e nella passione parlando, ancora rapito di quel “piedino d’oro” che lo ha fatto sognare in gioventù, alla presentazione del volume «Il mio calcio», edito da To Be Group, il «romanzo», partorito dalla penna di Alberto Pistilli, giornalista esperto di motociclismo, e dai racconti della sua vita che gli ha affidato Massimo Palanca. Erano in tanti a rendere omaggio a Palanca nella sede della Delegazione della Regione Calabria a Roma, in piazza di Campitelli, affollata da un pubblico variegato. Palanca ha distribuito foto e dediche personalizzate. Ex compagni di squadra, giornalisti, vecchi amici ma soprattutto una rappresentanza di quella colonia giallorossa di emigrati che, negli anni ’70 e ’80, fece di Palanca un simbolo di riscatto per Catanzaro e per la regione intera. Tra i tanti, c’era l’allenatore della Roma Claudio Ranieri, ex compagno e amico fraterno di Palanca, che ha raccontato il lato umano del calciatore: «Palanca è sempre lo stesso: pronto a stare con gli amici, umile, disponibile. Proprio come quando Di Marzio cercava di potenziarlo con il rullo. Con Palanca in squadra c’era sempre fiducia. La fiducia di poter cambiare il risultato della partita da un momento all’altro». È intervenuto anche il Italo Cucci che ha ricordato la copertina del «Guerin Sportivo», di cui era direttore, dedicata a quella «maglia rossa col numerino e il piedino 37» come simboli «di un calcio che ha fatto nascere le favole e l’amore». E quindi Gennaro Amoroso, direttore della rivista «Calabria Mondo», organizzatrice dell’incontro insieme all’Associazione Internazionale Calabresi nel Mondo, ha voluto ricordare la fierezza degli emigrati calabresi che leggevano con orgoglio i quotidiani sportivi del lunedì davanti alle fabbriche del Nord. Nella sala c’erano tante vecchie glorie del Catanzaro, da Vichi a Silipo, a Pellizzaro a Banelli fino a Scarfone, compagno di squadra nell’anno in cui, il 1990, Palanca ha appeso le scarpette al chiodo. Palanca, commosso, ha ripercorso brevemente la sua carriera, i sacrifici e gli insegnamenti dei suoi genitori, quando a 21 è arrivato a Catanzaro dove è diventato un idolo. E poi ha concluso: «Mio figlio è nato a Catanzaro. Tutti i miei migliori amici sono calabresi».
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