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di ROCCO PEZZANO
A DISPETTO di quanto detto e ridetto negli ultimi dieci anni, il controllato non è anche il controllore di se stesso. O meglio: su di sé ha il controllo di un organo dello Stato.
Non è l’Eni a certificare la propria produzione di petrolio in Basilicata. La società raccoglie i suoi dati, certo, e li trasmette. Ma ci sono ufficiali di polizia giudiziaria che verificano trimestralmente quanto petrolio e quanto gas sono stati portati in superficie dall’Eni. Inoltre, sui controlli quotidiani c’è una serie di garanzie che impongono di fatto il controllo dello Stato ogni giorno.
NERO SU BIANCO
E’ tutto scritto, nero su bianco, nella risposta che il viceministro allo Sviluppo economico, Adolfo Urso, ha dato l’8 ottobre scorso in aula al senatore Cosimo Latronico del Pdl.
Il politico lucano aveva chiesto (il 30 luglio 2008: l’iter delle interrogazioni non procede velocissimo a Palazzo Madama) «se il ministro in indirizzo intenda verificare le modalità e le procedure di controllo e di certificazione dei quantitativi di idrocarburi prodotti e avviati al consumo e di calcolo delle royalties; se ritenga di intervenire al fine di assicurare una disciplina più attenta all’esattezza dei dati comunicati dalle compagnie petrolifere e garantire una maggiore trasparenza nell’attività di accertamento sulle estrazioni e produzioni di petrolio e di calcolo delle royalties».
Dopo un anno e tre mesi, il governo risponde. E non dice poco. Dice quanto non era mai stato detto, mai pubblicato in precedenza.
MAI DETTO NULLA
E suona strano che, ad esempio, l’Eni non abbia mai spiegato in precedenza come venissero effettuati i controlli. Avrebbe potuto rispondere ad ambientalisti e comitati che da sempre – e a ragione, non essendoci stata mai una voce contraria – hanno contestato lo status della multinazionale che in Italia è controllore e controllato.
Ma anche la Regione Basilicata non ha mai spiegato – a chi ha spesso puntato il dito sull’assenza di verifiche indipendenti da parte delle istituzioni – come funzionasse il meccanismo di calcolo della produzione di idrocarburi. E che l’Unmig, l’ufficio del ministero che si occupa di estrazioni di idrocarburi (per la Basilicata è attiva la sede di Napoli) sia l’ente pubblico che – in base a quanto assicura il governo – non toglie gli occhi di dosso all’Eni.
Insomma, mai nessuno ha dato peso a queste informazioni. E’ vero che Latronico, il 9 ottobre, produsse un comunicato stampa in cui sintetizzava per sommi capi la risposta del viceministro. Ma la breve nota scivolò nell’indifferenza. Tanto è vero che lo stesso Latronico, nel suo sito internet con cui dà conto dei suoi comunicati, questo non lo ha proprio inserito nell’elenco.
E allora è necessario analizzare nel dettaglio la risposta di Urso.
LA PROCEDURA
E’ bene premettere che il viceministro si riferisce a quello che accade al Centro Oli di Viggiano, dato che praticamente tutto il petrolio estratto in Basilicata passa di lì.
«Settimanalmente, di solito il sabato – comincia così la scheda tecnica allegata alla risposta – viene eseguita l’analisi dell’olio (ovviamente “petrolio”, ndr) spedito alla Raffineria di Taranto. I campioni (…) sono analizzati dal laboratorio Ondeo – Nalco (una ditta del settore, presente anche a Viggiano, ndr) che determina la densità e la percentuale di sedimenti e di acqua. Il lunedì detti valori vengono comunicati al Centro olio e valgono per l’intera settimana».
Per la settimana a cavallo fra fine mese e inizio mese successivo l’analisi viene effettuata dal laboratorio Caleb Brett, un’altra compagnia.
«Giornalmente – prosegue la scheda – si rilevano i dati di livello e di temperatura per ognuno dei 5 serbatoi del Centro olio tramite misuratori di livello elettronico digitale tarati annualmente da tecnici specializzati. I serbatori sono corredati da tabelle di calibratura vidimate dall’Ufficio tecnico erariale».
L’ENERGIA VENDUTA
Notizia accessoria: una parte del gas viene utilizzato dall’Eni per produrre, a Viggiano, energia elettrica. Quella che eccede i consumi interni viene immessa nella rete Enel. Su questo gas che consente di vendere energia all’Enel, l’Eni deve pagare royalty.
Per calcolare questo tipo di idrocarburo si usa un algoritmo di calcolo che, insieme alla procedura seguita, è contenuto in un documento firmato da Unmig ed Eni. Il registro di produzione viene vidimato dall’Unmig.
IL REGISTRO
Come si calcolano i quantitativi di petrolio? Ecco la spiegazione della scheda: «La produzione lorda viene calcolata, per ogni serbatoio, sulla base dei volumi registrati alle 24». E così anche il quantitativo di greggio spedito in raffineria.
«Detto valore – prosegue il documento – è annotato sul registro di produzione del Centro olio debitamente vidimato e bollato dall’Unmig, insieme alla percentuale di acqua e sedimenti (…) e spedito. Il quantitativo in massa di olio spedito e dell’acqua residua è attestato da bolla “Xab” emessa dall’Ufficio pratiche del Centro olio».
TRIPLEX GAS
Ogni giorno viene effettuata anche un’altra operazione: sono «prelevati i diagrammi dei misuratori venturimetrici (triplex)». Sembra di sentire una vecchia puntata di Star Trek, di quelle in cui gli sceneggiatori si sbizzarrivano a inventare nomi di strumenti di pura fantasia.
In questo caso, la fantasia non c’entra nulla: si tratta semplicemente di registrare la produzione di gas introdotto nel metanodotto Snam Rete Gas, andando praticamente a leggere i contatori, come per la bolletta di casa. «I misuratori vengono trimestralmente verificati da tecnici specializzati con strumentazione campione certificata», è specificato.
Dunque, ogni giorno si calcola (misurarla nel senso letterale del termine non è possibile) la portata di gas in metri cubi.
TABELLE PUBBLICHE
E si arriva fatalmente alle tabelle che periodicamente l’ufficio del ministero redige e pubblica sul proprio sito internet: «L’Unmig trimestralmente fa una ricognizione delle produzioni ottenute di idrocarburi liquidi e gassosi dei consumi interni relativi al trimestre».
Si controllano i diagrammi del gas e i calcoli effettuati dalla società; per il petrolio si fa una complessa analisi di tutti i documenti redatti – certificati, bolle, registri – e si finisce con un’operazione fondamentale: la corrispondenza fra i dati di produzione trascritti nel registro, quelli comunicati ogni mese e quelli presenti nel “Rapporto operativo del Centro”.
Insomma, l’Eni raccoglie dati e li trasmette, ma l’autorità pubblica effettua di continuo verifiche volte a scoprire eventuali magagne. Questo, quanto meno, è ciò che il viceministro ha assicurato a Latronico.
FIDUCIA
E se uno non si fidasse dell’Unmig? Urso ha una risposta anche su questo: «Le verifiche e i controlli effettuate dai funzionari dell’Unmig si svolgono su tutto il territorio nazionale (…). A partire dal 1957, anno di istituzione dell’ufficio, non sono stati oggetto di rilievi da parte di alcuno degli organi di controllo (Ispettorato generale di finanza del ministero dell’Economia, Corte dei conti, Guardia di finanza) i quali hanno anche sottoposto gli uffici, più volte, a specifiche ispezioni. Occorre anche far presente che i controlli sulle produzioni primarie sono, necessariamente, seguiti, sugli stessi quantitativi di prodotto, da controlli sul prodotto commercializzato, fino all’utente finale, e che, anche dall’incrocio di tali dati, effettuati da autorità fiscali diverse, non si hanno riscontri di inesattezze di sorta».
Ed ecco la conclusione di Urso: «Si ritiene che non ci sarebbero, al momento, i presupposti per una intensificazione dei controlli sulle produzioni di idrocarburi».
E’ tutto materiale nuovo su cui gli ecologisti e le istituzioni locali piccole e grandi sono chiamati a riflettere e discutere.
Ieri pomeriggio non è stato possibile rintracciare gli addetti dell’Eni alla comunicazione con la stampa locale. Nei prossimi giorni sarà interessante scoprire perché l’Eni non ha mai voluto difendersi dalle accuse di controllare se stessa. Bastava spiegare il meccanismo di verifica.
r.pezzano@luedi.it
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