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di PIETRO DE LEO
La “farsa” ha i suoi tempi, i suoi ritmi, le sue sorprese: ma poi, nel bene o nel male, può, anzi deve finire. In Calabria, purtroppo, la “farsa” ancora continua, come – con rara finezza – ha posto in evidenza Ulderico Nisticò nella sua “Controstoria della Calabria” (Rubbettino, 2009). I tempi della politica – anzi della mala politica – che inchiodano tutto a dopo le feste, dopo le ferie e dopo il transito del generale Agosto, ricalcano un rituale che il Medioevo seppe spazzare via con il conclave, ma che nella terra di Tommaso Campanella perdura ossessivamente, rischiando di mandare al rogo non solo la “Città del Sole”, ma la stessa “speranza”. Soliti raduni inconcludenti, anche se di successo sul piano conviviale (ne fa fede la succulenta parmigiana e l’ottimo prosciutto della Sila, gustati a Camigliatello sin dal ritiro della “squadra con.giunta” nell’estate 2005): se ne riparlerà a .. “dopo l’estate”. Tanto la musica che rincuora i cambia-casacca urla e scandisce sempre con Loretta Goggi : “ che fretta c’era. maledetta primavera” ! Pazienza o vulgo “Pacenza”. ci vuole, specialmente . a leggere tante vane elucubrazioni, circolate anche di recente sulla stampa e nei mezzi di comunicazione a supporto di un governo regionale in “Volo” con il regista Wim Wenders a Berlino, o in taxi in quel di Londra con l’ineffabile Gennaro Gattuso di Oliviero Toscano, o in processione sulla Quinta Strada a New York per il “Columbus day”, al canto della “Calavrisella” scandita dal ritmo coinvolgente del gruppo folk “Parafonè” di Serra San Bruno. Da “vetero democristiano” il governatore, (forse anche per non perdere il trono) si affanna “ con rito abbreviato” e senza soste a divulgare nel mondo il suo “modello Calabria”, dichiarando – udite, udite! – di voler istituire, tra l’altro, «l’Alta scuola medievalista “Gioacchino da Fiore” nel cuore dell’Europa, proposta dall’associazione Heritage Calabria che ha il suo cuore a San Giovanni in Fiore, patria dell’abate». “Lasciate ogni speranza” o voi che ascoltate! Ma alla vigilia delle elezioni – si sa – tutto fa brodo, specialmente se il presidente di quell’associazione, François – Zavier Nicoletti, come si legge ne “La Voce di Fiore, al grido “un vero calabrese” for president”, ha preconizzato il grande Pippo! Potrebbe forse ora ripensarci? È questa la classe politica che si era candidata alla svolta epocale? Che aveva promesso già per il 2006 (son trascorsi 3 anni!) mari e monti puliti, strade scorrevoli e aveva fatto – per dir così – della lotta alla mafia l’altisonante impegno politico”, e benché investita da vicende giudiziarie (“why not” compresa) vuol tornare al governo nel 2010 senza “i valori” dei dipietristi ? E gli intellettuali dove sono finiti? Sono in “viaggio di lavoro sulle navi dei veleni? O scrutano l’oroscopo e la Maga Circe per vedere se continuare o cambiare rotta o magari tuffarsi nell’agone politico come ultima spiaggia? Meno male che l’opposizione sembra agguerrirsi, anche se, come da copione, c’è sempre la jattura della disputa sull’alternanza territoriale. Ma per questa tenaglia occorre cambiare schema, e i calabresi – c’è da augurarselo – ne terranno conto, prima di giungere – speriamo presto – al traguardo delle Tre Province Autonome! Purché sia bravo/a, la provenienza del governatore/trice non conta! Si parla tanto della fuga dei “cervelli”, ma non si pensa alla fuga da questa terra aspra e forte, bella e incantevole, che l’attuale classe politica ha ridotto in agonia, invogliando la gente a fuggire e a scappare, producendo quella Finis Calabriae, che sembra ormai alle porte? Sfogliando le “Lettere dall’Italia perduta” di Gioacchino Volpe, diffuse di recente da Sellerio, pensavo fantasticando, chissà se un giorno le generazioni future dovranno leggere qualche diario o epistolario sulla Calabria perduta dei nostri giorni. Quella Calabria che doveva risorgere – come auspicato anche da uomini e donne di alta cultura alla vigilia delle elezioni regionali del 2005 – e che a distanza di quattro anni, invece, la classe politica – giocando anche a “birillo” – ha catapultato non già nel Terzo Mondo, ma in quello degli “Inferi” , deludendo in particolare quei giovani che avevano reclamato a gran voce una radicale metamorfosi epocale. È pur vero che anni fa Sergio Romano nel suo Finis Italiae (1995) aveva posto in evidenza le ragioni storiche della fragilità dell’unità d’Italia e aveva spiegato perché la sua disgregazione sia di fatto inevitabile. Ma l’idea di perseguire un federalismo virtuoso alla Cattaneo aveva aperto insieme con il bipolarismo la speranza di una nuova stagione ricca di civiltà in un’ottica federale. Così, purtroppo, non è stato. C’è chi scrisse: «Gli italiani capiranno». Per fortuna i calabresi hanno già capito: così non si può andare avanti, né aspettare più quei futuribili quanto stravaganti “provvedimenti di .grande clamore”, annunciati dal governatore ormai al termine del suo mandato. Ma non aveva ragione Dante ad ammonire “ ché il perdere tempo a chi più sa più spiace” ( Purg.III, 78), soprattutto quando la repubblica delle banane è agli sgoccioli? Si deve avere finalmente il coraggio, tornando alle urne, di azzerare tutto e scegliere donne e uomini di valore, che abbiano il coraggio di dedicarsi ad un’autentica resurrezione, che le “ Calabrie” attendono e i calabresi meritano. Non ci si può consegnare o rassegnare ad una sorte cinica e bara. La speranza è l’ultima a morire, anche perché di Calabresi bravi (donne e uomini ) ce ne sono ancora. Tanti, per fortuna.
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