X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

E’ iniziato questa mattina, in Corte d’Assise nel tribunale di Cosenza, il secondo processo per la morte della studentessa diciannovenne Roberta Lanzino, di Rende, violentata ed uccisa il 26 luglio del 1988 sulla strada che da Falconara Albanese porta verso San Lucido, sul tirreno cosentino.
La giovane stava raggiungendo la famiglia al mare, quando, pare seguita da un’auto e poi fermata, fu aggredita, violentata ed uccisa atrocemente, con un taglio alla gola. Già nell’immediatezza del fatto ci fu un procedimento che vide imputati tre pastori del luogo, poi assolti.
Adesso imputato della morte della giovane è Francesco Sansone, 47 anni, oggi presente in aula, già detenuto perchè condannato a 30 anni di reclusione per due omicidi compiuti nel 1989 e nel 1990. Sansone, secondo l’accusa, sarebbe stato l?esecutore materiale dell’omicidio e sarebbe responsabile anche dell?omicidio e dell?occultamento del cadavere di Luigi Carbone, il suo presunto complice nell?assassinio di Roberta Lanzino, e che avrebbe ucciso aiutato da suo padre Alfredo e da suo fratello Remo.
Questi ultimi sono a loro volta imputati nel processo, che si occupa anche della morte di Carbone. Sansone è stato già condannato anche per aver ucciso la sua ex fidanzata, Rosaria Genovese, che avrebbe all’epoca fatto rivelazioni importanti sul caso. La seduta di oggi, alla quale erano presenti la mamma e il padre di Roberta, Matilde e Franco, e anche la sorella Marilena, è servita per la costituzione delle parti.
La Presidente della corte, il giudice Antonia Gallo, si è riservata di decidere sulla costituzione di parte civile della Provincia di Cosenza e ha rigettato invece quella della Fondazione e del Centro «Roberta Lanzino», perchè fondati a seguito del fatto di sangue e non preesistenti, come vuole la norma di legge.
Pm nel procedimento è il magistrato Roberta Carotenuto, ma la famiglia Lanzino ha presentato istanza perchè l’accusa nel processo sia sostenuta comunque dal PM Eugenio Facciolla, che ha seguito il caso ma che è stato trasferito alla DDA di Catanzaro. Per Enzo Belvedere, legale di Sansone, è da contestare la riapertura delle indagini, chiesta dal PM dell’epoca Domenico Fiordalisi, in quanto i reperti del caso sono andati distrutti o smarriti.
«Non vogliamo la pietà di nessuno. Vogliano solo quella giustizia che aspettiamo da 21 anni», ha detto il padre di Roberta Lanzino alla fine dell’udienza che è stata rinviata al prossimo 16 febbraio.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE