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«Il dibattito in corso sulla costruzione della centrale a biomasse da 14 megawatt nell’area industriale di Acquafrisciana a Tricarico merita un approfondimento per sgomberare il campo da ogni posizione strumentale e demagogica, figlia della mancata conoscenza dei fatti».
Non usa mezzi termini, il presidente dell’Associazione materana della piccole e medie imprese (Api), Nunzio Olivieri (nella foto), prima voce fuori dal coro dei no dopo la grande manifestazione popolare di sabato pomeriggio.
«E’ pur vero che si deve tenere conto delle legittime perplessità di tanti cittadini -argomenta Olivieri- ma è altrettanto vero che qualcuno dovrebbe spiegare loro, senza artifizi o riserve mentali, quali sono i reali costi/benefici che deriverebbero da una centrale che produce energia elettrica da biomasse. E tutto questo a prescindere dall’interesse specifico di “Clean Energy Srl”, che è pari a quello di qualunque impresa privata che investe denaro e cerca profitto. Non degno di menzione, invece, l’atteggiamento di tanta parte della classe politica che, dopo aver condiviso i criteri ispiratori del Piano Energetico Regionale, dopo aver demandato agli uffici preposti la complessa valutazione sulla fattibilità, frana senza appello alle prime avvisaglie di rumorosità della popolazione strumentalmente indotta a respingere preconcettualmente l’iniziativa».
Olivieri ricorda che la centrale a biomasse di Tricarico è figlia dal Piano Energetico Regionale (Per) del 2001, tutt’ora in vigore, redatto dal profossor Clò dell’Università di Bologna, che prevede un dimensionamento minimo per le centrali a biomassa di 14 megawatt, a valere su di un plafond complessivo di 70. Anche la bozza del nuovo Piear, varato dalla Giunta regionale e ancora all’approvazione del Consiglio, conferma le previsioni progettuali del Piano Clò, alla luce della grande disponibilità di “materia prima” da ardere nelle centrali a biomassa, stimata dalla Conferenza Regionale sull’Energia in 300 mila ettari.
«La società investitrice lucana -spiega Olivieri- ha acquisito il parere favorevole di tutti gli enti preposti, fra cui spicca su tutti, in data 26 agosto 2008, quello dell’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione relativo alle emissioni in atmosfera, cioè alla principale (e legittima) preoccupazione addotta dalle associazioni ambientaliste contro la centrale. Clean Energy, inoltre, ha ottenuto dal Gse (Gestore Servizi Elettrici del Ministero dell’Economia) la qualifica Iafr, cioè di “Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili”, indispensabile per usufruire dei contributi sull’energia, importante voce del Conto Economico dell’investimento». Chiarita la questione ambientale, certamente la più importante, Olivieri fa qualche precisazione sui fattori economici e sociali dell’iniziativa: «Fino ad oggi gli scarti naturali frutto della pulizia dei boschi lucani sono stati regolarmente trattati alla centrale, con aggravio di costi di trasporto per la collettività. Con la centrale a biomasse di Tricarico, invece, oltre a elevare complessivamente la produzione regionale di energia da fonti rinnovabili con conseguente possibilità di esportazione, si pongono anche le basi per uno sviluppo più razionale, essendo l’approvvigionamento energetico una delle maggiori voci di spesa per le imprese. La materia prima, il legno vergine, non manca. Non solo abbiamo i 300mila ettari disponibili dalla regione, ma a questo si aggiunge anche il frutto della (ovvia, ma non sempre effettuata) pulizia degli argini dei fiumi, torrenti e dei canali oggetto anche di valorizzazione dalle iniziative regionali denominate Vie Blu e Vie Verdi. Le casse degli enti demaniali proprietari dei boschi e dei fiumi ne ricaverebbero, oltretutto, un indubbio beneficio economico dalla vendita alla centrale del materiale di risulta.
Il progetto di Clean Energy, poi, prevede l’impiego di almeno 80 persone per 18 mesi per la costruzione dell’impianto e un’occupazione a regime di 20 unità a tempo indeterminato più l’indotto per i trasporti e le altre attività, occupazione che di questi tempi non è poca cosa. I contestatori dell’iniziativa possono stare tranquilli per il timore che si brucino rifiuti di altra natura, perché gli organi di controllo in Basilicata ci sono. L’esempio più calzante di centrali a biomasse in Europa lo troviamo in Finlandia, terra ricca di boschi. La Basilicata è anch’essa una regione verde e ricca di boschi, la cui pulizia è assai utile per la prevenzione degli incendi e per la pubblica incolumità. Infatti, quello che conta non è la quantità, ma la qualità dei rifiuti prodotti, e la centrale di Tricarico, considerata di taglia minima, è stata autorizzata per bruciare solo materiale vegetale, biomasse legnose provenienti da interventi di manutenzione e pulizia del bosco e dagli scarti delle lavorazioni dei salotti, per cui certo non ci sono problemi di approvvigionamento. Il tutto nel pieno rispetto del piano energetico regionale vigente. Da ultimo, evidenziamo il vantaggio immediato e concreto per la comunità in cui l’impianto insisterà. Cospicue royalties al Comune di Tricarico per il miglioramento dei servizi pubblici e il 50% di energia-vapore gratis alle imprese insediate nell’area industriale di Acquafrisciana non sono da sottovalutare. La centrale, dunque, potrebbe avere un effetto trainante per lo sviluppo economico di un’area che sta sempre più degradando».

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