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MARATEA – Nel tratto di mare lucano perlustrato dalla nave «Mare Oceano» dopo le rivelazioni del pentito della ‘ndrangheta Francesco Fonti non sono stati trovati relitti di imbarcazioni carichi di rifiuti radioattivi ma uno scafo da diporto di piccole dimensioni e circa 200 anfore, che secondo i primi rilievi risalirebbero all’epoca greco-romana. Lo hanno detto poco fa, nel capoluogo lucano, il Procuratore della Repubblica della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, Giovanni Colangelo, e il comandante del reparto ambientale marino delle capitanerie di porto presso il Ministero dell’Ambiente, il capitano di vascello Federico Crescenzi. L’attività della nave «Mare Oceano» è cominciata in seguito alle indagini delle Procure calabresi e lucane su presunti affondamenti di imbarcazioni che trasportavano illecitamente rifiuti tossici. Dopo le perlustrazioni dei fondali calabresi, la «Mare Oceano» ha scandagliato due aree (di 18 e dieci miglia quadrate) al largo di Maratea (Potenza), sulla base delle segnalazioni dei pescatori, le cui reti in quel tratto di mare si impigliano spesso: i rilievi hanno permesso di individuare, a 600 metri di profondità, circa duecento anfore, escludendo «la presenza di imbarcazioni per il trasporto di merci – ha aggiunto Colangelo – anche se le indagini non sono chiuse, e saranno effettuate altre verifiche: la soglia di attenzione resterà alta».
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