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7 minuti per la lettura

di LUIGI INCARNATO*
In merito al dibattito in corso sulla politica nel campo delle infrastrutture portata avanti da questo governo, ho l’obbligo di portare la mia testimonianza diretta di come stanno andando veramente le cose, basandomi sui fatti e non sugli slogan che sempre più di frequente vengono utilizzati da questo governo per forviare l’informazione.
Il giorno di venerdì 6 ho partecipato, in rappresentanza della Regione Calabria, a una riunione del Cipe, presieduta dal presidente Berlusconi, in cui erano all’ordine del giorno importanti decisioni in relazione ad una corposa lista di opere rientranti nel Programma di infrastrutture strategiche, la famosa Legge Obiettivo.
Un posto di tutto rispetto in tale lista aveva il Ponte di Messina, in merito al quale il Cipe era chiamato a deliberare l’effettiva erogazione della prima rata del contributo pubblico, ossia passare dopo tante promesse alla fase che vorrei definire dei “soldi veri da poter spendere”. Un passo naturale nel momento in cui Berlusconi sta gridando ai quattro venti che i lavori del Ponte sono in avviamento e si appresta a venire in Calabria tra pochi giorni per porre la prima pietra.
Descrivo la riunione. Vengono portate all’attenzione del Cipe per le approvazioni del caso le seguenti opere di cui prego considerare il valore e la localizzazione:
1) la Pedemontana Lombarda ( circa 4.600 milioni di €);
2) un tratto della pedemontana Lecco-Bergamo (assegnazione di 71 milioni di € dai fondi Fas del Centro Nord);
3) la Linea M4 della Metropolitana di Milano (con l’assegnazione di ulteriori 540 milioni di €);
4) la linea M5 sempre della metropolitana di Milano (con la stanziamento di altri 385 milioni di € dai Fas) ;
5) il terzo valico dei Giovi sulla linea AV Genova – Milano (con l’approvazione del progetto e del finanziamento del primo lotto per 500 milioni di €).
Fino a questo punto tutto fila liscio come l’olio. Poi va in discussione il ponte di Messina, unica infrastruttura sotto l’Appennino ed opera simbolo per eccellenza delle strategie berlusconiane di sviluppo del Sud. Poiché siamo tutti bombardati da messaggi che i lavori stanno partendo, mi aspettavo che rendere operativo il primo modesto finanziamento pubblico sarebbe stato un atto quasi d’ufficio in un tavolo a cui sedava tutto il governo.
Niente affatto. Sul più bello arriva un messaggio del signor ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il quale, pur non essendo presente, di fatto decide per tutti, mandando a dire al Cipe, ed al suo presidente Berlusconi, che non si può procedere all’erogazione di alcun fondo pubblico perché è necessario prima fare chiarezza sul finanziamento “privato”, indispensabile alla costruzione del Ponte, di cui non sono definiti gli estremi.
Al che il comitato, come uno scolaretto colto in castagna dal maestro perché non aveva fatto i compiti a dovere, ha richiuso frettolosamente le carte sul progetto del Ponte, rimandando a futuri e non meglio definiti approfondimenti la questione non proprio marginale di chi, oltre Pantalone, sarà chiamato a mettere qualche miliardo di euro nella realizzazione della infrastruttura strategica per antonomasia.
Una situazione che se non riguardasse scelte importantissime sul futuro del nostro intero Paese, e del Sud in particolare, sarebbe tra il comico ed il grottesco.
Quanto è accaduto è la prova oggettiva e certificata ai massimi livelli politici ed amministrativi che tutta la storia del rilancio del Ponte di Messina è un colossale bluff in quanto mancante, a parte ogni considerazione di merito sulla effettiva utilità ed urgenza dell’opera, dell’elemento fondamentale per la sua realizzazione, ovverosia la copertura finanziaria. Si ripete ora, dopo il balletto degli ex fondi Fintecna originariamente destinati alla Calabria ed alla Sicilia, e finiti a coprire la detassazione dell’Ici, in particolare al Nord, un ulteriore scippo a spese del Sud : non si realizzano le opere “normali” veramente urgenti, per concentrare tutto l’impegno propagandistico in quella “eccezionale” costituita dal Ponte, che poi rimane puntualmente sulla carta o, al massimo, in qualche bel plastico da esibire in qualche serata nello studio di Vespa.
Un modo di trattare gli italiani del Sud indegno e vergognoso, accora di più aggravato da una campagna di stampa che oggi stesso, su indicazione governativa, nonostante quello che è successo al Cipe, continua a descrivere l’opera come “finanziata “ e in “avviamento”: un comportamento assolutamente inqualificabile completamente smentito ai fatti.
La Regione sta facendo tutto il possibile per contrastare questa politica ai danni dei calabresi.
Il sottoscritto, durante la riunione, ha ricordato come il governo regionale abbia da tempo cercato il dialogo con il governo nazionale nella importantissima materia delle infrastrutture per la mobilità e lo sviluppo, esprimendo chiaramente di ritenere la costruzione del Ponte non prioritaria rispetto ad altre più impellenti esigenze del territorio calabrese.
Ho anche ribadito che la Giunta non riteneva legittime le decisioni assunte in merito alla costruzione del Ponte, prese senza considerare il dissenso della Calabria, e che per questo motivo aveva attivato ricorso presso la Corte Costituzionale. Ma sinceramente pensavo che si sarebbe affrontato l’argomento in maniera seria e non mi sarei aspettato di assistere ad una farsa, con un governo che da solo distruggeva con una mano quello che cercava di fare con l’altra.
Su quel che è successo si possono trarre numerose considerazioni.
Le prime di lettura politica : oramai occorre prendere atto che le scelte strategiche di governo vengono definite dal duo Tremonti – Bossi e che a Berlusconi è lasciato un ruolo di pura immagine. Non si può spiegare diversamente come la realizzazione dell’opera su cui il presidente ha messo la propria faccia, e questo è inoppugnabile, sia stata rimandata sine die dal suo ministro dell’Economia senza che all’interno del Cipe nessun ministro, e Berlusconi per primo, abbia palesato la minima rimostranza.
Così come è fin troppo evidente la ragione per cui oramai tutto lo sforzo di ammodernamento del Paese si sia concentrato nella Pianura Padana, ed in Lombardia in particolare. I dati che ho esposto sono talmente eloquenti che non meritano alcun commento.
Vorrei finire con un’ulteriore dimostrazione di come con questo governo la distanza tra Nord e Sud è destinata inesorabilmente ad aumentare. Come prima ho ricordato, una delle opere approvate dal Cipe è il primo lotto della nuova linea AV/AC tra Genova e Milano, che comprende la nuova galleria del Terzo Valico dei Giovi. Per tale intervento sono stati stanziati fondi reali per 500 milioni di euro, a fronte dell’importo complessivo dell’intera tratta di 5.440 milioni di euro. Basta leggere la presentazione del Cipe su questo primo intervento per scoprire che essa è definito “prima fase costruttiva non funzionale”. Ossia sono soldi che servono unicamente ad iniziare la costruzione di un’opera ben più grande ed impegnativa, che poi si sarà costretti a continuare, a scapito degli investimenti già in corso da tempo e di riscontrata maggiore urgenza.
La scelta del Governo, in altri termini, non è stata quella di cercare di completare il finanziamento di infrastrutture strategiche quali l’autostrada Salerno – Reggio Calabria, sul corridoio di valenza europea Berlino-Palermo, lo stesso del Ponte, ancora ben lungi dall’essere stata portata ad un decoroso standard di funzionalità, ma aprire altri fronti , guarda caso proprio al Nord. E così mentre in Calabria il servizio ferroviario ha raggiunto livelli che sarebbe eufemistico definire da terzo mondo, si inizia a realizzare un nuovo collegamento Alta velocità e Alta capacità (che vuol dire trasporto delle merci), sempre al Nord. Collegamento che, sempre guarda caso, rilancia potentemente il ruolo di Genova come terminale marittimo. Mi viene da pensare che qualcuno consideri il fatto che Gioia Tauro sia il principale porto italiano di container come una fastidiosa anomalia da eliminare al più presto, riportando direttamente a Nord i flussi internazionali che oggi utilizzano la Calabria come punto di attracco. Con buona pace di ogni programma di sviluppo basato proprio sull’esistenza di tali flussi e sulle ricadute logistiche e produttive che sarebbero capaci di generare localmente.
Un quadro inquietante perché non una sola possibilità di crescita è offerta in questo momento al nostro territorio. Una situazione che dovrebbe essere chiara a tutti i politici che rappresentano il sud, e la Calabria in particolare, i quali dovrebbero prendere coscienza che quanto sta accadendo mina alla radice ogni possibilità di ripresa del nostro sistema socioeconomico, ed assumere conseguentemente una posizione critica e combattiva al riguardo.
Voglio sperare che anche i politici di centrodestra siano in grado di percepire la necessità e l’urgenza di contrastare con forza la politica smaccatamente nordista ispirata dalla Lega e non mostrarsi acquiescenti a delle scelte di lungo periodo destinate a condannare il sud al sottosviluppo, in cambio di qualche poltrona, presumibilmente modesta.
*assessore regionale
ai Lavori pubblici

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