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di ROSSELLA MONTEMURRO
NELL’unità di Anatomia Patologica dell’ospedale Madonna delle Grazie, lavora un pool multidisciplinare composto da archeologi, antropologi, medici legali, odontoiatri e radiologi per indagare sulla storia di uno scheletro del Neolitico rinvenuto un anno fa in località Barricelle di Marsico Vetere (Potenza), durante i lavori di scavo per un oleodotto. Il reperto, prelevato dal dottor Aldo Di Fazio (responsabile della Unità di Medicina Legale dell’Azienda sanitaria di Matera), era stato trovato accanto ad un altro scheletro già esaminato nelle scorse settimane nell’ateneo barese. I resti, , di sesso maschile, sono sottoposti ad analisi di antropologia forense e ad esami di Tomografia assiale computerizzata (Tac). Per l’Individuo A (così è stato denominato il secondo scheletro), tra i 22 e i 24 anni, i professionisti coordinati da Di Fazio con esperti della Soprintendenza per i Beni archeologici della Basilicata e del professor Francesco Introna (direttore della Scuola di Specializzazione di medicina legale dell’Università di Bari) hanno lavorato solo sul cranio, sul rachide e sul bacino: «In questa fase – spiega Di Fazio – è emerso che le vertebre, soprattutto le cervicali, sono di dimensioni ridotte, come se questo soggetto avesse una grossa testa e un grosso bacino. Non è un fattore patologico ma legato ai cambiamenti che si sono verificati». Le prime indagini genetiche sono già state effettuate: «Saranno necessari ancora alcuni mesi di lavoro ma alla fine potremo dare un quadro completo di tutti gli elementi. Per rimuovere gli scheletri – aggiunge – abbiamo usato una tecnica particolare, prelevandoli con la terra che li circondava. In precedenza era stato effettuato un rilievo laser del sito che consentirà dileggere il tracciato, ricreando la sede del rinvenimento. Un po’ come accaduto per la “Donna di Ostuni”: un calco in resina che viene prodotto dalle macchine che trasformano in plastilina la lettura laser. Questi scheletri erano fragilissimi e conglobati in un terreno argilloso: per evitare di romperli abbiamo fatto uno scavo, una colata di gesso e li abbiamo portati via come se fossero dentro un quadro».
Un “prelievo sul campo” che risale allo scorso anno: «I due scheletri – sottolinea il dottor Di Fazio – furono portati entrambi al museo Ridola di Matera. Il primo, l’Individuo B, lo abbiamo studiato a Bari perché nell’ospedale di Matera non era ancora disponibile la Tac. Il mio obiettivo era poter studiare lo scheletro in loco e far leva sulle nostre professionalità. In particolare, stanno collaborando il dottor Andrea Molino, la dottoressa Maria Antonietta Bruno di Anatomia patologica, il dottor Michele Nardella e Claudia Lopez della Radiologia dell’ospedale Madonna delle Grazie di Matera». Entro il 15 dicembre dovrebbero essere pronti i risultati degli esami: «Si sta prolungando l’analisi del Dna perché non riusciamo ad ottenere risultati validi. Quando passa molto tempo la degradazione del Dna rende molto difficile trovarlo».

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