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L’ex presidente della Giunta regionale calabrese, ed ex legale rappresentante dell’Ufficio del commissario per l’emergenza ambientale, Giuseppe Chiaravalloti (in foto), ha chiesto di essere interrogato a seguito dell’avviso di conclusione dell’inchiesta «Poseidone», relativa a presunti illeciti connessi al settore della depurazione, emesso a carico suo e di altre 39 persone a metà settembre. Oltre a Chiaravalloti, che nei prossimi giorni comparirà in Procura, un altro indagato ha chiesto di essere sentito, ed il suo interrogatorio si è già tenuto davanti al sostituto procuratore della Repubblica Paolo Petrolo, cui le indagini sono coassegnate assieme al procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli.
Entrambi sono citati nell’avviso di conclusione delle indagini relativamente ad un’ipotesi di tentata turbata libertà degli incanti contestata anche a due imprenditori, Santo Lico e Vincenzo Restuccia, e poi Claudio Decembrini, resposabile unico del procedimento, e poi Giuseppe Mazzitello, Giovanni Angotti, Salvatore Russetti, Romano Agostini, Antonio Caliò, quali componenti della commissione aggiudicatrice per l’affidamento dell’appalto per la «concessione di costruzione e gestione dei lavori di realizzazione di un nuovo impianto di depurazione nel comune di Catanzaro, loc. Catanzaro Lido, e realizzazione di vari collettori fognari, dell’importo a base d’asta di euro 13. 326.653,36 + Iva, mediante licitazione privata».
Tutti, secondo le accuse, sarebbero stati avvinti da un «accordo collusivo» che li avrebbe portati a tentare di alterare la regolarità della gara, e ad influenzarne il risultato, garantendone l’aggiudicazione all’Ati Restuccia-Lico-Cer. In base al presunto accordo illecito, sempre stando alle accuse, la commissione giudicatrice, nominata da Chiaravalloti, avrebbe omesso di escludere dalla gara l’Ati Restuccia-Lico-Cer, pur se questa non aveva inserito nel relativo plico l’elaborato relativo al costo di gestione del nuovo impianto; nonostante si fosse discostata dalle prescrizioni del capitolato prestazionale di gara; e sebbene la polizza fideiussoria prodotta fosse pari ad un importo garantito di euro 1.452.000, contrariamente a quanto previsto nel bando di gara. La vicenda viene indicata dagli inquirenti a riscontro di una delle principali ipotesi d’accusa formulate nell’ambito dell’inchiesta «Poseidone», e cioè che gli imprenditori Santo Lico e Vincenzo Restuccia sarebbero stati ingiustamente favoriti nell’assegnazione di lavori nel settore della depurazione. Proprio ai due imprenditori ed a Chiaravalloti, infatti, nell’avviso di conclusione delle indagini è contestata anche l’associazione a delinquere, assieme a Giovambattista Papello e Claudio Decembrini, per aver svolto entrambi funzioni di resposabile unico del procedimento. Si tratta allo stato di mere ipotesi d’accusa tutte da verificare, e rispetto alle quali ora Chiaravalloti, affiancato dai suoi avvocati Armando Veneto, Francesco Scalzi, Raffaele Mirigliani ed Enzo Fusco, potrà dire la sua, nel tentativo di smontarle una ad una.

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