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di LUIGI M. LOMBARDI SATRIANI
Prime piogge, primi temporali, prime alluvioni, dopo un’estate e un inizio di autunno prevalentemente caratterizzati da bel tempo, anche se le nostre spiagge sono da settimane deserte di turisti. Puntuali con i primi temporali e le prime alluvioni i primi disastri ambientali, paesi isolati, vittime (i ventiquattro morti e la quarantina di dispersi di Messina), intere zone devastate in un territorio fortemente a rischio geologico, sistema delle comunicazioni, paralisi più o meno totale. Sarà Messina, sarà Corigliano come nei giorni scorsi, sarà uno dei tanti nostri splendidi paesi che hanno soltanto la colpa storica di essere stati e di essere malgovernati da un ceto politico inadeguato e irresponsabile. Il singolo temporale, il singolo paese isolato, la singola alluvione fanno scattare l’emergenza, provvedimenti adeguati per risolverli; passato il momento eccezionale tutto ritorna nello status quo ante, nella colpevole inerzia nella quale noi meridionali evidentemente amiamo crogiolarci, sino al prossimo temporale, al prossimo paese isolato, alla prossima alluvione, che faranno scattare una nuova emergenza con la liturgia di cui si è detto e che con sistematica ripetitività tornerà a dispiegarsi nella nostra vita associata, compresa la narcisistica esposizione del presidente del Consiglio che ha già promesso ricostruzioni di case utilizzando, come già fatto per il terremoto in Abruzzo, il disastro per tentare di restaurare la propria immagine così gravemente compromessa soprattutto al livello internazionale. Si tratta quasi sempre di disastri annunciati. Nel nostro Paese ci sono 1.700 Comuni a rischio frane, 1.285 Comuni a rischio alluvione e 2.596 Comuni a rischio sia di frane che di alluvioni. Una classifica guidata da Calabria, Umbria, Val d’Aosta, Marche e Toscana. Nel 42% dei Comuni non viene svolta la manutenzione dei corsi d’acqua e delle opere idrauliche. Nonostante ciò, come rileva Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legambiente, “possiamo continuare a varare piani casa che puntano sulla quantità invece che sulla qualità e sulla sicurezza e assistere così al progressivo aumento del rischio che si concentrerà sulle regioni meridionali, meno abituate a progettare le difese contro le inondazioni”. Notevoli le colpe governative. Non a caso negli ultimi due anni gli stanziamenti governativi per l’assetto idrogeologico hanno subito un calo inquietante: nel 2008 erano 510 milioni di euro, nel 2009 sono scesi a 269, il prossimo anno saranno 120 e nel 2011 precipiteranno a 93. Ma anche i Comuni partecipano a questa disinvolta irresponsabilità. Il 77% dei Comuni censiti nell’analisi della Protezione civile ha nel proprio territorio case e aree a rischio frana o alluvione e solo un Municipio su 20 ha cominciato a eliminarle dando un’alternativa a chi le abita. Nel 42% dei Comuni non viene svolta regolarmente la manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua e delle opere di difesa idraulica. Per quanto riguarda la nostra regione si può ricordare, fra le sciagure meno recenti, quella provocata dal torrente Esaro che a Crotone provocò sei morti nel 1996. Con la ricostruzione si sono realizzati nuovi edifici nelle aree colpite; tra questi anche la caserma dei vigili del fuoco. Non possiamo dunque, riprendendo l’alto monito del presidente della Repubblica a Rionero del Vulture, patria di Giustino Fortunato, “nascondere inefficienze dietro la denuncia delle responsabilità altrui, soprattutto dello Stato”. Il Mezzogiorno soffre della marginalità e della disattenzione da parte del governo e degli organi centrali dello Stato, ma tale denuncia, con le parole di Giorgio Napolitano, “non può coprire le responsabilità di quanti si sono nel corso di lunghi anni avvicendati nella guida delle regioni meridionali”. Il bilancio complessivo delle amministrazioni del Sud “fa dubitare delle classi dirigenti meridionali”. Ma deve andare per forza così? I nostri amministratori non possono fare lo sforzo di prevedere quanto avverrà con sistematica frequenza in modo da diminuirne l’impatto, attenuare il più possibile gli effetti della tragedia, l’isolamento, l’emergenza? È proprio impossibile prevedere che d’inverno piova e che su un territorio già così mal messo quale il nostro la pioggia tenda a provocare disastri? Già tempo fa Giustino Fortunato ha definito le nostre regioni meridionali uno “sfasciume pendulo sul mare” e c’è da aggiungere che con il trascorrere del tempo lo “sfasciume” del territorio del Sud è aumentato a dismisura grazie all’indifferenza, quando non all’irresponsabilità degli amministratori. Per quanta riguarda il nostro territorio, prima che si verifichi un’altra emergenza avanzerei sommessamente qualche proposta. In primo luogo da parte della Regione Calabria e, a seguire, da parte di ogni Provincia, di ogni Comunità Montana, di ogni Comune, si proceda a un’accurata mappa del proprio territorio con l’individuazione di tutte le zone che richiedono interventi di tutela da qualsiasi tipo di rischio geologico o ambientale. Lo stesso per quanto riguarda le strade che nella nostra regione sono spesso impervie, disagevoli e, quasi sempre, prive delle necessarie indicazioni, per cui nei nostri innumerevoli bivi o quadrivi rischia di non perdersi solo chi già sa quale strada debba scegliere. Ovviamente, sarà necessario predisporre accuratamente il preventivo delle spese necessarie per questa gigantesca “operazione sicurezza”. Già anni fa, durante la Giunta Chiaravalloti, l’assessore del tempo Misiti aveva iniziato tale messa in sicurezza del territorio e in tal senso si espresse con noi che, quale delegazione di parlamentari calabresi della Commissione Ambiente del Senato, ampliata anche a me componente della Commissione Cultura, e coordinata da Massimo Veltri, eravamo impegnati in un sopralluogo conoscitivo sulle nostre coste jioniche, all’indomani della tragedia di Soverato del settembre 2000 nella quale, come ricordiamo, persero la vita in un camping privo delle previste autorizzazioni numerose persone, molte delle quali disabili. Non sembra che da allora si siano fatti molti passi avanti, né tali passi avanti sono stati fatti dopo la frana di Cavallerizzo nel comune di Cerzeto nel 2005 che provocò di fatto la scomparsa della frazione, né nei tre anni e tre mesi successivi all’alluvione di Bivona, Longobardi, Portosalvo, frazioni di Vibo Valentia, che provocò nel luglio 2006 quattro vittime e danni notevolissimi al territorio a tutt’oggi non risarciti, nonostante le solite demagogiche dichiarazioni pronunciate da tutti i nostri rappresentanti istituzionali. È indispensabile che la messa in sicurezza del nostro territorio sia dichiarata “emergenza nazionale” e che la Regione richieda l’intervento adeguato del governo. Tale richiesta deve essere avanzata nella sede istituzionale della Conferenza Stato-Regioni. Occorre preliminarmente che la Regione Calabria coinvolga nella presentazione di tale dossier tutti i parlamentari calabresi, a partire da quelli che sostengono l’attuale governo e assistono impotenti e di fatto silenziosi alla sua deriva politica antimeridionale. Tale deriva consegna all’attuale governo, quale che sia l’immaginazione delirante al riguardo dell’attuale presidente del Consiglio, il primato negativo dell’essere il peggiore governo della storia del nostro Paese negli ultimi 150 anni della sua vita. Compiuti questi passi si potranno coinvolgere tutti gli altri componenti della società civile, compresi quanti non sono disposti a prostrarsi riverenti dinanzi a Berlusconi, totalmente consenzienti con le sue affermazioni, le sue decisioni, i suoi desideri, le sue bizzarrie, i suoi capricci. Quanti di noi, cioè, che, nella sua somma eleganza istituzionale il Presidente del Consiglio denomina “farabutti”.
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