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di PARIDE LEPORACE
Egregio presidente della Repubblica
nel darle il benvenuto in Basilicata in occasione della sua visita ritengo doveroso esprimere il nostro pensiero su quello che rappresenta questo viaggio. Siamo stati i primi a legare questo avvenimento alla visita istituzionale che un secolo fa effettuò in altre condizioni storiche il presidente del Consiglio, Giuseppe Zanardelli, e ci fa piacere vedere che quel legame ideale è diventato senso comune.
Il nostro giornale ha come bussola di riferimento la Costituzione e il meridionalismo. E’ per noi quindi facile rivolgerci al Capo dello Stato che fin da giovane lavorava alla sua tesi di laurea sul mancato sviluppo industriale delle nostre terre passando poi a collaborare con la rivista “Cronache meridionali”. Noi siamo tra coloro che hanno consapevolezza di come il Meridione divenne una questione che resta ancora in piedi in un dibattito politico spesso farsesco che umilia e offende i lucani e i popoli a noi vicini.
Noi siamo quelli che non vorremmo finanziamenti per appalti inutili che hanno permesso una rete invincibile di consenso per il cattivo governo locale. La Basilicata nel Sud è stata più virtuosa di altre regioni e può essere un esempio per le altre, ma questo non basta, perché anche qui registriamo l’inizio di una separazione tra le rappresentanze politiche e gli innovatori, i giovani, la buona imprenditoria.
Tra quelli che scrivono siamo in molti a sostenere che di un partito del Sud oggi non c’è bisogno ma serve invece un governo nazionale. Attualmente vince una strategia del silenzio dove il balbettio di governanti e oppositori alimenta solo politica dello spettacolo e degli annunci.
Sappiamo bene che a noi spetta di ben fare migliorando il contesto civile e riducendo il gap di deficienza e offerta della pubblica amministrazione. La Basilicata che nel Sud è virtuosa deve essere capace di diventarlo ancora di più. Ai nostri statisti spetta il compito di riordinare il sistema degli incentivi e compiere un’analisi rigorosa delle finanze da destinare al riequilibrio tra Sud e Nord, non avendo lenti strabiche e ideologiche.
Lei arriva in una regione che non ha un aeroporto, che ha gli stessi orari ferroviari del secolo scorso e percorre strade affascinanti ma lontane dai corridoi europei che saltano la nostra dorsale. Non possiamo pagare la crisi economica due o tre volte.
Anche la nostra istruzione va tutelata. Il nostro sistema scolastico, anche per nostre tare, è inferiore a quello del Nord. Uno studio dell’università di Shanghai registra solo tre atenei meridionali tra i primi venti italiani che già non brillano nel panorama globale. Le nostre migliori menti vanno via dalla Basilicata e dal Sud. Non hanno futuro in paesi che invecchiano giorno dopo giorno. Lei sa che dal 1876 al 1976 sono emigrati circa 27 milioni di italiani all’estero. Molti erano meridionali e lucani. E’ un fenomeno che continua in forme nuove e moderne che vorremmo poter governare dando almeno opportunità di scelta. Un tempo questi problemi non erano solo dell’agenda italiana ma anche di quella europea. Da quando sono entrati nuovi paesi nell’Unione del nostro Sud non si parla più né a Roma e né a Bruxelles. Sappiamo che la vicenda italiana non è solitaria ma è molto simile a quella della Spagna e del Belgio che hanno squilibri simili. Siamo consapevoli che si è veramente europei nella misura in cu si è meridionalisti. Abbiamo fiducia che Lei non dimentichi la centralità del Sud e della Basilicata. Per evitare che vinca quella divisione dell’Italia su cui Leonardo Sciascia ci ha lasciato una splendida metafora nel suo “Candido”: « a Torino il nord e il sud vi si agitavano, pazzamente cercavano di evitarsi e al tempo stesso di colpirsi…erano come due scorpioni nella bottiglia». Noi, presidente, quella bottiglia vorremmo romperla.
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