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di SANTE CASELLA
Assistiamo da molto tempo – senza esserne sbigottiti – a continue diatribe sulle disfunzioni della sanità calabrese ed al solito gioco dello scarica-barile circa le responsabilità politiche e gestionali, che hanno portato al deficit di un miliardo e 700 milioni di euro. Diatribe e scarica-barile non cancellano, tuttavia, i mali che affliggono il Servizio sanitario che sono: 1- vistose carenze della medicina del territorio, dal medico curante, all’assistenza specialistica e di primo livello; 2- carenza di strutture ed attrezzature moderne; 3- frequenti casi di malasanità; 4 – emigrazione di pazienti verso regioni del centro-nord meglio attrezzate; 5- carenza di strutture ospedaliere d’eccellenza (in primis cardiochirurgia) . Le negatività giustificano l’intervento del Governo centrale sia con commissariamenti (Governo Prodi) sia con richiesta perentoria (Governo Berlusconi) di un piano di rientro dal deficit. Deficit che, in buona parte è dovuto a sprechi di ogni tipo, non più compatibili con le risorse disponibili. Giova rilevare che il fallimento della sanità regionale non può mettere in discussione la professionalità, la competenza e la disponibilità di gran parte del personale medico, infermieristico e tecnico, che, però, avrebbe bisogno di un’organizzazione migliore, di strutture e attrezzature adeguate e, soprattutto, di criteri di gestione delle risorse umane basati sulla meritocrazia, che negli anni è stata soppiantata dal clientelismo e/o da metodi premianti l’appartenenza o subordinazione ai mestieranti della politica e del potere di turno, che, trasversalmente ai partiti, imperversano da tempo nella sanità. Mentre la legislatura volge al termine (nel mese di maggio prossimo si voterà per rinnovare il consiglio regionale) prendiamo atto che il piano della salute 2007-2010 non è stato “partorito” né si sono adottate misure per la razionalizzazione degli ospedali zonali (spesso doppioni costosi) né si è fatta decollare la medicina sul territorio con un’organizzazione funzionante dell’assistenza di primo livello,capace di limitare tanti ricoveri non appropriati. Nonostante il quadro negativo sopra accennato, la cui responsabilità ricade interamente sulla classe politica, recentemente si intravedono alcune proposte serie degne di menzione. Ci riferiamo al piano di rientro predisposto dalla Giunta regionale, che prevede la riconversione ed utilizzazione di molti ospedali periferici, e alla proposta di legge del neo consigliere regionale e deputato Laratta, che prevede una gestione sanitaria regionale e aziendale, che mette fuori la politica e i politicanti. Infatti, il Consiglio regionale fisserebbe le linee di fondo della politica sanitaria, mentre la gestione esecutiva sarebbe affidata a tecnici di valore prescelti tenendo conto di titoli e meriti. Ovviamente si tratta di una proposta di legge che dovrà essere approvata – si spera presto – dal Consiglio regionale. Condivisibile, infine, l’analisi critica obiettiva di Franco Boncompagni, stimato cardiologo ospedaliero e responsabile sanità del PD di Cosenza (v. intervento pubblicato sul Quotidiano del 24.09.09). Per quanto ci riguarda, come modesti conoscitori della realtà sociosanitaria, è da tempi non sospetti che andiamo proponendo una gestione sganciata dai partiti e dai mestieranti. Per una radicale inversione di tendenza. Tenendo conto che la sanità non doveva e non puo’ essere politicizzata, perché la salute non ha colore, ma dev’essere tutelata per come prevede l’art 32 della Costituzione e la Legge di riforma sanitaria, n. 833 del 1978.
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