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di ENRICO VACCARO
Il miglioramento del sistema sanitario calabrese non può essere raggiunto concentrandosi solo in una direzione o focalizzando un unico aspetto. È pur vero che sulla sanità non è tempo di “innescare equivoci e speculazioni che non hanno ragione d’essere”, ma come calabresi dobbiamo pretendere da chi guida la Regione che si definisca, tramite il 3° piano sanitario, quali sono gli obiettivi da perseguire nel triennio 2009-2011, come intende tutelare il diritto della salute. La Regione Calabria sulla scia di altre regioni ha ritenuto opportuno rivoluzionare, modificare, trasformare l’organizzazione del sistema sanitario regionale riducendo il numero della aziende sanitarie. È opportuno chiedersi, a due anni dall’accorpamento delle ASL, quali sono i risultati raggiunti sulla sicurezza, sull’efficacia, sulla centralità del paziente, sulla tempestività, sull’efficienza, sull’equità e sulla riduzione della spesa in un settore che assorbe il 47 percento delle risorse del bilancio regionale. Così come c’è da chiedersi quali azioni gestionali e direzionali sono state rese esecutive in applicazione ed in coerenza con i contenuti del 2° piano sanitario regionale per cercare di migliorare la formazione e la qualità dei professionisti, l’uso delle risorse, la gestione del rischio, la soddisfazione dei pazienti. Inoltre è opportuno chiedersi se è stata avviata un reale rete sanitaria per integrare tutti i determinanti del governo clinico. Così come sarebbe interessante poter sapere se sono stati resi esecutivi ed operanti: l’approccio integrato alla formazione continua; la gestione del rischio clinico; l’audit clinico; la corretta gestione degli esiti finali; la gestione dei reclami e dei contenziosi; il coinvolgimento dei pazienti; la valutazione del personale. E infine se è stato avviato un efficace coordinamento dell’atto medico per la gestione dell’intero corso della diagnosi e cura, per lo sviluppo di un comportamento clinico – assistenziale basato sull’evidenza e sulla misurazione degli esiti, sulla gestione del rischio clinico, per l’adozione di linee guida e di protocolli diagonistico-terapeutici, per il coinvolgimento del paziente, per una informazione corretta e trasparente. È pur vero che “se tutto il potere è nelle mani dei dg, che sono chiamati al rispetto di procedure e contratti”, è anche opportuno chiedere a chi li ha nominati se in tutte le aziende sanitarie, ospedaliere, universitarie i direttori generali che si sono succeduti dal 1995 ad oggi, hanno avviato comportamenti virtuosi, adeguato i livelli di conoscenza, valorizzato le specifiche competenze. Tutto ciò per avere la certezza che, come calabresi, usufruiamo di un sistema sanitario che eroga prestazioni di qualità che producono effetti e soprattutto determinano esiti positivi sullo stato di salute individuale e collettivo. La Regione Calabria, con atto di Giunta n. 585 del 10 settembre 2009 ha redatto il “Piano di razionalizzazione e riqualificazione del servizio sanitario” individuando 9 obiettivi generali, 22 specifici, 49 operativi e 89 azioni-interventi; il tutto per “riportare il cittadino al centro del sistema sanitario sfruttando in maniera mirata le risorse che ha a disposizione” e per tentare di sanare il deficit sanitario. Un piano di rientro che imporrà a tutti i cittadini calabresi notevoli sacrifici economici, leggi ticket, aumento delle accise, dell’Irpef e dell’Irap, già in atto. Nel 2001 il Governo pro tempore tramite il primo Patto per la Salute decise di azzerare i debiti sanitari in tutte le regioni italiane. La Calabria, l’Abruzzo, il Molise, la Campania, la Sicilia oggi, nel 2009, si vedono costrette, per mantenere un proprio servizio sanitario, a redigere Piani di Rientro tramite i quali devono indicare come intendono risanare i conti negativi della sanità entro il prossimo triennio. La Calabria è chiamata, una volta che sarà reso esecutivo detto piano, ad assumersi sia la piena responsabilità dei costi che il compito politico-direzionale di definire standard di qualità per l’erogazione di prestazioni appropriati ed adeguati nelle 5 aziende sanitarie provinciali, nelle tre aziende ospedaliere, nell’azienda universitaria. La Calabria è stata valutata negativamente per i debiti accumulati negli anni 2001, 2005, 2006, 2007, 2008. E nonostante i contatti mantenuti con le Amministrazioni dello Stato ancora non è stato possibile sottoscrivere un Accordo Istituzionale per come previsto dalle leggi finanziarie statali sulle azioni da avviare per contenere ed azzerare il deficit del sistema sanità. Ciò nonostante il presidente della giunta regionale a più riprese ha affermato che le continue esternazioni negative sui conti del sistema sanitario calabrese da parte di ministri dell’attuale Governo violano il principio della leale collaborazione tra Stato e Regioni per come previsto dalla Costituzione. Appare evidente che esiste una diatriba culturale tra il Presidente della Regione Calabria e il Governo su come intervenire per risolvere il deficit sanitario che è pari a 2,1 miliardi di euro. La Regione Calabria ha licenziato un piano di rientro a cui hanno collaborato il Dipartimento della salute, gli Esperti dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, l’Advisor Kpmg. Tale piano di razionalizzazione e riqualificazione ha individuato: 169 obiettivi tra generali, specifici, operativi e azioni-inteventi per il rientro dai disavanzi che dovranno essere messi a regime in un triennio. Ad ogni singolo direttore generale è richiesto di attivarsi per raggiungere un preciso obiettivo: mettere un freno alle spese di gestione di ogni singola Asp. Un piano di rientro che, in un triennio, dovrà avviare la ristrutturazione della rete ospedaliera pubblica e privata, rendere efficace l’attività di monitoraggio e controllo amministrativo-gestionale della produzione sanitaria. L’augurio è che i calabresi pur in presenza “dell’emergenza socio-sanitaria nella Regione” possano continuare ad avere assicurato, dopo la sottoscrizione dell’accordo con il ministero dell’Economia e con quello della Salute, per i prossimi tre anni, il diritto alla salute.
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