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di PARIDE LEPORACE
Il ritrovamento del relitto a largo di Cetraro ha fatto tornare a galla numerose vicende che partono dalla Basilicata e si diramano in tutto il mondo. Proviamo a fornirvi una sorta di atlante e fatti necessari al lettore lucano per avere strumenti di conoscenza approfonditi in un ordito dove verità e depistaggi spesso s’intersecano.
LA VICENDA LUCANA
La procura distrettuale di Potenza apre il procedimento nei confronti di diverse persone a seguito di un fascicolo ricevuto dalla procura di Matera che si era originato da una sentenza del novembre 1998 firmata dal pretore di Matera, sezione di Rotondella. Il 28 dicembre del 1999 vengono ufficialmente indagati Giuseppe Orsenigo, Raffaele Simonetta, Bruno Dello Vicario, Giuseppe Lapolla, Giuseppe Spagna, Giuseppe Rolandi, Tommaso Candelieri, Giuseppe Lippolis. Sono dirigenti dell’Enea di Rotondella. Il 27 marzo del 2004 la procura distrettuale di Potenza aggiunge i nomi del livello criminale: Francesco Fonti, Giuseppe Arcadi, Giuseppe Musitano ed altre persone da identificare. Musitano è stato ucciso in un agguato mafioso a Reggio Calabria. Da circa un anno la Dda lucana ha aperto un procedimento contro sette persone. Pende al gip una richiesta di archiviazione presentata dal sostituto della Dda, Francesco Basentini.
TESTIMONI E COMPARSE DEL NUCLEARE A ROTONDELLA
Luciano D’Adamo è un guardiano del Centro Enea dipendente di un istituto di vigilanza. Nel settembre del 1999 nel corso di un’immersione subacquea al termine della condotta al mare del Centro di Rotondella ha notato il versamento di un liquido chiaro ed oleoso. Registrerà uno strano fastidio alle labbra nelle successive due settimane. Il titolare dell’impresa di pulizie del centro e l’ingegnere Simonetta hanno invece parlato di contaminazione del terreno. Un altro guardiano, Carmine Stigliani, avrebbe invece consegnato ad Alfonso Galotta, cognato di Mario Di Matteo, ex sindaco di Rotondella, dei permessi per accesso-uscita dall’Enea. Poi c’è un camionista che si chiama Giuseppe Bianco. Che ha effettuato dei trasporti di uranio verso il lido di Rotondella. Ha consegnato la merce a delle persone che viaggiano su un camion diretto a Marsiglia. Tutte queste notizie sono state fornite da una fonte confidenziale ai carabinieri che hanno redatto un’informativa. I militari hanno avuto anche la fotocopia di un biglietto d’ingresso e di un documento di trasporto di materiale radioattivo relativo al trasporto di 1900 chilogrammi di cesio e plutonio effettuato il 21 settembre e il 4 ottobre 1994 dalla ditta “Mit Nucleare” di Garugate e dal Centro Enea di Saluggia al Centro di Rotondella. La regolarità di questo viaggio è molto sospetta.
IL PESCHERECCIO AFFONDATO A METAPONTO
Si parla di una nave affondata nel mare lucano già in questa informativa del 17 aprile del 2000. A cento metri di profondità, a qualche chilometro dalla costa, in corrispondenza dell’idrovora di Policoro-Rotondella, esisterebbe un peschereccio affondato carico di fusti dell’Enea. Il pentito Fonti in un colloquio con il pm della Dda calabrese, Vincenzo Luberto, aveva indicato nello stesso tratto di mare il punto di una nave a perdere. In un’intervista all’Espresso il faccendiere dei veleni ha recentemente indicato un altro punto della costa calabrese, dicendo di aver depistato.
USTICA
Sempre nell’informativa lucana del 2000 si ipotizza che «Il disastro del Dc9 di Ustica era avvenuto a causa di traffici di uranio con paesi mediorientali e per volontà degli Usa». La questione è strettamente connessa al Centro Enea di Rotondella usata come vetrina di materiale nucleare da vendere a paesi come la Libia. E’ una tesi ritenuta attendibile da molti esperti.
ANGELO CHIMIENTI L’AMBIENTALISTA LUCANO CHE SAPEVA MOLTO
Nato a Pisticci e residente a Chiaromonte. Consulente del pm Pace e della Dda di Potenza dopo aver ricevuto numerose denunce per diffamazione da parte dell’Enea. Aveva raccolto 21 faldoni che sono ancora coperti dal segreto di Stato. Purtroppo Chimienti è morto. Ha indicato molte piste ai magistrati che non si voltavano dall’altra parte. Nei suoi verbali si trova scritto che i tecnici della Trisaia andavano spesso nell’Irak di Saddam Hussein. E’ stato in stretto contatto con il giornalista investigativo di Panorama, Giacomo Amadori. Ha anche consegnato ai magistrati il cifrario segreto dei materiali di Rotondella. E’ stato uno dei primi ad intuire che il sito unico delle scorie sarebbe stato indicato in Basilicata a Scanzano.
A REGGIO CALABRIA L’INCHIESTA MADRE SULLE NAVI
La prima inchiesta sui rifiuti tossici fu archiviata a Reggio Calabria nel 2000. Le indagini del pm Francesco Neri sulla ricerca della Rigel affondata a Capo Spartivento e della Jolly Rosso spiaggiata ad Amantea non avevano trovato i riscontri necessari. Per la ricerca della Rigel c’è stata la consulenza tecnica del dottor Scaramella oggi noto per essere stato coinvolto nell’avvelenamento dell’ex spia russa Litvinenko.
GUIDO GARELLI
Guido Garelli, uno “007” abituato a muoversi con disinvoltura sullo scacchiere internazionale, con passato avventuroso. Garelli sostiene di aver lavorato soprattutto per l’intelligence dell’Autorità territoriale del Sahara (l’area che da anni punta a staccarsi dal Marocco, amministrata dal Fronte Polisario), ma da molti è considerato organico ai servizi segreti statunitensi e italiani. Ha parlato molto del caso Alpi. E’ teste di raffronto con le tesi di Fonti. Il suo referente è il colonnello dei carabinieri Pietro Gentili che in seguito diventerà responsabile della sicurezza del villaggio Marinagri di Policoro, venendo coinvolto nella vicenda “Toghe lucane”. Ma torniamo a Garelli che interrogato il 17 marzo del 2003 dichiarava a verbale che la Trisaia di Rotondella era la vetrina per chi doveva prelevare il materiale che veniva qui esposto per una sorta di outlet atomico. Si sarebbe trattato di uranio depleto, che ritrattato serve a costruire le bombe. Clienti principali Irak e paesi arabi. Il tutto con l’assenso dei governi italiani. Fonti e Garelli che hanno avuto frequentazioni carcerarie comuni sostengono tesi concordanti. Indicano la Somalia come discarica radiattiva italiana in base ai buoni rapporti tra Craxi e Siad Barre. Garelli sostiene che la “vetrina” nucleare di Trisaia è stata ideata da un professore pakistano dell’università di Trieste e da un misterioso albanese. Garelli nel traffico dei rifiuti dell’Enea ha fatto il nome del noto faccendiere napoletano Renato D’Andria e dell’ex collaboratore dei servizi Aldo Anghessa, che è stato arrestato con un magistrato di Como nel 2005 per traffico di armi e sostanze radioattive. Uno slavo invece, Galic Dragojubic sarebbe stato il referente degli acquirenti del nucleare di Trisaia indicando tre compagnie di nazionalità libica, siriana-irakena e iugoslava.
FONTI E LA SOMALIA. IERI E OGGI
La gola profonda della ’ndrangheta parla di Somalia in un verbale del 20 marzo 2004. Alcuni rifiuti della Trisaia sono partiti per la Somalia su una nave della compagnia Shifco, discussa società somala sulla quale indagava Ilaria Alpi, che sarebbe approdata a Boraso. I convogli partivano dalla Toscana e insieme ai rifiuti venivano inviati in pagamento per lo smaltimento carichi di armi. Alcuni giorni fa in un’intervista al Manifesto Fonti arricchisce questo aspetto dichiarando al giornalista: «Ho portato di persona rifiuti radioattivi nel porto di Bosaso i militari italiani si voltavano dall’altra parte». Fonti afferma di essere stato personalmente a bordo di uno dei pescherecci della Shifco e di aver trasportato armi e un migliaio di bidoni.
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