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di GOFFREDO SOTTILE
Stiamo riprendendo un po’ tutti le nostre consuete attività, chi un po’ rinfrancato, chi ancora più stressato dopo la pausa estiva. Qualche riflessione, però, abbiamo avuto il tempo di farla; per quanto mi riguarda, il tema che maggiormente mi ha intrigato in questo breve periodo di finto riposo è stato quello della felicità. Premetto che recentemente ho partecipato a un convegno dove si è discusso di giuoco, scommesse e delle conseguenze che queste hanno sul piano sociale. L’intento era quello di rendere l’offerta sempre più interessante per dare più soddisfazione allo scommettitore e all’erario.
In quella occasione sono rimasto colpito da quanto autorevolmente detto da un illustre professore universitario, qualche anno fa ministro delle Finanze, il quale ha sostenuto una linea di pensiero che a me è sembrata estremamente originale e cioè che occorre arrivare ad una economia che arrechi felicità. Non ho avuto poi tempo di approfondire, sul piano scientifico, la teoria esposta; ne sono però rimasto colpito, da qui la riflessione, perché indubbiamente la finalità ultima dello Stato dovrebbe essere proprio quella di rendere felici i suoi cittadini. Io credo però che, a parte l’aiuto che può venire dall’esterno, noi la felicità, la nostra felicità, dobbiamo costruirla in noi stessi e con noi stessi.
Non occorre molto per sentirsi felici: basta sapersi accontentare di quello che si ha. Felice è chi non invidia il successo e la ricchezza degli altri e conforma la sua vita alle proprie disponibilità materiali, aprendo però l’animo a tutto ciò che le emozioni, i sentimenti offrono all’essere umano in questo meraviglioso mondo, da tanto mistero circondato. Credo ancora che la felicità, che è qualcosa di più della serenità ma non ne è disgiunta, la dobbiamo ricercare giorno dopo giorno, ora dopo ora anche nelle piccole cose. Ovviamente bisogna essere in pace con se stessi, altrimenti questa operazione non riesce. Basta scrutare ciò che ci circonda e allora si può provare gioia nel vedere un abbraccio tra due fidanzati, un bambino che corre felice verso la madre, due anziani che camminano sotto braccio sostenendosi a vicenda, un ragazzo che mangia un gelato, un uccello che vola, tutti minimi episodi, per carità, che fanno parte del quotidiano, di cui, però, noi spesso perdiamo il senso e l’importanza. In buona sostanza per essere felici basta lasciarsi coinvolgere da un tramonto sul mare, da un cielo stellato, da un mare luccicante. Io so bene che non è proprio così, che non ci accontentiamo di queste piccole ma grandi cose, che ci rodiamo il fegato se il nostro collega di stanza fa più carriera di noi, se il nostro concorrente vende più merce di noi, se ciò che abbiamo investito in borsa subisce un ribasso, ma alla fine mi domando: chi ce lo fa fare? E, allora, viviamo partecipi della complessa armonia del mondo, della pienezza dei nostri sentimenti, del nostro desiderio di volerci rendere utili anche se la realtà nella quale interagiamo è fatta di invidie e cattiverie da parte di tutti. Riprendiamo, quindi, le nostre attività cercando di essere meno egoisti e migliori, ricordando a noi stessi che la felicità è a portata di mano. Se non è così, facciamo finta che lo sia.
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