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di ANTONIO LAVORATO
Io, meridionale e calabrese, applaudo alla Lega Nord, perché sa interpretare alla perfezione le esigenze e le aspettative dei cittadini settentrionali e sa poi trasformarle in fatti concreti, difendendo le peculiarità socio-economiche di quei territori e tutelando i diritti di quelle popolazioni. Non c’è che dire. Forse sono un po’ rozzi nel porre le questioni che a loro interessano, forse corrono troppo nel rivendicare nuove regole istituzionali e civili, ma gli esponenti della Lega Nord esercitano il loro ruolo con vera professionalità politica, mandando all’aria la presunta convinzione di molti che la politica è un’arte che si impara da bambini, facendo la gavetta nei partiti e salendo gradatamente tutti i gradini delle istituzioni. La verità è ovviamente un’altra, ed è quella che i nostri politici, meridionali e calabresi in genere, salvo rarissime eccezioni, intendono la politica come soddisfazione personale in tutti i sensi e come propria posizione di potere su uomini e cose, e poco importa se la sanità è morente, se l’economia langue, se la società civile non ha più, o forse non l’ha mai avuta, la forza di ribellarsi ai soprusi ed alle incapacità delle proprie classi dirigenti. Il federalismo fiscale è stato una grande impresa politica della Lega Nord, e di recente stanno facendo molto rumore le iniziative legate agli insegnanti meridionali trapiantati o trasferiti nel nord Italia, alle fiction della Rai che devono essere trasmesse anche nei dialetti locali, alla bandiera regionale insieme a quella nazionale. Sono tutte questioni che denotano, al di là della condivisione o meno di talune apparentemente stralunate dichiarazioni, la forte vocazione identitaria e di vera vicinanza di quegli esponenti politici ai cittadini da loro amministrati. E nel Mezzogiorno, e in Calabria in modo particolare, cosa si sta facendo in questi giorni di dibattito politico sul Nord-Sud ? Le uniche risposte sono di critica alle iniziative della Lega Nord, mai di esame di coscienza sui propri limiti culturali e di progettualità propositiva, mai un convinto plauso alla capacità della Lega Nord di saper individuare i reali bisogni e le vere attese dei cittadini, mai una seria valutazione delle cose da fare per cambiare il mondo meridionale, mai l’umiltà di andare a scuola di Lega per capire comportamenti politici da attuare e pragmatismi degli obiettivi da perseguire. Né, mi sembra, che il così detto Partito del Sud sia la risposta alle considerazioni sopra esposte, per via di rivendicazioni poste più sotto forma di compensazione rispetto al Nord che di lucida visione propria di sviluppo meridionale. Il principale se non l’unico obiettivo sembra infatti quello di ottenere fondi pubblici sol perché li ha già ottenuti il settentrione del Paese, senza però nel frattempo riformare la cultura degli amministratori meridionali, per i quali ancora oggi ottenere soldi significa dimostrare potere e aumentare le proprie clientele. Potrebbe esserlo invece se una classe politica per la maggior parte nuova si affacciasse sul proscenio politico, così come si sono affacciati 15 anni circa addietro per la prima volta gli odierni eletti della Lega Nord, se i nuovi competitori alle elezioni non fossero tutti uscenti da cariche elettive attuali ma novizi delle candidature e delle elezioni. W la Lega Nord, se riuscisse a fare proseliti nel Mezzogiorno e in Calabria, per insegnar loro come si difendono veramente i diritti dei cittadini e come si amministra realmente e decorosamente la cosa pubblica. In subordine, che almeno insegnasse ai prossimi nuovi amministratori della Regione le regole della buona amministrazione. C’è forse un solo limite per attuare rapidamente questa svolta: all’inizio della sua avventura politica molti volevano tesserarsi dall’oggi al domani con la Lega Nord, considerandola vincente, ma la Lega imponeva allora che il nuovo tesserato non poteva aspirare a candidature o incarichi se non fosse passato almeno un anno dal tesseramento. Probabilmente è un po’ troppo per i veterani meridionali e calabresi che scalpitano in attesa di nuove elezioni e nuovi incarichi, per cui non resterebbe altro che eleggere i soliti vecchi nomi, vedere nominati i soliti personaggi con ampia capacità di riciclo, e assistere impotenti a un’Italia del Sud e a una Calabria che si staccano sempre di più, non fisicamente ma economicamente e socialmente, dall’Italia del Nord. In sintesi, più che discettare sull’utilità o meno di un nuovo partito del Sud sarebbe necessario porsi l’urgente problema di selezionare, in ogni caso, una nuova classe dirigente, politica e burocratica, che possa incarnare i metodi dell’efficienza e della qualità per poter offrire un’ultima speranza ai meridionali e ai calabresi un attimo prima di sprofondare per sempre nel baratro delle vecchie oligarchie.
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