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di LUIGI LOMBARDI SATRIANI
Sgomento e preoccupato, ma non sorpreso. Sgomento e preoccupato avendo assistito all’ultima performance di Berlusconi. Dopo essersi esibito come Primo Scopatore d’Italia, nell’accezione di spazzino o come oggi è doveroso dire “operatore ecologico”, rispetto alla napoletana monnezza; successivamente Conduttore di Metropolitana, Primo Contadino, Primo Scopatore d’Italia, nell’accezione di stallone (vedi le vanterie con i suoi deputati), l’impagabile Premier si presenta oggi come Primo Soccorritore del Sud, suo Supremo Garante, sul quale vigilerà insonne (ma non c’è già stato un altro Presidente del Consiglio che vigilava insonne, da Palazzo Venezia, sull’Italia?). C’è veramente da preoccuparsi. Mentre in questi quattordici mesi di governo si è celebrato il sostanziale oblio dei problemi delle regioni meridionali; mentre si sono dirottate da esse somme già stanziate dal precedente governo; mentre si prevedono gabbie salariali anche se con diversa denominazione e con prevedibili ritrattazioni di quanto ufficialmente dichiarato; mentre non si risponde alle domande su come vengano individuate la qualità della vita e il suo costo nelle nostre regioni, come si declini in esse la qualità dei servizi, si aggiunge al danno di una politica sistematicamente antimeridionale la beffa di dichiarazioni ipocritamente sollecite e clamorosamente negate dai fatti e dalla quotidiana azione di governo. Posti di lavoro (innanzitutto nel settore scolastico) drasticamente tagliati per esigenze di bilancio; opere pubbliche di fatto rinviate in un imprecisato futuro, a parte il faraonico e discutibilissimo Ponte sullo Stretto, irresponsabilmente voluto nonostante tutte le riserve tecniche e le opposizioni ambientaliste. Non invidio certo la condizione dei parlamentari meridionali del Pdl costretti ad assistere impotenti al dispiegarsi di tanta politica antimeridionale con qualche sprazzo di concessione, quale quella alla Sicilia cui dopo la rivolta dei colonnelli di maggioranza dell’Isola sono stati stanziati fondi che erano stati bloccati, mentre tale blocco persiste per tutte le altre regioni del Sud. La realtà e i bisogni del Sud non sono degradabili a spot come l’attuale Premier evidentemente ritiene, in perfetta coerenza, del resto, con la cultura di imbonitore di cui è espressione e splendido rappresentante. In un contesto siffatto non può sorprendere che anche la mafia, che segna così tragicamente la vita della società meridionale, sia oggetto di un processo di assoluta banalizzazione e possa diventare spot pubblicitario. Coerentemente una catena spagnola di alberghi pone tra le caratteristiche ritenute atte ad attrarre presenza di turisti in Sicilia, la mafia. Con un sussulto di pudore tale pubblicità non viene fatta in Italia, ma campeggia nelle inserzioni pubblicate negli altri Paesi. Niente di nuovo sotto il sole. Già nel 1977 il settimanale tedesco Der Spiegel dedicò la copertina relativa al Sud d’Italia a una P38 adagiata su un piatto di spaghetti; nel 1991 ebbe enorme successo commerciale a Roma una T-shirt con la scritta “mafia, made in Italy”; nel gennaio 2004 il quotidiano inglese Sunday Times titolò: “c’è un mafioso in ogni italiano”. Negli anni scorsi riscosse notevole successo una fotografia di Oliviero Toscani che rappresentava delle donne del Sud, “naturalmente” ammantate di nero, rivolte verso il corpo di una vittima di mafia il cui sangue si allargava in una pozza in mezzo alla strada. Lo stesso famoso (o famigerato?) fotografo ha ideato per la Regione Calabria, una campagna “promozionale” in cui un gruppo di persone afferma orgogliosamente (non si vede il perché): “noi, mafiosi”; sempre anni fa era possibile acquistare in Calabria l’Amaru d’u mafiusu. Come si vede agevolmente, l’assunzione pubblicitaria della mafia mostra abbondantemente come questa venga frequentemente rivendicata quale tratto identitario e garanzia di vendita. L’esemplificazione potrebbe continuare, ma è giusto ricordare che rispetto alla pubblicità spagnola, il Governatore siciliano Lombardo abbia dichiarato che il gruppo dovrebbe chiedere scusa alla Sicilia, ai siciliani. Ed è richiesta condivisibile. Tale affermazione sarebbe più credibile se a essa si accompagnassero le scusa di Lombardo, Cuffaro, Dell’Utri e così via, per la loro prassi politica, per le loro frequentazioni mafiose, per la vasta rete di relazioni nella quale sono avviluppati. Evidentemente la mafia, come la vita di un famoso romanzo di Milan Kundera, è sempre altrove. Niente da fare dunque? Non credo. Si potrebbe, sin da subito, prendere ognuno di noi l’iniziativa delle nostre azioni, delle nostre scelte, di specifiche responsabilità perché la mafia sia assunta come problema in tutta la sua drammaticità, in tutta la sua urgenza e sia quindi sempre meno possibile la sua utilizzazione come spot pubblicitario. Si potrebbe anche iniziare a non prendere sul serio le dichiarazioni di questo premier da barzelletta, così clamorosamente infondate, così chiaramente tese a gettare fumo negli occhi. Certo, questo cabarettista da crociera governa con il consenso democraticamente espresso dalla maggioranza degli elettori e questo va pure ricordato, nonostante lo sgomento che le sue dichiarazioni producono. Ma non è detto che le regioni meridionali, e tutto il paese, debbano continuare per chissà quanto a essere governati da un clown.
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