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di GABRIELE ELIA POLICORO – Dallo scorso anno, precisamente del mese di giugno 2008, la città romena di Banesti e Policoro sono due comuni vicini non solo geograficamente ma anche come popolazione dopo la stipula del protocollo di intesa con il quale è stato siglato il gemellaggio tra questi due Comuni in ricordo di Dinu Adamesteanu, cittadino illustre di Policoro. La prima ondata di immigrati nel centro jonico avvenne agli inizi degli anni ’90, allorquando sbarcarono decine e decine di albanesi, di cui ancora oggi è presente, seppur in numero più esiguo, una piccola comunità. Che negli anni è stata scavalcata nei numeri dai cittadini romeni, arrivati a Policoro da pochi anni ma che oggi può contare almeno su 400 presenze, oltre ad altre specificità culturali. Dunque Policoro si conferma città aperta a tutte le etnie straniere e lucane. Ma tra gli stranieri che oggi sono maggiormente integrati nel tessuto socio-economico c’è Gabriela Nitu (nella foto), nazionalità romena dipendente dell’Asm nel reparto oculistica del nosocomio di Policoro. Dopo aver peregrinato in altre località d’Italia, tra lavoro e tanti sacrifici, da 10 anni lavora come infermiera professionale qui a Policoro. Ha 41 anni e sposata.
Come si è integrata a Policoro?
«Io bene non solo per la professione che svolgo, che mi ha aiutata tanto, ma anche perché parlo discretamente l’italiano»
In che rapporti sta con i suoi connazionali di Policoro?
«Spesso mi vengono a trovare per cercare aiuto, quasi sempre un posto di lavoro, e quando posso cerco loro di dare una mano».
In che modo?
«Indirizzandoli verso qualcuno che cerca badanti, domestiche, colf, lavori vari che nessun italiano vuole più fare. E’ vero che qui di lavoro ce n’è poco, ma quello che c’è, a volte, viene trascurato e io nel mio piccolo cerco di far incrociare domanda e offerta di lavoro».
Se lei avesse il potere, cosa farebbe per gli stranieri di Policoro?
«Creerei un ufficio di collocamento per stranieri dove tutti coloro che arrivano qui possano recarsi per cercare un impiego. Quando si arriva in un posto nuovo, mi creda perché io l’ho sperimentato sulla mia pelle quando sono arrivata in Italia nel 1990 e qui nel 1994 (la prima romena a Policoro ndr), è veramente dura finanche mangiare perché si è completamente soli. E purtroppo con il passare del tempo è sempre più difficile».
Perché?
«E’ inutile nasconderlo. I pregiudizi sono tanti e alimentati dai media che ogni giorno parlano di vicende di cronaca nera in cui sarebbero coinvolti gli stranieri d’Italia. Io credo che sicuramente ci siano dei delinquenti che vanno in giro per l’Italia a commettere reati, ma le ‘pecore nere’ ci sono dappertutto. Anche gli italiani o cittadini di altre nazioni più evolute della mia quando vanno all’estero non sempre sono dei cherubini”.
A proposito di ‘pecore nere’, chi sono i Rom?
«Purtroppo qualcuno associa i tzigani (zingari ndr) come si chiamano in Romania o anche in Italia al popolo romeno solo perché Rom sono le iniziali di Romania. Niente di più sbagliato. Chi ha coniato questo neologismo è stato troppo superficiale o in mala fede perché i Rom sono di origine indiana e vagano senza una meta fissa, ecco perché tigani per noi o zingari per gli voi nulla hanno a che spartire con la Romania, di cui Rom non è l’abbreviazione”.
Un domani vedremo altre straniere nelle corsie di questo ospedale?
«Io ho studiato in Romania, presso un liceo sanitario, poi mi hanno riconosciuto il titolo e dopo ho superato un concorso. Non sono qui per caso né sono stata premiata da qualcuno per essere definita modello di integrazione di un paese. Dopo di me è arrivata una mia connazionale qui in questo nosocomio, un’altra sta studiando mentre un’altra ancora ha un’ attività economica avviata sempre a Policoro».
In conclusione se lei dovesse dare un consiglio ad una sua connazionale cosa le direbbe?
«Di rimanere in Romania e non è un paradosso. Dopo la caduta del tremendo regime comunista, e lo dice la figlia di un ufficiale dell’esercito, si sono aperti spazi economici importanti, ancora più grandi con l’ingresso della Romania nell’Ue. Oggi ci sono più capitali, più moneta, più persone che vedono nella Romania l’Eldorado dei prossimi anni. Il periodo buio di Ceaucescu grazie a Dio è alle spalle. Qualche mio connazionale lo ha capito e si sta attrezzando per vivere meglio, mentre chi emigra oggi dalla Romania è davvero povera gente, quella che ha perso quasi del tutto le speranza di una vita più dignitosa».

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