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di TONINO PERNA*
Dopo un lungo periodo di letargo, durato almeno due decenni , è riemersa la “questione meridionale”, o meglio il tema del “Mezzogiorno abbandonato”, in forme nuove rispetto al passato che meritano di essere comprese. Se il sasso è stato lanciato dal presidente della Regione Sicilia non si può dire che lo stagno non si sia mosso. A titolo diverso Loiero e Bassolino hanno fatto proprio il messaggio e si è aperto un dibattito destinato a durare, perché esistono condizioni strutturali e rapporti di forza che stanno portando alla totale emarginazione il territorio meridionale, ed alla disperazione i suoi abitanti. Il partito del Sud o Lega Sud è all’ordine del giorno perché un equilibrio , sia pure precario, si è rotto, un compromesso storico è definitivamente saltato, ed il Mezzogiorno, da sempre debole sul piano economico ha perso pure la sua forza storica: la rappresentanza politica. Non ci sono più i Mancini, Colombo, Misasi, Berlinguer, e tanti altri politici di livello nazionale con profonde radici meridionali. Il Mezzogiorno è diventato un territorio marginale, ininfluente sul piano degli assetti politici , quanto su quello della politica economica. Soprattutto, sul piano socioeconomico, ha perso la sua funzionalità che è servita storicamente allo sviluppo economico del paese: «Risorsa finanziaria e di materie prime» dall’Unità d’Italia alla seconda guerra mondiale , «serbatoio di forza-lavoro a basso costo» anni ’50 e ’60 del secolo scorso, “mercato interno” per l’industria del Centro-Nord -anni ’60 e ’70. Dalla metà degli anni ’80 , l’internazionalizzazione dei mercati, ha portato alla marginalità del territorio meridionale rispetto ai bisogni di mercato delle imprese localizzate nel Centro-Nord. Basti pensare che uno studio dell’inizio degli anni ’90 dimostrava come la crescita di un punto della domanda da parte dei consumatori tedeschi contasse, per il fatturato delle imprese italiane, quanto l’aumento di ben 20 punti percentuali di crescita del Mezzogiorno. Non è un caso che proprio in quegli anni nasceva un fenomeno politico, decisamente sottovalutato ai suoi esordi, che si chiama Lega Nord. Chi scrive, diversi anni fa aveva titolato “Il delinking del nord e la fine della questione meridionale” il quinto capitolo di un saggio uscito nel 1994 (Lo sviluppo insostenibile, Liguori). Ci son voluti quindici anni perché questo processo arrivasse a compimento. Lo sganciamento dell’area forte del Paese è stato rallentato da un dato politico: il successo di Forza Italia nel sud ed in particolare in Sicilia, dove ha fatto in passato l’en plein del voto alle elezioni politiche. Se Forza Italia avesse avuto successo essenzialmente nel centronord, allora la “secessione”, come la chiama Bossi, sarebbe diventata presto una realtà. Oggi, la situazione è profondamente mutata. Il presidente Raffaele Lombardo, a dispetto del cognome , punta a creare una sorta di Lega Sud per negoziare col Pdl più risorse finanziarie per il Mezzogiorno e, soprattutto, per il suo governo regionale. Ad un primo esame, questa strategia ha una sua logica robusta. Berlusconi è ormai ostaggio della Lega di Bossi, ed anche il tentativo di liberarsene con il referendum ha fatto una brutta fine. Solo offrendo a Berlusconi un’altra sponda politica si possono modificare i rapporti di forza con la Lega Nord e conquistare uno spazio politico e finanziario per il Sud. Ma, c’è più di una stranezza che deve fare riflettere. Quando l’on. Lombardo ha costituito il suo partito, Mpa (Movimento politico per l’autonomia) , ha ricevuto non solo il plauso di Bossi , ma anche un bell’assegno di circa 247.000 euro , come il settimanale televisivo Report ha mostrato ai telespettatori italiani. Perché Umberto Bossi ha finanziato ed appoggiato il Movimento per l’autonomia di Lombardo? Perché è entusiasta, come ha recentemente dichiarato, della nascita di una Lega Sud ? Non è difficile intuirlo. Se la Lega Sud avesse lo stesso successo elettorale della sua sorella/nemica del Nord il grande Umberto avrebbe raggiunto il suo obiettivo, che per altro non ha mai nascosto: dividere il nostro Paese , sul modello di una Confederazione, tipo Cantoni Svizzeri o, ancora meglio, sull’esempio della Cecoslovacchia che si è divisa in due. Inoltre, questa supposta e sbandierata “Autonomia Lombardiana” della Sicilia -e del Mezzogiorno- non si sa su cosa sia fondata dato che con il federalismo fiscale la sola Sicilia dovrà nei prossimi anni trovare 5 miliardi di euro l’anno per sostenere la propria spesa pubblica, ed il Mezzogiorno circa 18 miliardi. Se teniamo conto di questo quadro allora non abbiamo difficoltà ad affermare che la nascita del Partito del Sud o Lega o come lo si voglia chiamare costituisce una trappola per le popolazioni del Mezzogiorno. Chi promuove il Partito del Sud probabilmente avrà successo perché coglie una frustrazione reale in un territorio dove i giovani non trovano più lavoro e le risorse pubbliche, col federalismo fiscale, verranno brutalmente ridotte. Ma, si tratta del successo di una classe dirigente , non priva di responsabilità , che potrebbe portare il popolo meridionale verso l’autodafé. Resta comunque il problema della scarsa, debole o inesistente rappresentanza politica del Mezzogiorno. Una questione ineludibile . Il problema non è soltanto quello della presenza di una Lega Nord , primo partito nelle aree più ricche e industrializzate del nostro paese. Il problema è che anche i grandi partiti nazionali, PD e Pdl, hanno testa e stomaco radicati nel Nord. Basti pensare solo alle primarie per la segretaria del Pd dove si confrontano due emiliani e due liguri (se Grillo verrà accolto!) Il Mezzogiorno ha bisogno di un progetto politico, concreto ed ambizioso, per superare la fase più difficile della sua storia moderna. Un progetto che leghi il Mezzogiorno all’Ue quanto ai Paesi del bacino del Mediterraneo, che rivendichi i valori di civiltà di cui questa terra è portatrice (a partire dall’accoglienza allo straniero, al senso del dono, alla solidarietà col più debole) che porti ad una unità più avanzata dei lavoratori contrastando il delittuoso disegno di gabbie salariali, che metta insieme i produttori mediterranei (dall’olio agli agrumi) costruendo filiere fondate sui principi del fair trade e della finanza etica. In breve, solo un’altra idea della Rinascita del Mezzogiorno può trovare consensi ed alleati nel centro-nord d’Italia, può costituire la trama di una rinnovata e concreta solidarietà nazionale. Come farlo e chi lo deve fare è una questione aperta. Come Sinistra EuroMediterranea, associazione politica impegnata da anni per dare un senso nuovo al ruolo del Mezzogiorno, nella Ue e nel Mediterraneo, vorremmo vivamente che si aprisse un dibattito serio su questi temi, che gli intellettuali, gli operatori sociali ed i cittadini responsabili facessero sentire la loro voce, prima che il nostro Paese precipiti nella barbarie degli scontri etnici, delle identità bestiali fondate sul suolo e sul sangue, prima che le vite spese per tenere unito questo paese, ed i suoi lavoratori, vengano seppellite.

*Presidente Sem

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