5 minuti per la lettura
di MAURIZIO BOLOGNETTI*
In gergo burocratico le chiamano “Conferenze dei servizi decisorie”, in realtà non è dato sapere né cosa decidono, né se le decisioni egli impegni verranno rispettati. Facciamo un esempio: sulla questione del “Sito di bonifica di interesse nazionale di Tito” si sono susseguite, a partire dal 2002, numerose conferenze dei servizi istruttorie e decisorie. Eppure, a leggere quanto scritto in verbali (top secret), che danno conto della “Conferenza istruttoria” del novembre 2008 e della “Conferenza decisoria” del dicembre 2008, si ricava la sensazione che poco sia stato fatto per risanare l’area di Tito dall’inquinamento e che tanto ci sia da fare. Roma, 22 dicembre 2008, ore 11.00, negli uffici del Ministero dell’Ambiente si tiene una “Conferenza dei servizi decisoria”, convocata per discutere dello “Stato di attuazione delle attività di caratterizzazione e di messa in sicurezza di emergenza sul sito di interesse nazionale di Tito.”
Nelle stanze del Ministero, i convenuti, e tra questi il dott. Francesco Ricciardi in rappresentanza della Regione Basilicata, discutono dei veleni presenti nell’area industriale di Tito. L’associazione Radicali Lucani ha potuto prendere visione del verbale redatto al termine della “Conferenza dei servizi decisoria” del 22 dicembre 2008.
Quello che abbiamo letto non ci è piaciuto. Dalla lettura del verbale emergono gravi inadempienze e ritardi nell’opera di bonifica, e dati assai preoccupanti che fanno temere che l’inquinamento della falda abbia prodotto danni che vanno ben oltre i perimetri stabiliti dalla burocrazia. Ma facciamo un passo indietro. Si inizia a parlare della necessità di bonificare l’area industriale di Tito nel febbraio del 2001; pochi mesi dopo, il D.M. 468/2001 istituisce “Il sito di bonifica di interesse nazionale di Tito”; ancora pochi mesi, e nel luglio del 2002, sempre con Decreto ministeriale, si stabilisce il perimetro del sito e parte la fase di caratterizzazione, cioè la fase in cui vengono accertate le effettive condizioni di inquinamento. Da quel lontano 2002 è tutto un susseguirsi di “Conferenze dei servizi”, fino al 22 dicembre 2008, giorno in cui presso gli uffici del Ministero dell’ambiente si tiene l’ennesima “Conferenza dei servizi decisoria”.
Fatta questa indispensabile premessa, torniamo al verbale che da conto delle decisioni prese nella conferenza del 22 dicembre e che reca in calce le firme dei rappresentatidel Ministero dell’Ambiente Mascazzini e Limblici e del dott. Ricciardi. La fotografia scattata dal Ministero, quella di un’emergenza che, come tutte le “emergenze” italiane, si trascina da troppo tempo, è preoccupante, volendo usare un eufemismo. Leggiamo di un contesto ambientale “ancora caratterizzato da una pesante contaminazione da tricloroetilene” in quantità tali che fanno temere “la presenza del prodotto libero in falda”.
Il Ministero dell’ambiente afferma: “…A distanza di tre anni e mezzo le aziende e gli altri soggetti interessati hanno dimostrato limitato interesse e volontà nell’adoperarsi per conoscere e quindi, ove possibile, limitare la diffusione dell’inquinante che rappresenta un rilevante pericolo per la salute umana.
Perfetto! Scarso interesse dei soggetti interessati?! E chi sono i soggetti interessati? Chi sono coloro che dovrebbero controllare, monitorare, vigilare?
E perché di fronte a quanto di sconcertante leggiamo nel documento ministeriale non è stata aperta un’inchiesta dalla magistratura? Il Governo, il Ministero, la Regione, la Provincia, il Comune di Tito, L’Arpab, le Aziende, su questa vicenda hanno qualcosa da dichiarare? E soprattutto ci piacerebbe sapere in che percentuale vanno distribuite le responsabilità.
Non è tranquillizzante leggere di monitoraggi incompleti, di dati discordanti, di rifiuti la cui destinazione risulta sconosciuta, di problematiche non risolte”.
Già, problematiche non risolte e monitoraggi incompleti, così come si afferma nel verbale ministeriale nel quale leggiamo: “Vista la problematica non ancora risolta relativa alla determinazione dei valori di fondo sui parametri ferro e manganese nelle acque di falda nonché la contaminazione da tricloroetilene della stessa, vista la mancanza di informazioni derivanti da un incompleto monitoraggio ha richiesto alla Regione Basilicata che vengano ripristinate quanto prima le condizioni dellamedesima rete…”
Ecco, ci piacerebbe sapere se nel frattempo la rete sia stata ripristinata. Così come ci piacerebbe sapere, come mai nel mese di maggio 2008 nel pozzo S13 è stata riscontrata un’altissima concentrazione di tricloroetilene “non emersa nel mese precedente”. E visto che ci siamo vorremmo anche sapere se, come da richiesta ministeriale, sono state adottate misure di MISE(Messa in sicurezza d’emergenza) nell’area Ageco. La cosa non è di poco conto, visto che leggiamo di una contaminazione della falda con sostanze dal nome impronunciabile.
A leggere dei veleni presenti a Tito e dintorni ci è venuto il mal di testa. Le domande si affastellano e i dubbi e i sospetti su quanto avviene a Tito e nel nostro territorio regionale crescono. Ci chiediamo se l’inquinamento sia solo frutto di quanto prodotto in loco da aziende come la Daramic o se per caso non ci siano anche fonti “esterne”. Quali sono le condizioni del torrente Tora e dove stanno finendo gli agenti inquinanti presenti nell’area di Tito?
C’è una pesante incidenza sulla salute di veleni “ufficiali” e veleni nascosti, magari gestiti dalle ecomafie? Per quanto riguarda gli inquinanti censiti e monitorati (almeno si spera), chiediamo alla Regione e all’Arpab di rendere note le informazioni di cui dispongono per le zone limitrofe all’area Daramic. A breve, sul sito dell’Associazione Radicali Lucani sarà pubblicato un dossier dedicato all’area industriale di Tito scalo, comprendente filmati e documenti. Pubblicheremo anche integralmente il verbale della “Conferenza dei servizi decisoria” del 22 dicembre 2008, ritenendo in tal modo di onorare l’einaudiano “conoscere per deliberare”. Sulla vicenda Tito, è doveroso citarlo, è intervenuta il 24 marzo 2009 la Ola(Organizzazione lucana ambientalista), con un interessante dossier firmato da Pietro Dommarco. Nel documento ell’Associazione Ambientalista Lucana si chiede a Metapontum Agrobios e all’Arpab la pubblicazione dei dati di cui dispongono, oltre che informazioni percomprendere cosa è stato fatto per incentivare un monitoraggio che, come abbiamo visto, risulta carente.
Per quanto ne sappiamo, il verbale del 22 dicembre 2008 è stato trasmesso agli organi di vigilanza e controllo. Non sappiamo, però, se per organo di vigilanza e controllo si intenda anche lamagistratura, ma sappiamo che nel documento che abbiamo ripetutamente citato c’è materiale che potrebbe costituire oggetto d’indagine. Osiamo sperare che, dopo 8 anni, l’ennesima “conferenza decisoria” produca finalmente dei risultati.
Esprimiamo l’auspicio che tutti gli enti coinvolti ispirino la loro azione al senso di responsabilità, laddove è in gioco la salute dei cittadini e la tutela ambientale.
*segretario regionale Radicali lucani
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA