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Uno abitava a Granarolo nell’Emilia, con il figlio e la moglie, l’altro in via Saffi a ridosso del centro di Bologna.
In comune, anche se probabilmente non si conoscevano, i due avevano l’età (53 anni), la provenienza (dalla Calabria) e un passato come affiliati a clan della ‘ndrangheta e trafficanti internazionali di droga che stavano scontando in Emilia da ‘semi-liberi’.
Si tratta di Carmelo Bellocco, uno dei vertici dell’omonima famiglia mafiosa attiva fra Rosarno e Gioia Tauro, e Vincenzo Barbieri di Limbadi (Cz).
Entrambi sono stati arrestati dalla squadra Mobile di Bologna.
Con un lungo elenco di precedenti per omicidio doloso, estorsione, associazione di stampo mafioso finalizzata al traffico di droga e detenuto dal 2004 fino al 2010 per associazione mafiosa, la primavera scorsa Bellocco era stato trasferito dal carcere di Pisa alla Dozza di Bologna.
Qui a ottobre, aveva ottenuto l’affidamento in prova ai servizi sociali. In sostanza lavorava come facchino per una ditta di ortofrutta gestita da suoi compaesani a Bologna. Tramite l’azienda, aveva trovato un piccolo appartamento in affitto a Granarolo, trasferendovi moglie e figlio di 18 anni.
Nascosto all’interno dei mobili della cucina, c’erano un revolver calibro 38 special con cinque cartucce e altre pronte all’uso. Per questo, coordinati dalla pm Elisabetta Melotti, gli agenti hanno contestato a padre e figlio, l’accusa di detenzione di arma clandestina.
Nelle stesse ore è scattata la perquisizione in casa Barbieri. L’uomo, che ha precedenti per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga e coinvolto in indagini sulla cosca Mancuso di Vibo Valentia, da un mesetto era in affitto in un attico al settimo piano dove era in regime di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
A far scattare l’arresto, per trasferimento frudolento di valori, sono state le mazzette di denaro nascoste in casa (per un valore complessivo di circa 120 mila euro) e una Maserati Gran turismo 4.7 che aveva in garage con chiavi e documenti.
Tutti segni di una vita agiata che, insieme alla frequentazione di hotel di lusso, era impensabile per un uomo senza lavoro o altre entrate ufficiali. Eppure nel palazzo la sua presenza era assolutamente discreta e poco appariscente. I vicini, raccontano, l’avevano incrociato a volte in ascensore ma solo per il classico ‘Buongiorno e buonaserà, e in genere non si sentiva molto in casa. Unica traccia, un cartello lasciato qualche settimana fa in ascensore: qualcuno gli aveva danneggiato il fanalino dell’auto (un’utilitaria) e così Barbieri chiedeva di farsi vivo per i danni.

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