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POTENZA – Il pubblico ministero di Potenza Henry John Woodcock ha chiuso le indagini preliminari su un presunto giro di tangenti legato ad appalti per le estrazioni petrolifere in Basilicata, nell’area della Val d’Agri. Il relativo avviso – che è in corso di notifica e che, in genere, prelude ad una richiesta di rinvio a giudizio – riguarda 35 persone: tra queste, l’amministratore delegato della Total Italia ‘Esplorazione e produzionè Lionel Levha e altri tre dirigenti della stessa Total, il deputato del Pd Salvatore Margiotta e l’imprenditore Francesco Rocco Ferrara, ritenuto “personaggio chiave» dell’inchiesta, la cui cordata di imprese si è aggiudicata appalti per le attività connesse alle estrazioni petrolifere. Ai dirigenti Total (oltre a Levha, Jean Paul Juguet, responsabile del progetto estrattivo ‘Tempa Rossà, Roberto Pasi, capo dell’ufficio di rappresentanza lucano e un suo collaboratore, Roberto Francini) e all’ex sindaco di Gorgoglione (Matera) Ignazio Tornetta, il pm contesta di aver costituito un’associazione per delinquere per ‘pilotarè gli appalti relativi al cosiddetto ‘Progetto Tempa Rossà di sfruttamento dei giacimenti petroliferi. Rispetto al quadro indiziario iniziale, che vedeva Margiotta indagato per associazione per delinquere (la Camera dei Deputati aveva respinto la richiesta di arresti domiciliari ed il Tribunale del riesame aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip), risulta attenuata la posizione del deputato, al quale ora il pm non contesta più l’ipotesi associativa, ma solo una presunta corruzione. Margiotta – secondo l’accusa – avrebbe fatto valere il suo potere e la sua influenza di parlamentare e di leader del Partito democratico della Basilicata per favorire l’aggiudicazione degli appalti alla cordata capeggiata da Ferrara. In cambio avrebbe ricevuto da quest’ultimo, sempre secondo l’accusa, una promessa di 200 mila euro. Margiotta – che si autosospese dal Pd quando arrivò alla Camera la richiesta di esecuzione della misura cautelare – si è sempre detto estraneo a qualsiasi fatto illecito. Tra le persone chiamate in causa dal pm, figura anche, con posizione marginale, il presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo: egli non è coinvolto in irregolarità negli appalti, ma gli si contesta una ipotesi di favoreggiamento personale nei confronti di Ferrara. Indagati anche nella stessa inchiesta, per concorso in corruzione, l’ex presidente della provincia di Matera Carmine Nigro (Popolari Udeur) ed altri ex amministratori pubblici. L’avviso di conclusione delle indagini è in corso di notifica anche alla Total, commissariata per le proprie attività in Val d’Agri, e ad altre società coinvolte nelle presunte irregolarità. L’intera vicenda oggetto dell’inchiesta è stata ricostruita attraverso intercettazioni telefoniche e indagini della squadra mobile di Potenza, diretta da Barbara Strappato, e dei carabinieri del Noe, guidati dal colonnello Sergio De Caprio (il ‘Capitano Ultimò che arrestò Totò Riina). Secondo l’accusa, i dirigenti della Total avrebbero favorito l’aggiudicazione degli appalti dei lavori per la realizzazione del Centro Oli di “Tempa Rossa» e per altre attività estrattive alla cordata capeggiata dall’imprenditore Ferrara: per l’appalto del Centro Oli, in particolare, sarebbero state addirittura sostituite le buste delle offerte. In cambio, sempre secondo il pm Woodcock, sarebbe stato stipulato nel febbraio scorso un accordo commerciale da 15 milioni: tutte le imprese della cordata Ferrara si sarebbero rifornite per cinque anni solo di carburanti e di oli lubrificanti Total.
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