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di IRANNA DE MEO
Si definiva uno scienziato. Amava i laboratori di chimica e lì passava ore e ore a fare ricerca. Da sempre, da quando era un giovane laureato, aveva fatto della ricerca il suo cavallo di battaglia. Parola d’ordine: qualità. Amante dei vini, della cultura in generale e della musica. Questo era Antonio Mario Tamburro, rettore dell’Università degli Studi della Basilicata, morto nel tardo pomeriggio di ieri, all’ospedale San Carlo.
Un personaggio amato per il suo indiscusso valore scientifico, ma che a volte, per il suo carattere poco “istituzionale”, non piaceva. «Con il professor Antonio Mario Tamburro il mondo accademico perde una straordinaria personalità. I suoi studi, la sua amata ricerca, i grandi risultati e la fama acquisita sul campo ne hanno fatto un Ricercatore necessario alla cultura non solo di questa piccola Regione in cui aveva scelto di vivere, insegnare e continuare a studiare.
Ha creduto profondamente in questo Ateneo, è stato protagonista di battaglie e ha creduto in modo totale, disinteressato e schietto nella sua crescita. Raccogliamo tutti la sua eredità, sapendo che non sarà facile sopportarne il peso » scriveva ieri la segreteria del rettorato in una nota ufficiale. Da una quindicina di giorni Tamburro aveva scoperto, al San Raffaele di Milano, di avere un male incurabile, ma non si è arreso nemmeno nel letto dell’ospedale.
Dal 9 giugno 2006 era alla guida dell’ateneo lucano dopo un’esperienza ventennale come docente di chimica (1986). Il suo mandato era in scadenza nel 2010, ma aveva chiesto e, ottenuto, di restare ancora per un biennio. Rinnovamento nella concezione d’intendere l’università e qualità dell’offerta formativa: questi i punti del suo programma elettorale. Particolare il suo rapporto con gli studenti. Era a loro fianco in ogni occasione. L’ultima battaglia da rivoluzionario sessantottino, come si definiva, lo scorso ottobre, contro la riforma Gelmini, come ricordano Ottavio Romanelli della Ful (Federazione universitaria lucana) eAntonio Candela, segretario nazionale della Sui Genersi. Sempre presente. Sempre Sempre pronto al dialogo. Apprezzato per la sua sincerità, come ricorda il suo segretario particolare per tre anni, Lino Martinelli, per il suo essere anticonformista, per la sua capacità di stimolare alla dialettica. <>. Era fiero della sua piccola università, dei suoi diecimila studenti. Sapeva con non poteva avere grandi numeri e per questo puntava sulla qualità non solo didattica, ma anche dei servizi della città. Amante del vino e della cultura enologica, organizzava cene con amici con cui si intratteneva a discutere . Amava bere champagne, regalare cassette di vini, organizzare degustazioni e aveva una cantina fornita di etichette nazionali e internazionali.
Gerardo Giuratrabocchetti, proprietario della Cantina del notaio, aveva con lui un rapporto particolare. <>. Tra le etichette, preferiva “La Firma”, annata 2006, che aveva assaggiato in anteprima.
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La camera ardente è stata allestita questa mattina alle 9 nell’aula Quadrifoglio dell’Ateneo, nella sede di Rione Francioso, mentre i funerali si svolgeranno domani alle 11. Per ora, il mondoaccademico tace. Il dolore assopisce anche i ricordi.

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