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di SANTE CASELLA
Nonostante lo sconcerto per il “terremoto” nella sanità calabrese (commissariamento, disposto a suo tempo dal Governo Prodi, emergenza sanitaria, inchieste giudiziarie, malasanità, per ultimo i conti economici dissestati: un buco finanziario di un miliardo e 700 milioni di euro, non si vede ancora il nuovo Piano sanitario, promesso da oltre tre anni e predisposto dall’ex assessore Lo Moro. Ora il ministro del Welfare, Sacconi minaccia addirittura un altro commissario per riportare ilbilancio della sanità al pareggio, annullando il debito accumulato negli ultimi anni per la prevalenza di politiche affaristico-clientelari.
Preoccupate sono le popolazioni degli ospedali periferici e/o delle zone interne della Calabria, che dovrebbero essere soppressi o riconvertiti ad altre funzioni. Ci sono state l’anno scorso manifestazioni di protesta dal Savuto al Pollino, dal Tirreno allo Jonio e anche nel Catanzarese.
Nei mesi estivi hanno protestato con i cittadini anche le amministrazioni comunali di Paola, Cetraro e Praia a Mare. L’ospedale di Cetraro è stato “promosso” da Loiero a ospedale di riferimento rispetto a quello di Paola. L’ospedale di Praia è stato privato dei reparti di pediatria e maternità. Su questo fronte, però, ci sono alcune novità: esponenti politici e tecnici impegnati nel predisporre il risanamento del bilancio e il nuovo piano sanitario stanno parlando di salvaguardare alcuni ospedali delle zone interne.
Forse verrà tenuta presente la protesta della popolazione del territorio in cui ricade uno degli ospedali delle zone interne, che è quello di Lungro, per la cui salvaguardia abbiamo letto il “contributo critico e di lotta contro il progetto regionale di soppressione di presidi periferici” dell’avvocato Tommaso Marotta del centro albanese cosentino. Il quale ha fatto appello ai politici provinciali perché sia modificata la bozza del nuovo piano sanitario, salvaguardando, appunto, quegli ospedali periferici e/o delle zone interne, come Lungro, che assolvono da anni funzioni necessarie e positive per la salute dei cittadini.
La premessa di Marotta è questa: “Territorio e salute, costi economici, costi umani e costi sociali, diritti umani e del cittadino malato, etica della persona
e della personalità, megastruttura ed effetti di disumanizzazione, in uno alla impossibilità oggettiva di qualsivoglia controllo dal basso e al primato della
cultura del totalitario e del denaro”.
La difesa del nosocomio del centro albanese è fatta, quindi, nella consapevolezza che per il piano sanitario (da cui dipenderà la sorte di tutti gli ospedali ex zonali) occorra una delibera del consiglio regionale, che dovrebbe tener conto della critica dal basso, cioè, della gente e degli utenti. «La salute è problema universale – scrive Marotta – se in tutto il mondo soffre l’uomo di ben note e meno note patologie, e in uno, della sua limitatezza, e non soffrendo affatto gli italo-albanesi di patologie specifiche di cui alle vicende storiche degli albanesi profughi dalla loro patria, per effetto dell’invasione ottomana dei secoli addietro, allora si tratta di coinvolgere nell’esame e nella discussione del piano della salute le popolazioni del nostro territorio».
Conoscendo la logica che oggi domina la politica, economicista ed efficientista, per Marotta vi sono tutte le ragioni per presumere che la bozza del piano sia stato formulato alla luce di quella logica e basta. «Per quanto in termini di nomenclatura politica d’uso, si qualifichi di “sinistra” la Giunta Regionale non ha considerato cosa significhi per un ricovero d’urgenza in ospedale, con ovvie implicazioni, raggiungere da S. Donato di Ninea, San Sosti, Mottafollone, Acquaformosa, Firmo o Altomonte, l’ospedale di Castrovillari o, peggio ancora, quello di Cosenza, invece che quello di Lungro.
Bisogna valutare la natura corografica del percorso e i tempi di percorrenza, in caso di ricovero in ospedale di una persona ammalata d’età avanzata. Gli estensori del Piano tengano conto di cosa significhi per le popolazioni spostarsi dal proprio territorio».

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