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di MARIATERESA LABANCA
Guerra e pace nella vertenza Fiat di Melfi: il Lingotto spara a zero s lavoratori lucani e i loro rappresentanti, mentre torna il sereno tra Confindustria e sindacati. Pochi minuti dopo il ministro Sacconi offre parole di speranza agli operai partiti da Melfi, a loro volta “delusi” dalla mancata convocazione da parte del presidente De Filippo. Tutto in una sola, convulsa, giornata: quella di ieri. Partita con una durissima nota giunta da Torino. Così Fiat ha rotto il silenzio che aveva accompagnato fino a questo momento lo stato di agitazione a San Nicola. Denunciando di aver subito un «gravissimo danno» in questa settimana di scioperi, arrivata in un momento molto delicato. Ma la protesta non arretra, neanche di un passo. E ieri sono stati gli operai dell’indotto di San Nicola, a suono di “lavoro, lavoro.
I nostri figli hanno fame” ad accogliere il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, al suo arrivo in piazza Mario Pagano, a Potenza. L’esponente del governo Berlusconi, prima di cominciare la convention, li riceve nel ridotto del teatro, ascolta, chiede chiarimenti e assicura il suo personale intervento. «Perché noi – ci tiene a chiarire -non siamo la controparte».
Le tute blu di Melfi apprezzano l’interessamento e lamentano invece l’ “assenza” del presidente della Regione, Vito De Filippo. Al governatore lucano era stato chiesto un incontro da tenersi in giornata. La riunione con i sindacati nel pomeriggio c’è stata ma alla sola presenza dell’assessore Straziuso. Nel resoconto ufficiale dell’ufficio stampa dell’ente si assicura l’intensificazione dell’attività della Regione nella ricerca di una soluzione, ricordando che «da giorni De Filippo ha avviato una serrata interlocuzione con i rappresentanti della Magneti Marelli e del Consorzio Acm ,per arrivare in tempi rapidi a una soluzione del problema nella sua interezza e nell’interesse dei lavoratori». Per gli operai di San Nicola però «è ancora poco». Proprio loro, aspettando Sacconi, insieme ai rappresentanti sindacali, hanno avuto un momento di confronto con il presidente della Confindustria di Basilicata, Attilio Martorano. «Non era previsto – spiegherà in seguito il numero uno degli industriali lucani – Ho sentito il bisogno di uno scambio informale con lavoratori e sindacati».
Un fuori programma che ha portato bene. Sindacato e Confindustria hanno “fatto la pace”, dopo il “gelo” provocato dalla presa di posizione di Martorano sullo sciopero. Il presidente si spiega: «Qui non è in discussione la legittimità delle istanze dei lavoratori. Bisogna solo fare attenzione a non far degenerare le cose. Si deve trovare urgentemente una via d’uscita. In ballo è il futuro degli operai ma anche la credibilità di questa regione». Il segretario della Fiom, Giuseppe Cillis, che al presidente ha rappresentato a nome di tutti le istanze unitarie del sindacato, apprezza e apre: «Siamo pronti a ripartire anche da domani sera (oggi per chi legge ndr) se l’azienda ci viene incontro sulle nostre posizioni». Una chiacchierata al termine della quale il presidente Martorano si dirà molto soddisfatto. «Abbiamo avuto modo di chiarire. Mi sono confrontato con un sindacato più disponibile», commenta. Pochi minuti dopo, poi, il caloroso invito al ministro Sacconi a fare la sua parte.
«La difficile situazione che si è venuta a creare a Melfi – dirà – ha bisogno di un intervento da parte di terzi. A una settimana dal voto il rischio che si corre è che la questione venga strumentalizzata. Ecco perché ognuno di noi deve garantire il proprio reale impegno».
Ma le tute blu dell’indotto sono a Potenza per incontrare il ministro del Lavoro. Sono partite da San Nicola di Melfi nel primo pomeriggio con un autobus sul quale hanno caricato bandiere, striscioni, rabbia ma anche speranze.
«Non siamo solo un numero. Siamo tredici famiglie», diranno al ministro. Sacconi precisa di aver ricevuto delucidazioni sul caso “Melfi” da sindaco e prefetto. Il capogruppo del Pdl in seno al consiglio regionale, Nicola Pagliuca, offre ulteriori particolari sulla vertenza. Poi la parola passa ai rappresentanti sindacali. Ci sono Vincenzo Tortorelli per la Uilm, Antonio Zenga per la Fim, Giuseppe Cillis per la Fiom, Marco Roselli per la Fismic e Giovanni Tancredi dell’Ugl. A tutti, l’esponente del governo Berlusconi assicura: «Farò una personale valutazione per tutti gli stabilimenti della Fiat in Italia. L’obiettivo in questo momento è non toccare nessun posto di lavoro e proteggere il salario di tutti». Il ministro annuncia che già a partire dalla prossima settimana potrebbe esserci il tanto atteso vertice con la Fiat. «Fino a ora – aggiunge – abbiamo aspettato perché ci è sembrato giusto non disturbare “il conducente”. Ma ora è arrivato il momento di parlare chiaro sul futuro dei nostri stabilimenti».
«L’incontro con i lavoratori dell’indotto di Melfi – prosegue in seguito – ci porta alla conferma e alla convinzione che dobbiamo sollecitare Fiat a garantire la continuità dei rapporti di lavoro, con noi pronti a sostenere il reddito di coloro che, pur in costanza di rapporti di lavoro, possono essere costretti all’inattività. Quello che dobbiamo evitare, in questa fase di grande attesa – ha concluso – è di mettere sulla strada, senza prospettive nè speranze delle persone».
«Ministro non si dimentichi di noi e delle nostre famiglie», è il messaggio dei presenti che accompagna Sacconi alla sua uscita. Al termine di una giornata cominciata nel peggiore nei modi. Sata, infatti, sia sul primo che sul secondo turno di ieri, ha comunicato ai lavoratori la ripresa della attività, nonostante il blocco fosse scontato, dato lo sciopero alla ex Ergom e alla Sistemi sospensivi. Per poi rimandarli a casa poco dopo, comunicando “il senza lavoro”.
«Qui non si tratta di diversità di vedute – ha commentato il sindacato – siamo di fronte al tentativo di calpestare la dignità degli operai».
Di tutt’altro tenore la nota ufficiale del gruppo torinese. Secondo la quale il blocco ha provocato la mancata produzione di 7.000 auto, con una perdita media di 1500 veicoli al giorno. «Un grosso danno – dice la nota – che finirà per produrre conseguenze non solo sull’azienda ma anche sul loro salario».
Niente di più lontano di quanto chiesto dai sindacati, che, sempre nella giornata di ieri, hanno avanzato la proposta di coprire questi giorni di mancata attività con il ricorso alla cassa integrazione. Fiat e operai continuano a essere su posizioni lontanissime. E quello che per i sindacati è stato un atto fortemente lesivo dei lavoratori lucani, per il Lingotto è una decisione «coerente con una gestione responsabile della crisi di mercato».
«In un momento in cui – spiega la nota – i provvedimenti di cassa integrazione ordinaria gravano pesantemente su molti dipendenti e sulle loro famiglie, la Fiat ha scelto di non ricorrere a nuovi contratti ma di impiegare temporaneamente lavoratori provenienti da altri stabilimenti del Gruppo e attualmente in cassa integrazione. Questo permette di ridurre il ricorso complessivo alla cigo e di mitigare gli effetti del provvedimento sui lavoratori».
Il blocco delle attività produttive dello stabilimento di Melfi – viene ribadito nel comunicato aziendale – «costituisce quindi un gravissimo danno perché compromette gli sforzi che l’azienda sta facendo per cogliere importanti occasioni di mercato, in Italia e in Europa».
E ancora: «le mancate consegne stanno dando quindi un vantaggio competitivo molto forte alla concorrenza».
«La Fiat denuncia – conclude la nota – all’opinione pubblica, alle istituzioni e ai sindacati la gravità di questa situazione, che sta provocando danni molto pesanti per i lavoratori e per l’azienda». Parole dure. Ma per ora lo sciopero a Melfi continua.
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