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«La legge varata per dare sollievo alla vittime del racket, nella stragrande maggioranza dei casi, è un vero e proprio bluff, a volte dannosa propaganda».
A parlare è C.G., 37 anni, titolare di un negozio per la vendita di prodotti (l’uomo preferisce mantenere l’anonimato) per l’agricoltura in Vibo Valentia, vittima tre anni fa di un attentato dinamitardo.
«La notte del 13 luglio del 2006 – racconta il 37enne – ignoti hanno fatto esplodere un ordigno contro la serranda del mio esercizio commerciale, devastandolo. Mi sono rivolto alla compagnia d’assicurazione con cui avevo stipulato una polizza anni prima nel vecchio esercizio e non ho avuto alcun risarcimento in quanto non avevo comunicato il trasferimento dell’attività in un’altra via sempre della città.
Dopodichè mi sono rivolto, tramite un legale di ‘Libera’ al fondo di solidarietà per le vittime del racket – aggiunge – ma sono trascorsi ormai tre anni senza che ottessi una lira, mentre la legge parla dell’erogazione pari ad un 70 per cento del danno entro tre mesi.
Ormai, deluso e sconfortato, rovinato economicamente, ho perso ogni speranza, non so a che santo votarmi. Per questo ripeto che per quanto mi riguarda si tratta di una legge bluff, anche se so di gente che in casi analoghi al mio è stata indennizzata rapidamente. A questo punto mi viene il sospetto che si tratti di una legge, me avviene in questo paese, non uguale per tutti.
Mi è stato chiesto se conoscevo coloro che avevano collocato l’ordigno. Ho risposto che non li conoscevo e che non li conosco, così come non è stato in grado di conoscerli la procura della Repubblica che ha archiviato il caso «ad opera d’ignoti», il primo passo per farti accedere al fondo di solidarietà come dicono i professionisti dell’antiracket nei vari convegni, sollecitando la ribellione del popolo. Ma la realtà è un ‘altra. Le vere vittime non vengono risarcite; sono invece prese in giro, mentre le bombe continuano ad esplodere con più frequenza».
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