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di SARA LORUSSO
«Per la costituzione del Centro non occorrono perplessità». Anche perché «si sa bene che esiste in natura e che se non recuperi davvero i suoi valori essi rispuntano da un’altra parte». Quella a cui si abbandonano i tre esponenti di punta dell’Udc lucano è una riflessione politica che abbina presente e futuro, alla ricerca della collocazione “terza”. Agatino Mancusi, segretario lucano dell’Udc, e i due consiglieri regionali, Gaetano Fierro e Vincenzo Ruggiero (nella foto), hanno affidato a una lunga lettera il “senso” di un progetto per cui l’Unione di centro deve costituirsi «in un campo più aperto, perchè possa portare i suoi valori e i riferimenti politici, nazionali ed europei, verso la nostra realtà, la nostra dura e complessa realtà, la Basilicata».
La riflessione sull’area moderata arriva anche nella consapevolezza che il posizionamento del partito affida il ruolo, nelle prossime competizione amministrative, di ago della bilancia. In molti guardano all’Udc come la forza che sarà il vero “peso” in un eventuale secondo turno di votazione. Altri, ne vedono già l’area di attrazione di quell’elettorato moderato che sceglie “la terzietà”. Ovvero, «non come un’area terza, quasi a dire residuale, bensì una terza forza, in cui si dispiegano presenze ed energie vive per prospettare e realizzare nuovi scenari in politica».
Sicuri di essere quella «alternativa » che si declina in «progetto aperto, positivo, impegnativo, al quale sono chiamate tutte le forze sane della regione, senza pregiudizi o preclusioni di sorta». Il riferimento è a quella Basilicata alimentata dall’illusione che sta svanendo; per tanta gente quell’illusione era semplicemente speranza caduta, ma che non deve diventare sfiducia e disimpegno».
E’ alle forze del «bipolarismo sempre più invadente» che si riferiscono. Da un lato il Partito delle Libertà «che non è – dicono – un partito identitario in quanto espressione di una precipitosa convergenzatra Forza Italia e Alleanza nazionale». Dall’altra, «il Pd anch’esso figlio di un instabile compromesso ideologico, soprattutto sui valori della persona, tra la componente cristiana e quella socialista». Si chiedono – lo fanno da tempo – come sia possibile mettere insieme «i cattolici dorotei con i comunisti, cioè credenti con i non credenti».
Ecco perché «o il centro è una cosa seria e lo diventa, o non è. Non si può immaginarlo coeso, in questo momento, senza che cominci amisurarsi nelle sfide elettorali, con un suo manifesto di valori e di obiettivi, senza che si mettano a fattore comune incontri di ricerca e di elaborazione, attraverso un meccanismo di ampia partecipazione».
Ecco l’appello alle forze, agli uomini moderati, magari presenti elettoralmente nelle altre due coalizioni. Loro, che mettono la politica al servizio dei valori della dottrina sociale della chiesa richiamano le parole di papa Paolo IV, nell’enciclica Gaudium et spes, perchè «il futuro dell’umanità è riposto nelle mani di coloro che sono in grado di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza».
Nel solco del progetto lanciato da Casini, invitano alla costituzione di un partito di centro nazionale ed europeo delle forze moderate, di ispirazione cristiana. Certo, è vero, «questi concetti bisogna un po’ riscaldarli. Stiamo parlando, in nome del futuro della Basilicata, di un incontro vero di forze popolari, democratiche, liberali». Sono consapevoli che «il lavoro sia complesso; pensiamo di impostarlo con lucido realismo, nel senso che oggi il costituente Centro viene valutato, mediaticamente, dall’opinione pubblica più come risultato di un lavoro di laboratorio, fatto da pochi volenterosi, anziché come l’espressione attiva di un movimento di persone comuni, che, con rinnovata passione, si sentano partecipi di un evento politico diverso e trasparente».
Ecco il salto di qualità richiesto. Che poi, sul piano pratico e in vista delle elezioni non lesina richiami alla condizione della Basilicata che non è “una Basilicata qualsiasi”. Quella in cui la crisi economica – che tocca l’intero Paese e oltre – non si affronta «distruggendo la società». Né la soluzione arriva semplicemente «dicendolo». Quello che suggeriscono è «un ciclo riformatore anche duro, un accumulo enorme di risorse immateriali e materiali che ci sono. Ci vuole – sostengono – un sforzo testardo e duraturo, per produrre e distribuire conoscenze. Serve l’orgoglio di voler essere ancora ai primi posti tra i produttori del Mezzogiorno in antichi e nuovi settori». I dati diffusi e che l’Udc snocciola indicano Potenza al 79esimo posto per Pil pro-capite; in «provincia di Matera siamo a quota 17,8 mila euro, circa il 4 per cento in meno rispetto alla media regionale».
La soluzione pensa al “ceto medio”, alle «politiche pubbliche e private di grande visione per una riscossa del settore industriale, per un orientamento e una buona regolamentazione dei mercati non solo contro la rendita, ma contro tutte le rendite di posizione». Soprattutto, «ci vogliono politiche redistributive più forti, qualificazione e soggettività del lavoro. Ci vuole la capacità di cambiare il welfare, proteggendo e rilanciando l’universalismo della persona». Di quel ceto fanno parte anche le “giovani generazioni”. Denuncia e consapevolezza che «l’accesso al lavoro avviene, in un caso su tre, in via informale, senza rispetto della meritocrazia, con forte vantaggio per i figli di dirigenti e dei garantiti, a riprova della propensione del sistema a proteggere chi è già privilegiato».
Poi, l’avvio concreto del progetto, «comunque le occasioni ci sono e saranno prossime». A giugno si voterà anche per il rinnovo del governo cittadino a Potenza. «La città capoluogo soffre della gestione dirigistica e accentrata del suo governo municipale. La città, sulla propria pelle, avverte i limiti di un progetto di crescita in cui la mediazione sociale non ha espresso le proprie prerogative». L’Udc, allora, decide di «agire e avviare, in modo metodico, una nuova stagione di confronto tra i partiti di centro». Serve «un programma comune di azioni che consenta di rafforzare sul territorio il significato di un ruolo politico». E sottolineare la presenza.
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